Videostoria del Rock indipendente italiano

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
pescetrombetta
00venerdì 10 marzo 2006 10:16
Kataweb e All music stanno mettendo su una raccolta di video (oltre ad interviste ai protagonisti) di artisti e gruppi italiani (più o meno) indipendenti. Si tratta di filmati inviati da chi ha assistito all'evento, quindi non ufficiali.
L'elenco comincia ad essere interessante!
pescetrombetta
00venerdì 10 marzo 2006 10:21
Tra le interviste, Gianni Maroccolo.

Storie indipendenti /4
di Giorgio Casari

Gianni Maroccolo, classe 1960, è uno dei personaggi-chiave del rock indipendente in Italia. Bassista nei Litfiba agli albori (quelli di Desaparecido, per esempio), produttore, impegnato in prima fila nelle vicende del Consorzio Produttori Indipendenti, nel cuore dei Novanta, membro di C.S.I e P.G.R, in formazione con i Marlene Kuntz nel recente tour: una vita artistica unica, che ha coronato negli ultimi tempi con progetti personali, di incrocio creativo, come A.C.A.U. (2004) e da qualche settimana con il progetto IG assieme a Ivana Gatti. Ecco come riflette sulla scena rock di un tempo e su quella odierna.

La sua attività artistica è sempre stata caratterizzata dal dialogo con gli altri musicisti.
È il mio modo di esprimere la mia passione per la musica. Ho sempre pensato che mettere in contatto esperienze anche diverse dia il senso ultimo a questo tipo di professione, che poi professione pura e semplice non è. L'idea di A.C.A.U. era appunto quella della condivisione, come pure la collaborazione aperta con Ivana Gatti, di questi ultimi mesi. Si parte e non si sa dove si arriva.
Un'attitudine che ha segnato anche la sua figura di produttore nell'ambito del rock degli ultimi due decenni.
Ho avuto la fortuna di vivere in prima persona l'evoluzione della cosiddetta scena underground, fin dai tempi dei Litfiba e poi con il Consorzio e i C.S.I. Con questi ultimi l'idea di costruire un centro di produzione indipendente ha avuto una sua concretezza.
Già. L'esperienza del C.P.I. ha segnato gli anni Novanta: ha avvicinato il cosiddetto ambito alternativo a un pubblico maggiore, alle classifiche…
L'idea di base era quella di permettere la circolazione di cose non attese, di costruire una struttura che rispettasse l'artista e avesse anche l'aggancio di una distribuzione importante.
Una storia che è finita forse un po' troppo bruscamente. Ha qualche rimpianto al riguardo?
Non molti, in realtà. So che abbiamo agito in buona fede, per il meglio soprattutto per i gruppi che gestivamo. Certo, abbiamo pubblicato qualche disco di troppo. Questo ha forse compromesso la struttura: una struttura che però puntava a diventare la parte sotterranea, operativa di una major, come per esempio successe alla Virgin inglese. Una zona in cui ci fosse libertà espressiva e di iniziativa, ma che nello stesso tempo potesse essere parecchio visibile, come alle piccole produzioni non è consentito.
Utilizzare quindi i mezzi del potere per essere più liberi.
In pratica sì. Le grandi etichette non hanno la possibilità di essere davvero curiose, di rischiare, almeno in Italia. Comunque, l'esperienza del C.P.I. è finita in maniera naturale, dopo aver seminato parecchio, mi sembra.
Rispetto ai Settanta oggi le autoproduzioni si occupano di musica senza troppi addentellati idelogici: le sembra un male?
Per niente. In passato con la scusa dell'appartenenza a una certa area l'artista doveva fare cose assurde ed era molto più criticato: penso ai concerti politici degli Area. Se adesso ci si occupa in maniera più operativa del fatto musicale, non trovo che ci sia niente di cui lamentarsi.
Nello stesso tempo il mercato discografico è in crisi profonda.
È un dato di fatto: la musica ha smesso di essere importante dal punto di vista sociale, comunicativo. Oggi ce n'è di più e incide di meno. Questo però comporta che molta musica vale per se stessa e non in funzione di ciò che rappresenta. Una cosa piuttosto buona. Poi, il cosiddetto supporto fonografico - vinile, cassetta cd - non è importante in sé: quando ero più giovane e suonavo nei Litfiba avere un disco era importante per supportare i tour. Oggi è diverso: i tour sono il motivo di sopravvivenza per una band.
La situazione odierna per lei non è così malvagia, quindi.
Beh, ci sono luci e ombre. Per esempio tutto oggi apparentemente si muove in fretta, ma abbiamo raggiunto in realtà il grado zero di velocità. Molti pensano di poter preparare un album in poco, pochissimo tempo. In realtà quando uscì Desaparecido noi eravamo al lavoro già da cinque anni, e pure i Marlene prima di debuttare su LP avevano fatto un gavetta di almeno tre anni. Ora questi tempi non vengono più presi in considerazione, e invece per ogni percorso artistico c'è bisogno di tempo e di tanta pazienza, con poche e non significative eccezioni.
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 21:55.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com