Un Dan Brown in stile Crichton

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BRESCIAGGHER
00lunedì 31 ottobre 2005 10:23
da tgcom

Per quelli che si sono appassionati a Il codice da Vinci e ad Angeli e Demoni, forse sarà interessante sapere che Le verità del ghiaccio, l’ultimo libro di Dan Brown pubblicato in Italia da Mondadori è stato scritto almeno due anni prima del Codice. E che qui Dan Brown non sembra Dan Brown ma piuttosto Michael Crichton. Perché? Basta far parlare la trama: Stati Uniti d’America, terzo millennio. Dopo mesi e mesi di polemiche contro la Nasa, accusata di essere un inutile dinosauro e un’accozzaglia di incompetenti mangiasoldi, improvvisamente l’ente spaziale scopre nientemeno che l’esistenza della vita extraterrestre. Le prove sono in un gigantesco meteorite trovato sotto i ghiacci del circolo polare artico: per i più qualificati scienziati del paese quei fossili di animali trovati nella roccia aliena sono le prove che nello spazio c’è la vita. Una perfetta linea crichtoniana, giocata sugli excursus scientifici, la trama ben tessuta e avvincente, il ritmo veloce e un’accurata scelta dei personaggi.


Il vero giallo però comincia quando la ricercatrice Rachel Sexton (una sobria bellezza alla Renée Russo) e il fascinoso oceanologo Michael Toller (molto Liam Neeson) si accorgono che c’è qualcosa che non va: in quella roccia trovata sull’isola di Ellesmere c’è qualcosa, di strano, qualcosa che non torna. Ma allora, chi c’è dietro? Chi ha l’interesse a lucidare lo smalto della Nasa? E i due decidono di indagare. Ecco allora che Brown si sdoppia ancora una volta: gli inseguimenti in mezzo ai ghiacci, gli elicotteri militari che sfrecciano nei cieli artici, le armi sofisticate (il fucile che spara proiettili di ghiaccio compresso utilizzando così le risorse del territorio) rimandano a Ian Fleming e Robert Ludlum.

Brown lascia correre la scrittura e si addentra nei tecnicismi militari, consapevole del fatto che i segreti dell’Us Army reggono da soli un bestseller. Snocciola dati e cifre, guida il lettore persino nei saloni della Casa Bianca e nei locali blindati della Nasa. Descrive il funzionamento di Delta Force, la squadra speciale dell’esercito americano, sguazza nei meccanismi oliati della campagna elettorale a stelle e strisce, non tralasciando persino gli immancabili dettagli erotici, molto James Ellroy, per capirci.

Insomma, ne Le verità del ghiaccio Dan Brown non assomiglia affatto a Dan Brown: della complessa simbologia esoterica, tanto cara allo storico dell’arte americano, nemmeno l’ombra. Niente Giordano Bruno, niente cupole rinascimentali che nascondono un doppio significato, niente cilindri leonardeschi, niente eterno femminino racchiuso nella Gioconda che a sua volta è racchiusa nella Maddalena che a sua volta è racchiusa in Leonardo e “madame Monna Lisa c’est moi” finale. Niente di niente: lucidi assassini stipendiati dallo Stato che sfrecciano per le banchise artiche e uccidono onesti scienziati indifesi. Il presidente degli Stati Uniti che cerca di salvare la faccia e una fredda consigliera pronta a tutto. Immancabile la tenerezza tra la bionda coraggiosa e il ricercatore idealista. Ma i lettori più affezionati sanno che i thriller ambientati nel mondo militare e nelle fortezze tecnologiche sono il primo amore di Brown, figlio di un insegnante di matematica e di una musicista. Da sempre lo scrittore si interessa di spionaggio e codici segreti.

Qualcuno sentirà forse la nostalgia delle piste alchemiche, delle chiese gotiche che nascondono improbabili calici sacri, del Santo Graal che ora è un gioco di scrittura criptata, ora un testo antico. Qualcuno forse reclamerà quell’incastro di bambole russe sospeso tra il presente e il passato che è stato Il codice da Vinci, il mistero che nasce dal simbolo, la curiosità dietro le pratiche misteriche. Qualcuno chiederà a Brown di tornare sui gialli esoterici, come è successo a Grisham quando deviò dal legal thriller e scrisse Fuga dal Natale, una divertente ed inedita satira sulla società dei consumi. Chissà. Una cosa è certa: Dan Brown ha stupito ancora.

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