Oggi è tornato ad essere protagonista della cronaca giudiziaria italiana Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino “organico” alla cosca dei corleonesi e per questo condannato per favoreggiamento e concorso esterno in associazione mafiosa. E’ infatti iniziata questa mattina nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo la deposizione di Ciancimino jr. al processo a carico del generale Mario Mori e del colonnello Mauro Obinu, accusati entrambi di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra per la mancata cattura del boss mafioso Bernardo Provenzano nell’ottobre del 1995.
Nel momento in cui il pm ha chiesto a Ciancimino se avesse intenzione di parlare della cosiddetta Trattativa Stato-Mafia la risposta è stata “sì” ed è iniziato nuovamente il racconto sui rapporti tra Cosa Nostra ed alcune parti dello Stato.
L’immunità di Provenzano. Ciancimino ha parlato di una sorta di immunità territoriale in Italia possibile grazie ad un accordo stabilito con alcuni ufficiali, grazie anche al tramite del padre Vito, che gli consentiva libertà di movimento su tutto il territorio senza il timore di essere catturato.
Provenzano era garantito da un accordo stabilito anche grazie a mio padre tra il maggio e il dicembre del 1992. Provenzano goveva di immunita’ territoriale in Italia grazie a questo accordo. […] Tra il ‘99 e il 2002 Provenzano venne piu’ volte a casa nostra a Roma, vicino a piazza di Spagna. Veniva quando voleva, senza appuntamenti. Tanto mio padre era agli arresti domiciliari
Provenzano aveva frequenti rapporti con Vito Ciancimino presentandosi sotto un’identità fittizia “almeno due o tre volte al mese” in cui venivano delineate le fila della trattativa:
Lui si presentava come ingegner Lo Verde ma ormai io avevo capito che era Provenzano da tanto tempo. Mio padre lo riceveva in camera da letto, si intrattenevano per una o due ore
I rapporti con Riina. Massimo Ciancimino afferma che il padre Vito conosceva anche il boss Salvatore Riina, ma che con lui non aveva lo stesso rapporto stretto che aveva con Provenzano, anzi non erano d’accordo su molte questioni. Particolare questo che potrebbe essere fondamentale per comprendere le modalità della Trattativa e l’appoggio del clan di Provenzano per consentire la cattura di Riina.
Mio padre conosceva Salvatore Riina, perché era un paesano, nativo di Corleone e quindi la conoscenza era quasi obbligata, ma non aveva con lui lo stesso rapporto che intratteneva con il Provenzano. […] Riina e mio padre si conoscevano da ragazzini, ma con lui non aveva appunto il rapporto privilegiato che intratteneva con Provenzano. Persona, a suo dire, più attenta, meno istintiva e irruenta e più elevato spessore intellettuale. Io ricordo di aver visto Riina a casa mia solo tre o quattro volte in epoca precedente alla repressione delle forze dell’ordine nei confronti di Cosa Nostra dei primi anni Ottanta e di averlo visto per le feste comandate. Anche se mio padre evitava persino di aprire i regali che gli faceva perché riteneva che portassero sfortuna. […] Più volte lo ho sentito gridare con lui, cosa che con l’ingegner Lo Verde non accadeva mai.
Gli investimenti a Milano 2. Il racconto di Ciancimino jr. prosegue il racconto su uno dei punti più controversi, ma fondamentali per la Cosa Nostra moderna: gli investimenti. Si parla di come le attenzioni economico-imprenditoriali di Vito Ciancimino e conseguenzialmente dei boss si fossero spostate da Palermo al Nord, in particolare la nascente Milano 2
Nel 1970, a seguito anche delle indagini della Commissione Antimafia, mio padre si sentiva più attaccato, più vulnerabile e per questo decise di diversificare il centro dei suoi interessi economici, di spostarli da Palermo. Era vicino a mafiosi che avevano una grande capacità imprenditoriale, come i fratelli Buscemi e Franco Bonura. Assieme investirono soldi anche in una grande realizzazione alla periferia di Milano che è stata poi chiamata Milano 2. Di fatto sapevo che Bonura e i Buscemi rappresentavano gli interessi di mio padre perché venivano sempre a casa e spesso festeggiavano il buon fine di un investimento
Cinà, l’interlocutore. Secondo le parole di Massimo Ciancimino sarebbe stato Antonino Cinà la persona preposta a fare da interlocutore tra il padre Vito e Totò Riina.
Secondo le indicazioni dell’ingegner Lo Verde (ndr. Provenzano) , Antonino Cinà era la persona preposta a fare da tramite tra mio padre e Riina. Antonino Cinà era stato presentato a mio padre negli anni ‘78 durante una riunione tenutasi presso un hotel, a Sirmione, in cui erano presenti Luciano Liggio e Totò Riina. Cinà fu accreditato a mio padre come il soggetto preposto a presentare la documentazione medica di Luciano Liggio grazie alla quale avrebbe potuto ottenere qualche beneficio carcerario, dato che aveva già subito una condanna.
Nei colloqui tra me e mio padre Cinà veniva chiamato”Iolanda” perché abitava in un villino, a Mondello, in via principessa Iolanda”, e infatti ogni volta che si diceva Iolanda ci si riferiva a lui. Cinà ha frequentato casa nostra diverse volte – ha affermato Ciancimino jr - in epoca antecedente al giugno del 1992 sia l’abitazione di Via Sciuti che quella di Mondello.
I rapporti con i servizi segreti. Massimo Ciancimino afferma di aver più volte visto il padre intrattenere rapporti privilegiati con i servizi segreti dello Stato tramite un oscuro personaggio che si faceva chiamare Sig. Franco o Carlo, durante le conversazioni private. Un uomo delle istituzioni anonimo che si sarebbe occupato di tutti i dettagli della trattativa ed oltre.
Mio padre ha intrattenuto rapporti con uomini dei servizi e in particolare con il ’signor Franco’, come lo conoscevo io, o ’signor Carlo’, come lo chiamava mio padre quando erano soli. Il signor Franco proprio in quanto uomo legato alle istituzioni non aveva alcun problema ad accedere a casa mia”, dove si sarebbe recato “fino a qualche mese prima della morte di mio padre”. Il signor Franco era uno di quei cinque o sei personaggi che avevano accesso a utenze riservate e che poteva venire a casa mia senza appuntamento.
Il rapporto tra i due sarebbe nato nel periodo in cui al Ministero dell’Interno c’era il ministro Franco Restivo, quindi negli anni Settata. Ciancimino e il Sig. Franco si sarebbero incontrati anche nel periodo in cui l’ex sindaco di Palermo era agli arresti domiciliari e l’oscuro figuro sarebbe comparso anche durante i funerali di Vito. Quest’ultimo momento sarebbe fondamentale per il passaggio di informazioni, e del rapporto privilegiato, nella mani di Ciancimino jr.
L’ho riconosciuto da lontano quindi mi sono allontanato dal gruppo dei familiari per andarlo a salutare. Fu in quell’occasione che mi diede una busta contenente un messaggio di condoglianze proveniente dal Provenzano, alias ingegner Lo Verde
Lo stesso Sig. Franco, uomo delle istituzioni e dei servizi segreti, si sarebbe fatto vivo nuovamente con Massimo Ciancimino negli anni a seguire, l’ultimo contatto diretto lo hanno avuto però - stando al racconto dato durante la deposizione - nel 2009 in cui Franco ha dimostrato delle perplessità sulla strada intrapresa da Ciancimino jr.
Nel maggio del 2009 Franco o Carlo mi mandò un soggetto a Bologna per dirmi che la strada che avevo intrapreso non era quella giusta e che ero ancora in tempo
In tempo per stare zitto e tenere insabbiata una delle pagine più nere della storia d’Italia, se tutto fosse confermato.
Update 16.40: i ministri Rognoni e Mancino. La deposizione di Massimo Ciancimino è proseguita durante la giornata con parole che confermano ciò che aveva già detto più volte in precedenza: due ministri della Repubblica, Rognoni e Mancino erano a conoscenza della Trattativa. Ne avevamo già parlato in precedenza qui e qui. I due politici avrebbero dato pieno supporto se non ordini diretti a Mario Mori e Mauro Obinu, soprattutto nella vicenda oggetto del processo: la mancata cattura di Provenzano nel 1995.
Nonostante la stima che mio padre nutriva per il colonnello e per il capitano – ha detto - non poteva non chiedersi come due soli soggetti avrebbero potuto dare vita a questo tipo di rapporto e ancora più garantire offerte e controfferte. Di questo chiese conto agli stessi Mori e Obinu, i quali gli dissero che era stato informato il loro diretto superiore generale Subranni, ma fu poi il signor Franco (il misterioso uomo dei servizi segreti ndr.) a spiegargli che chi poteva garantire quello che sarebbe stato il frutto di un eventuale tavolo di trattativa erano altri. E che di questa attività erano stati informati il ministro Rognoni e il ministro Mancino.