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Mafia:

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    ti61no
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    00 21/06/2009 15:14
    Mafia: arrestato a Caracas in Venezuela il boss latitante Salvatore Miceli

    Sono stati i carabinieri del nucleo provinciale di Trapani, in collaborazione con l’ Interpol, a porre fine alla latitanza del boss Salvatore Miceli. L’ uomo, capomafia di Salemi, è considerato un elemento di spicco del narcotraffico internazionale ed era inserito nell’ elenco dei 30 latitanti più pericolosi d’ Italia.

    Le indagini sono state coordinate dalla DDA di Palermo. Miceli aveva fatto perdere le proprie tracce nel 2001 dopo una condanna, divenuta definitiva, per associazione mafiosa e traffico internazionale di stupefacenti. È stato fermato, questa notte, mentre usciva da un lussuoso hotel di Caracas.

    Ha cercato di fornire, in spagnolo, false generalità, ma alla vista di due marescialli dei carabinieri di Trapani ha capito che era tutto inutile. In una telefonata intercettata nel 2000 il geometra Pino Lipari, all’ epoca fidato consigliere e amministratore degli affari di Bernardo Provenzano e Totò Riina, delegava ufficialmente a Miceli la gestione del traffico internazionale di droga.

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    ti61no
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    00 25/06/2009 20:08
    Sequestrate dalla Dia di Roma opere d' arte al boss italo-canadese Beniamino Zappia
    Sono 345 le tele sequestrate dalla DIA di Roma al boss italo-canadese Beniamino Zappia. E che tele: Guttuso, De Chirico, Dalì, Sironi, Morandi, Campigli, De Pisis. Zappia, 71 anni, è in carcere dal 2007 perchè considerato il referente italiano delle famiglie mafiose impegnate ad inserirsi negli appalti del ponte sullo stretto di Messina.

    Il boss era in combutta con la famiglia Bonanno di New York e con quelle Cuntrera, Caruana e Triassi. Nel corso dell’ operazione sono stati sequestrati anche appartamenti, una gioielleria, terreni, conti correnti e auto. Tutti beni ritenuti nella disponibilità di Zappia.

    LA DIA di Roma aveva ottenuto il rinvio a giudizio del boss dopo il suo arresto nell’ operazione Orso Bruno Gold. A Zappia faceva capo anche la società “Made In Italy” con sede nella centralissima piazza Colonna, a Roma.

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    ti61no
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    00 31/08/2009 01:57
    Messico: arrestati tre killer

    (ANSA) - CITTA' DEL MESSICO, 30 AGO - La polizia messicana ha arrestato tre presunti killer legati al narcotraffico e ritenuti responsabili di almeno 211 omicidi. L'arresto dei tre, membri della banda La Linea (considerata il braccio armato dei narcotrafficanti di Ciudad Juarez, nel Nord), e' avvenuto nell'ambito di una operazione contro i cartelli della droga. L'annuncio avviene nel giorno in cui sono stati diffusi i dati sui messicani morti nel tentativo di entrare illegalmente negli Usa: 246 vittime nel 2009.
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    ti61no
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    00 16/10/2009 12:48
    Mafia, Ingroia: il 'papello' esiste

    E' la lista delle richieste che i boss della mafia avrebbero stilato in cambio della 'tregua'
    14 ottobre, 11:38



    FIRENZE - Una serie di risultanze "ci fanno credere che il 'papello' esista. Sapremo presto se riusciremo a venirne in possesso".

    Lo ha detto il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia a margine della sua partecipazione alla V edizione del forum nazionale contro la mafia in corso a Firenze. "Se si dovesse trovare il 'papello' (la lista delle richieste che i boss della mafia avrebbero stilato in cambio della 'tregua', ndr.) - ha detto Ingroia - sarebbe la prova tangibile che la trattativa" fra mafia e Stato "non solo è esistita ma anche iniziata. Non sarebbe la fine ma l'inizio delle indagini per scoprire fino a che punto è arrivato quel tentativo".
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    ti61no
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    00 19/10/2009 00:33
    Mafia: il papello accende polemiche
    PALERMO - L'indagine della Procura di Palermo sulla presunta trattativa tra lo Stato e la mafia e i riscontri sull'attendibilità del documento con le richieste che avrebbe fatto Cosa nostra, il "papello", consegnato in fotocopia ai magistrati da Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso, accendono le polemiche politiche. Molti sono gli interrogativi che rimangono aperti: la fotocopia con le 12 richieste di Cosa nostra è quello che viene definito il papello? E se non è quello, di quali altre carte è in possesso Massimo Ciancimino? E se davvero esiste il 'papello', chi lo ha scritto materialmente, Totò Riina o Vito Ciancimino? E quando, a cavallo delle stragi di Capaci e via D'Amelio o dopo? Chi sembra non avere dubbi è l'ex presidente della Camera Luciano Violante: "Quel documento pubblicato è una bufala: dico quello pubblicato, perché altri magari no".

    Secondo Violante si tratta di una falso perché nel documento "si fa riferimento a cose come il 41 bis o la dissociazione, che è un tema che verrà fuori molto tempo dopo" e occorre, quindi, "capire perché è uscito quel documento che è fasullo e che cosa voleva dire". Non solo. Violante ipotizza scenari più oscuri. "Ho l'impressione - avverte - che il documento che la magistratura ha in mano sia diverso da quello pubblicato. Sta ai magistrati capire cosa è successo: sta a noi spingere senza interpretazioni di parte, perché la verità venga fuori". Ma la trattativa, secondo il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, c'é stata e ha salvato la vita a molti ministri.

    "Per la verità le indagini precedenti avevano in qualche modo accertato l'esistenza di un tentativo di Cosa nostra di entrare in contatto col potere politico - dice Grasso - E' processuale il contatto degli ufficiali del Ros, Mori e De Donno, con Vito Ciancimino. Ed è processualmente accertato che alla mafia, in cambio della resa dei vertici, fu offerto 'un ottimo trattamento per i familiari', un 'ottimo trattamento carcerario' e una sorta di 'giusta valutazione delle responsabilita''". E "anche via D'Amelio - sospetta Grasso - potrebbe essere stata fatta per 'riscaldare' la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perché capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici".

    Per Antonio Di Pietro (Idv) e Gianpiero D'Alia (Udc), Violante deve riferire in commissione Antimafia, mentre il senatore Vizzini (Pdl), replica: "Sono certo che Grasso intenda riferirsi alla mia persona esclusivamente come minacciato di morte e non come possibile trattativista e lo invito su questo punto a precisare il suo pensiero". Intanto in un'intervista a La Storia Siamo Noi, in onda domani sera su RaiDue, Agnese Borsellino, vedova del magistrato ucciso nella strage di via D'Amelio, rivela: "Stranamente negli ultimi giorni che precedettero via d'Amelio, mio marito mi faceva abbassare la serranda della stanza da letto, perché diceva che ci potevano osservare dal Castello Utveggio". Il castello Utveggio si trova sul monte Pellegrino e domina dall'alto la città di Palermo; secondo alcuni esperti di mafia sarebbe stato un punto di osservazione da parte di apparati dei servizi segreti.
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    ti61no
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    00 31/10/2009 18:13
    Nuovo colpo alla Camorra: in manette il super boss Salvatore Russo, latitante dal 1995
    A pochi giorni dall’arresto di Salvatore Esposito, elemento di spicco del clan dei Sarno, un nuovo attacco alla Camorra è stato messo a segno dagli agenti della Squadra mobile di Napoli: questa volta a finire in manette è stato Salvatore Russo, latitante dal 1995, inserito nella lista dei trenta ricercati più pericolosi d’Italia.

    Russo, la cui attività criminale è iniziata negli anni settanta, è stato a lungo al vertice del clan guidato dal boss Carmine Alfieri e dal 1995 era ricercato per associazione di tipo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere e altri reati.

    Il ministero degli Interni Roberto Maroni si è detto molto soddisfatto di questo ennesimo arresto:

    Stiamo chiudendo il cerchio sui superlatitanti. Questa è la strada migliore per battere definitivamente la Camorra e tutte le mafie. Russo era latitante da 15 anni, pluriomicida condannato all’ergastolo. Con il suo arresto e’ stato inferto “un colpo durissimo alla Camorra.

    Nessuna traccia, invece, del fratello Pasquale, anche lui ricercato dal 1995 per per associazione di tipo mafioso, omicidio, occultamento di cadavere, concorso in omicidio plurimo ed altri reati.

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    ti61no
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    00 05/11/2009 18:29
    Massimo Ciancimino rivela: "Fu Bernardo Provenzano a tradire Toto Riina"
    Secondo Massimo Ciancimino fu Provenzano a tradire Totò Riina rivelando il nascondiglio dove fu, alla fine, catturato. Bernardo Provenzano "è stato colui che ha indicato la zona esatta che ha consentito di individuare il posto dove è stato trovato il boss". Ciancimino lo ha detto ai giornalisti a Palermo spiegando "di averne parlato con i magistrati e aggiungendo che fu "l'ingegner Lo Verde a indicare su una mappa che gli era stata fornita dai carabinieri a Vito Ciancimino la zona in cui il 15 gennaio del '93 venne arrestato il capo dei capi, Riina". Bernardo Provenzano figura tra gli indagati della Procura di Palermo per “presunta trattativa” tra Stato e cosa nostra.Consegnati nuovi documenti - Massimo Ciancimino si è presentato in Procura a Palermo per consegnare nuova documentazione relativa alla presunta trattativa tra mafia e pezzi dello Stato. "Si tratta di documenti relativi a quel periodo in esame. Materiale che potrebbe essere utile a stabilire alcune date e confermare quanto già detto da me", ha riferito Ciancimino prima di entrare nel bunker di Pagliarelli."Ho consegnato solo materiale cartaceo, sulle bobine ci vuole un attimo di prudenza. Mio padre - ha spiegato - aveva l'abitudine di registrare avvenimenti importanti, ma di tutto questo non ho avuto ancora contezza personale. Per cui prima di poter dare o annunciare qualcosa di importante" è giusto verificare. "Tutto, anche queste, quanto prima saranno valutate dai magistrati per vedere se sono importanti per la loro inchiesta o meno".L'attesa del processo d'appello - "Anche questa volta esporrò il mio malessere per le anomalie che credo ci siano state nelle attività investigative che hanno portato al mio processo. Non ho nulla contro i magistrati che hanno fatto il loro lavoro alla luce degli atti che altri hanno trasmesso. Quello che so, però, è che non hanno avuto tutto il materiale che era necessario per far luce sulla mia vicenda". Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco mafioso, Vito, così ha riassunto il contenuto delle dichiarazioni spontanee che si accinge a fare al processo d'appello in cui è imputato per riciclaggio aggravato. Anche la scorsa udienza il figlio dell'ex sindaco aveva puntato il dito contro presunte lacune investigative che avrebbero reso incompleto il materiale a disposizione dei giudici di primo grado che lo hanno condannato a cinque anni e otto mesi. 05 novembre 2009
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    ti61no
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    00 01/02/2010 22:10
    Massimo Ciancimino al processo Mori conferma la Trattativa Stato-Mafia
    Oggi è tornato ad essere protagonista della cronaca giudiziaria italiana Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino “organico” alla cosca dei corleonesi e per questo condannato per favoreggiamento e concorso esterno in associazione mafiosa. E’ infatti iniziata questa mattina nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo la deposizione di Ciancimino jr. al processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati entrambi di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano nell’ottobre del 1995.

    Nel momento in cui il pm ha chiesto a Ciancimino se avesse intenzione di parlare della cosiddetta Trattativa Stato-Mafia la risposta è stata “sì” ed è iniziato nuovamente il racconto sui rapporti tra Cosa Nostra ed alcune parti dello Stato.

    L’immunità di Provenzano. Ciancimino ha parlato di una sorta di immunità territoriale in Italia possibile grazie ad un accordo stabilito con alcuni ufficiali, grazie anche al tramite del padre Vito, che gli consentiva libertà di movimento su tutto il territorio senza il timore di essere catturato.

    Provenzano era garantito da un accordo stabilito anche grazie a mio padre tra il maggio e il dicembre del 1992. Provenzano goveva di immunita’ territoriale in Italia grazie a questo accordo. […] Tra il ‘99 e il 2002 Provenzano venne piu’ volte a casa nostra a Roma, vicino a piazza di Spagna. Veniva quando voleva, senza appuntamenti. Tanto mio padre era agli arresti domiciliari

    Provenzano aveva frequenti rapporti con Vito Ciancimino presentandosi sotto un’identità fittizia “almeno due o tre volte al mese” in cui venivano delineate le fila della trattativa:

    Lui si presentava come ingegner Lo Verde ma ormai io avevo capito che era Provenzano da tanto tempo. Mio padre lo riceveva in camera da letto, si intrattenevano per una o due ore

    I rapporti con Riina. Massimo Ciancimino afferma che il padre Vito conosceva anche il boss Salvatore Riina, ma che con lui non aveva lo stesso rapporto stretto che aveva con Provenzano, anzi non erano d’accordo su molte questioni. Particolare questo che potrebbe essere fondamentale per comprendere le modalità della Trattativa e l’appoggio del clan di Provenzano per consentire la cattura di Riina.

    Mio padre conosceva Salvatore Riina, perché era un paesano, nativo di Corleone e quindi la conoscenza era quasi obbligata, ma non aveva con lui lo stesso rapporto che intratteneva con il Provenzano. […] Riina e mio padre si conoscevano da ragazzini, ma con lui non aveva appunto il rapporto privilegiato che intratteneva con Provenzano. Persona, a suo dire, più attenta, meno istintiva e irruenta e più elevato spessore intellettuale. Io ricordo di aver visto Riina a casa mia solo tre o quattro volte in epoca precedente alla repressione delle forze dell’ordine nei confronti di Cosa Nostra dei primi anni Ottanta e di averlo visto per le feste comandate. Anche se mio padre evitava persino di aprire i regali che gli faceva perché riteneva che portassero sfortuna. […] Più volte lo ho sentito gridare con lui, cosa che con l’ingegner Lo Verde non accadeva mai.

    Gli investimenti a Milano 2. Il racconto di Ciancimino jr. prosegue il racconto su uno dei punti più controversi, ma fondamentali per la Cosa Nostra moderna: gli investimenti. Si parla di come le attenzioni economico-imprenditoriali di Vito Ciancimino e conseguenzialmente dei boss si fossero spostate da Palermo al Nord, in particolare la nascente Milano 2

    Nel 1970, a seguito anche delle indagini della Commissione Antimafia, mio padre si sentiva più attaccato, più vulnerabile e per questo decise di diversificare il centro dei suoi interessi economici, di spostarli da Palermo. Era vicino a mafiosi che avevano una grande capacità imprenditoriale, come i fratelli Buscemi e Franco Bonura. Assieme investirono soldi anche in una grande realizzazione alla periferia di Milano che è stata poi chiamata Milano 2. Di fatto sapevo che Bonura e i Buscemi rappresentavano gli interessi di mio padre perché venivano sempre a casa e spesso festeggiavano il buon fine di un investimento

    Cinà, l’interlocutore. Secondo le parole di Massimo Ciancimino sarebbe stato Antonino Cinà la persona preposta a fare da interlocutore tra il padre Vito e Totò Riina.

    Secondo le indicazioni dell’ingegner Lo Verde (ndr. Provenzano) , Antonino Cinà era la persona preposta a fare da tramite tra mio padre e Riina. Antonino Cinà era stato presentato a mio padre negli anni ‘78 durante una riunione tenutasi presso un hotel, a Sirmione, in cui erano presenti Luciano Liggio e Totò Riina. Cinà fu accreditato a mio padre come il soggetto preposto a presentare la documentazione medica di Luciano Liggio grazie alla quale avrebbe potuto ottenere qualche beneficio carcerario, dato che aveva già subito una condanna.
    Nei colloqui tra me e mio padre Cinà veniva chiamato”Iolanda” perché abitava in un villino, a Mondello, in via principessa Iolanda”, e infatti ogni volta che si diceva Iolanda ci si riferiva a lui. Cinà ha frequentato casa nostra diverse volte – ha affermato Ciancimino jr - in epoca antecedente al giugno del 1992 sia l’abitazione di Via Sciuti che quella di Mondello.

    I rapporti con i servizi segreti. Massimo Ciancimino afferma di aver più volte visto il padre intrattenere rapporti privilegiati con i servizi segreti dello Stato tramite un oscuro personaggio che si faceva chiamare Sig. Franco o Carlo, durante le conversazioni private. Un uomo delle istituzioni anonimo che si sarebbe occupato di tutti i dettagli della trattativa ed oltre.

    Mio padre ha intrattenuto rapporti con uomini dei servizi e in particolare con il ’signor Franco’, come lo conoscevo io, o ’signor Carlo’, come lo chiamava mio padre quando erano soli. Il signor Franco proprio in quanto uomo legato alle istituzioni non aveva alcun problema ad accedere a casa mia”, dove si sarebbe recato “fino a qualche mese prima della morte di mio padre”. Il signor Franco era uno di quei cinque o sei personaggi che avevano accesso a utenze riservate e che poteva venire a casa mia senza appuntamento.

    Il rapporto tra i due sarebbe nato nel periodo in cui al Ministero dell’Interno c’era il ministro Franco Restivo, quindi negli anni Settata. Ciancimino e il Sig. Franco si sarebbero incontrati anche nel periodo in cui l’ex sindaco di Palermo era agli arresti domiciliari e l’oscuro figuro sarebbe comparso anche durante i funerali di Vito. Quest’ultimo momento sarebbe fondamentale per il passaggio di informazioni, e del rapporto privilegiato, nella mani di Ciancimino jr.

    L’ho riconosciuto da lontano quindi mi sono allontanato dal gruppo dei familiari per andarlo a salutare. Fu in quell’occasione che mi diede una busta contenente un messaggio di condoglianze proveniente dal Provenzano, alias ingegner Lo Verde

    Lo stesso Sig. Franco, uomo delle istituzioni e dei servizi segreti, si sarebbe fatto vivo nuovamente con Massimo Ciancimino negli anni a seguire, l’ultimo contatto diretto lo hanno avuto però - stando al racconto dato durante la deposizione - nel 2009 in cui Franco ha dimostrato delle perplessità sulla strada intrapresa da Ciancimino jr.

    Nel maggio del 2009 Franco o Carlo mi mandò un soggetto a Bologna per dirmi che la strada che avevo intrapreso non era quella giusta e che ero ancora in tempo

    In tempo per stare zitto e tenere insabbiata una delle pagine più nere della storia d’Italia, se tutto fosse confermato.

    Update 16.40: i ministri Rognoni e Mancino. La deposizione di Massimo Ciancimino è proseguita durante la giornata con parole che confermano ciò che aveva già detto più volte in precedenza: due ministri della Repubblica, Rognoni e Mancino erano a conoscenza della Trattativa. Ne avevamo già parlato in precedenza qui e qui. I due politici avrebbero dato pieno supporto se non ordini diretti a Mario Mori e Mauro Obinu, soprattutto nella vicenda oggetto del processo: la mancata cattura di Provenzano nel 1995.

    Nonostante la stima che mio padre nutriva per il colonnello e per il capitano – ha detto - non poteva non chiedersi come due soli soggetti avrebbero potuto dare vita a questo tipo di rapporto e ancora più garantire offerte e controfferte. Di questo chiese conto agli stessi Mori e Obinu, i quali gli dissero che era stato informato il loro diretto superiore generale Subranni, ma fu poi il signor Franco (il misterioso uomo dei servizi segreti ndr.) a spiegargli che chi poteva garantire quello che sarebbe stato il frutto di un eventuale tavolo di trattativa erano altri. E che di questa attività erano stati informati il ministro Rognoni e il ministro Mancino.
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    ti61no
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    00 02/02/2010 19:47
    "Riina preso grazie a Provenzano"
    "Mio padre mi disse di avere informato i carabinieri che se si voleva catturare Riina si doveva utilizzare Provenzano". A ricordarlo è stato Massimo Ciancimino, il figlio dell'ex sindaco di Palermo, Vito, parlando per il secondo giorno al processo nel quale il generale dei carabinieri Mario Mori è accusato di favoreggiamento. Massimo Ciancimino ha tirato in ballo anche Marcello Dell'Utri: "Sostituì mio padre nella trattativa con la mafia".

    "L'uccisione di Borsellino - ha spiegato Ciancimino - convinse mio padre che con Riina non si poteva trattare". "Non fu facile - ha detto Ciancimino jr - perché lui non amava il tradimento". Il figlio dell'ex sindaco ha riferito che il padre discusse dell'arresto di Riina in diversi incontri, avvenuti tra l'agosto e il novembre del 1992, sia con Provenzano, sia con i carabinieri e con l'agente dei servizi segreti, finora mai identificato e indicato dal teste con il nome di Franco. "Portai io stesso le indicazioni per alcuni di questi incontri in luglio, dopo la strage di via D'Amelio, tra il 21 e il 25", ha affermato Massimo Ciancimino.

    Secondo la deposizione, don Vito si fece dare dai carabinieri del Ros mappe, tabulati telefonici, liste delle utenze di acqua, luce e gas, di una determinata zona di Palermo, e poi le consegnò a Bernardo Provenzano, il quale "indicò una serie di elementi". Erano vere e proprie mappe catastali ottenute da suo padre e fatte avere a Provenzano perché vi indicasse il punto dove si nascondeva Riina. "Mio padre - ha raccontato Ciancimino jr - mi fece ridurrre le mappe e io stesso le portai a Provenzano in via Lazio. Provenzano le restituì con un cerchio su una zona tra il Motel Agip e via Pacinotti". E' proprio in quell'area che si trova via Bernini, dove Totò Riina viveva in una villa insieme con la famiglia e dove fu arrestato dai carabinieri il 15 gennaio del 1993. Quanto alla mancata perquisizione del covo di Riina dopo l'arresto, "fu concordata tra mio padre e Provenzano e fu comunicata ai carabinieri. Era uno dei punti dell'accordo", ha spiegato Ciancimino jr.

    Il padre pensava di risalire al covo del capomafia stragista in base alle utenze dell'Amap, la società idrica, che lui conosceva. Ma il 19 dicembre del 1992, Vito Ciancimino fu arrestato. "Mi chiamò dal carcere - ha detto Massimo Ciancimino - e con lui c'era De Donno. Mi disse di consegnare le carte a lui, a De Donno". Dunque, secondo il figlio di don Vito, "i carabinieri sapevano che le indicazioni per l'arresto di Riina arrivavano da Provenzano", ma "Riina non doveva cogliere il senso del tradimento". Ciancimino jr ha poi spiegato che, dopo la strage di via D'Amelio, non si chiese mai la cattura di Provenzano: "Non credo fosse mai stata neppure ipotizzata, proprio perché l'interlocutore privilegiato di mio padre per giungere alla cattura di Riina era Provenzano".

    "Dell'Utri sostituì mio padre nella trattativa"
    "Marcello Dell'Utri e Bernardo Provenzano avevano rapporti diretti. Me lo riferì mio padre a cui era stato detto dal capomafia", ha detto Massimo Ciancimino, secondo cui il boss scrisse in un pizzino a Vito Ciancimino che aveva parlato con Marcello Dell'Utri della situazione difficile di salute dell'ex sindaco di Palermo, affinchè venisse preso un provvedimento di clemenza. "Dopo il suo arresto, a dicembre del '92, - ha detto Massimo Ciancimino - mio padre si convinse che i carabinieri l'avevano tradito e che avevano un nuovo interlocutore, probabilmente con l'avallo di Provenzano. Anni dopo mi rivelò che, secondo lui, il nuovo referente istituzionale sia della mafia che dei soggetti che avevano condotto la trattativa fosse Marcello Dell'Utri". "Mio padre - ha proseguito - era convinto che, una volta sfruttato il suo contributo per l'arresto di Riina, i carabinieri l'avessero mollato". Una tesi avvalorata, secondo l'ex sindaco, dal fatto che subito dopo aver consegnato la documentazione che portava al covo del boss, gli era stata notificata una nuova misura cautelare. Tutto ciò - secondo il teste - significava che era entrato in gioco un altro soggetto che aveva assicurato nuove garanzie. Ciancimino, ha inoltre raccontato che nelle ultime fasi della trattativa a cui prese parte il padre gli argomenti affrontati tra l'ex sindaco, Bernardo Provenzano e l'agente dei Servizi che nell'ombra avrebbe seguito tutte le vicende, erano più ampi della sola cattura di Riina. "Era il '92 - ha spiegato - l'anno dell'anno dell'avanzata politica della Rete e della Lega e si discuteva della necessità di non disperdere l'enorme patrimonio elettorale della Dc, di cercare cioé il riferimento in un'atra entità politica.

    Un "grande architetto" dietro le stragi
    Un personaggio avrebbe spinto il boss Totò Riina a proseguire nella strategia delle stragi. La figura dell'ignoto suggeritore, "il grande architetto", che avrebbe fatto pressioni sul padrino di Corleone è stata citata da Massimo Ciancimino: al testimone è stato mostrato un pizzino scritto da Provenzano al padre in cui Provenzano fa esplicito riferimento alle pressioni subite da Riina. L'ex sindaco spiegò al figlio che si trattava di un personaggio che stava convincendo il boss a non cessare la stagione delle stragi.

    "Mio padre voleva 'garanzie' da Violante"
    "Dovete agganciare Luciano Violante". Questa secondo Massimo Ciancimino sarebbe stata la condizione posta da suo padre ai carabinieri con i quali trattava negli anni delle stragi. Massimo Ciancimino ha sostenuto che dopo l'attentato di via D'Amelio contro il giudice Borsellino, e dunque nella cosiddetta "seconda fase" della trattativa, il padre si convinse della necessità di coinvolgere l'esponente dell'allora Pds. "I carabinieri sapevano che mio padre si rivolgeva a Provenzano e l'avevano scelto per questo" come contatto, ha sostenuto Massimo Ciancimino. Don Vito, ha riferito il figlio, disse a Provenzano che non poteva defilarsi perché "aveva creato Riina e doveva assumersi la responsabilità". Ma l'ex sindaco "chiese espressamente la garanzia di Violante per avere benefici nei processi in corso e nelle misure di prevenzione".

    Il capitano De Donno, che secondo la Procura trattava con Ciancimino assieme all'allora capo del Ros, Mario Mori, "disse che si sarebbe attivato e mi preannunciò - ha affermato ancora Massimo Ciancimino - l'uscita di un pezzo su Panorama" relativo a una perizia del professore Pietro Di Miceli sulle condizioni di salute di suo padre. L'ex sindaco, intanto, ha detto il figlio, aveva tentato di avvicinare i magistrati della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Palermo.
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    ti61no
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    00 26/02/2010 18:42
    Morto Enzo Fragala' dopo 3 giorni coma
    (ANSA) - PALERMO, 26 FEB - L'avvocato Enzo Fragala', aggredito a bastonate martedi', e' morto, dopo tre giorni in coma, nell'ospedale Civico di Palermo.Il penalista ed ex deputato del Pdl e' stato aggredito da un uomo col volto coperto mentre usciva dal suo studio. All'agguato hanno assistito tre testimoni, solo l'intervento di uno di loro ha messo in fuga il killer. Finora gli inquirenti hanno seguito la pista professionale puntando su quattro o cinque recenti casi trattati dal legale.
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    ti61no
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    00 10/03/2010 14:59
    Operazione antimafia Italia-Usa
    ROMA - Un'operazione antimafia condotta dagli uomini del Servizio operativo centrale (Sco) della Polizia, della squadra mobile di Palermo e dell'Fbi è in corso in Italia e negli Stati Uniti. Diversi gli arresti effettuati sia in Sicilia sia negli Usa.

    L'operazione, denominata 'Paesan Blues', è stata coordinata dalla Procura di Palermo che ha emesso provvedimenti di fermo nei confronti di 20 indagati accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio, estorsione, tentato omicidio, traffico di droga e altro. Le indagini hanno consentito di destrutturare la famiglia di Santa Maria di Gesù di Palermo e le sue ramificazioni negli Stati Uniti.
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    ti61no
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    00 22/05/2010 11:22
    PALEOLICO, STRONCATO TENTATIVO DI INFILTRAZIONE DEL CLAN TORTORICIANO ALL'IMPIANTO DI FLORESTA

    Avevano imposto due assunzioni alla Maltauro, l'impresa che sta realizzando il parco eolico a Floresta. A scoprlirlo sono stati i carabinieri e la Direzione distrettuale antimafia di Messina. In manette il boss tortoriciano Francesco Bontempo Scavo, figlio e moglie.

    E' scattata ieri pomeriggio l'operazione dei Carabinieri di Tortorici che ha portato agli arresti di Francesco Bontempo Scavo, 48 anni, detto "Trac Trac", la moglie Maria Pruiti, 43 anni, ed il figlio ventiquattrenne Sebastiano. Sono accusati di estorsione aggravata dall'appartenenza all'associazione mafiosa.

    "Trac trac" è infatti un esponente di spicco del clan dei batanesi, il gruppo della famiglia di Tortorici che controlla il racket del pizzo della zona. I carabinieri hanno scoperto che la longa manus del clan oricense era arrivata al realizzando parco eolico di Floresta.

    La Maltauro, l'impresa che ha avuto l'appalto della realizzazione dell'impianto (ed è impegnata nel paleolico anche in altri comuni dei Nebrodi), era stata costretta ad assumere il figlio Sebastiano al servizio di "guardianìa" del cantiere e la moglie Maria, titolare dell'agriturismo "La Rosa dei Nebrodi", come impiegata nel servizio di pulizie". Figlio e madre, però, a lavoro non ci sono mai andati.

    Secondo i carabinieri l'assunzione dei due ha costituito il pizzo che l'impresa ha pagato alla criminalità locale per garantirsi la sicurezza sul cantiere. Il giorno dopo l'assunzione di Sebastiano Bontempo Scavo, nel luglio dello scorso anno, infatti, sul cantiere erano stati ritrovati due impianti rubati due settimane prima.

    A siglare l'ordinanza custodiale è stata il gip Daria Orlando.