capitolo 5
capitoletto tutto verdino
spero vi piaccia! per ora sono ferma qui, e non so ancora che piega prenderà questa storia..sembra si stia complicando
Luce ed ombra.
Ogni volta che attraversava il cancello del Malfoy Manor, Severus Piton non poteva fare a meno di provare uno spiacevole brivido freddo lungo la schiena. Passando i gargoyle che guardavano sogghignanti e beffardi chiunque entrasse, si sentiva sempre sottoposto a giudizio. “Io so” sembravano dire gli occhi di pietra di uno “So, Severus Piton, cosa porti con te, quale fardello pesa sul tuo cuore” “Liberatene, Severus, diventa un uomo libero” diceva l’altro, e sempre l’uomo scrollava le spalle, facendo ondeggiare i lunghi capelli neri, impercettibilmente: nessuno avrebbe potuto accorgersi di questo movimento.
Nessuno, tranne una persona.
Ma quelle pietre erano troppo intrise di memoria, di ricordi e sentimenti passati, per poter tacere tutto quello che sapevano. E tutte le volte salire il viale di pietra che portava dal cancello all’ingresso, era per il giovane mago un Calvario, che aggiungeva peso e gravità ai suoi modi già così stanchi.
Era appena entrato, quando avvertì il passo leggero di Narcissa Malfoy affrettarglisi incontro:
«Severus!» il suo sorriso perfetto e radioso spiccava in netto contrasto con la giornata grigia, e l’umore ancora più grigio dell’uomo.
«Non ti aspettavo così presto» continuò la donna abbracciandolo e baciandolo su entrambe le guance «Vieni, accomodati» soggiunse prendendolo sottobraccio e conducendolo verso il salotto «Lucius arriverà subito».
Severus assentì appena col capo; si rendeva conto di essere fuori luogo, con le sue poche parole, ma non riusciva a trovarne; la luminosità di Narcissa, come sempre avveniva, assorbiva tutte le sue facoltà.
La donna piegò il capo, ornato da una pettinatura che teneva elegantemente insieme i suoi capelli d’oro, e sorrise dolcemente, mentre versava del tè a Severus.
«Come sta il piccolo Draco?» soggiunse questi, cercando di riscuotersi e instaurare una normale, formale conversazione.
Narcissa rise al tentativo dell’uomo, e a lui sembrò che la sua risata argentina fosse catturata e amplificata da tutti i vetri presenti nella stanza: le finestre, i cristalli dei bicchieri e dei lampadari; perfino le porcellane sembravano vibrare e intonare un canto gioioso per quel riso così genuino che le aveva colpite.
«Sta bene, sta bene…ora sta riposando, per fortuna.» aggiunse quest’ultima nota alzando volutamente gli occhi al cielo, ma dalla sua voce non traspariva altro che dolcezza materna.
Fu il turno dell’uomo di sorridere, ma non disse altro, e Narcissa non trovò necessario parlare ancora.
Da quel che si ricordava, Severus era sempre stato così: silenzioso, schivo, pensoso. Parlava solo se strettamente interpellato, e non amava sprecare parola: ognuna che uscisse dalle sue labbra si trovava sempre al punto e al momento giusto; per questo le piaceva tanto. Rammentava interi pomeriggi passati con lui in biblioteca a studiare, in cui nessuno dei due aveva detto una singola parola; lui per natura, lei troppo timorosa di interrompere la concentrazione dell’amico, e di infrangere in qualche modo la religiosa aura di silenzio e austerità che lo avvolgeva.
Aveva notato subito quel ragazzino di undici anni, con la faccia e l’espressione talmente serie e corrucciate da mostrarne quattro volte di più; di carattere dispettosa e abituata ad avere le attenzioni di tutti, aveva cercato di punzecchiarlo, ma i suoi attacchi sembravano infrangersi su di lui come onde su una scogliera; così aveva preso a seguirlo, insistentemente, parlandogli di ogni cosa, nel tentativo ti trovare un qualche argomento che lo inducesse a dare una risposta più articolata di “sì” o “no”; si ricordava ancora distintamente la sorpresa, l’imbarazzo e il piacere, quando tutto d’un tratto si era voltato verso di lei (che gli camminava sempre dietro) e sbuffando le aveva detto “Ma non la smetti mai di parlare?”. Da allora, erano sempre stati amici, e lei aveva imparato che non era affatto necessario parlare, per comunicare con Severus Piton.
L’uomo, dal canto suo, si era perso sul volto di Narcissa, come spesso accadeva; scorreva con gli occhi i suoi lineamenti delicati e aristocratici, la pelle diafana incorniciata dall’oro dei suoi capelli, le labbra arricciate in un sorriso appena accennato. Ma non amava Narcissa Malfoy; aveva amato, tanto tempo prima, una ragazzina dagli occhi celesti come l’alba e le labbra sempre imbronciate in qualche capriccio, aveva amato Narcissa Black che gli sedeva accanto per ore, senza dire una parola, che cercava di esprimergli senza parlare il suo amore; l’aveva amata, in silenzio, tanto tempo prima, ma non aveva trovato dentro di sé la forza e il coraggio per amarla realmente, e quando lei gli aveva confessato, quasi piangendo, che era si innamorata di Lucius, non aveva fatto nulla; ricordava perfettamente, quella sera: la neve che cadeva a larghe falde, e loro due, fuori, immersi nel freddo e nell’oscurità, e lei, che luceva come una stella, con la voce quasi rotta dal pianto, che gli confessava l’amore per un altro, quasi implorandolo di impedirglielo, di prenderla e farla sua…ma questo, l’aveva capito solo dopo; quella sera aveva solo abbassato lo sguardo, scrollando le spalle e dicendole «Va bene.»
Col tempo, si era reso conto che era stato meglio così, per entrambi; Narcissa era profondamente innamorata di suo marito, e Lucius, per quanto chi non lo conosceva davvero lo reputasse incapace di provare sentimenti, l’amava altrettanto.
“Le cose non sono mai come la gente s’immagina” si trovò a pensare d’improvviso Severus Piton, nel bel salotto di casa Malfoy, mentre Narcissa dava istruzioni alla balia del figlio, venuta a chieder qualche cosa.
No, le cose non erano mai come sembravano, soprattutto le persone, e soprattutto Severus Piton, ombra silenziosa e dai mille volti.
Portava ormai talmente tante maschere da sapervisi muovere con agilità, cambiandole e passando dall’una all’altra con una leggerezza che ingannava anche lui stesso, facendogli credere di non avere sul cuore il peso che invece portava. Il peso di troppe vite per un’anima sola.
Severus Piton non amava Narcissa Malfoy, perché nelle profondità della sua anima e del suo cuore si agitava un amore inconfessabile.
Più volte si era detto che avrebbe dovuto mettere a tacere quella fiamma, che il suo era un amore privo di speranza, ma questo non aveva cambiato le cose.
Non aveva mai avuto molta speranza, e sapere per certo che Lily Evans era innamorata di James Potter, non faceva alcuna differenza.
E mentre questo turbine di pensieri si agitava nella sua mente, Lucius apparve sulla soglia.
«Severus!» un largo sorriso si distese sul volto dell’alto mago biondo, mentre si avvicinava all’amico e lo abbracciava fraternamente.
Lucius Malfoy era davvero freddo e spietato come un cobra, come diceva la gente, ma se l’avessero visto in compagnia di sua moglie e del suo più caro amico, avrebbero visto un serpente tramutarsi in un gatto; era genuinamente felice per la visita dell’amico.
Severus sorrise, e Lucius si sedette dall’altro lato della moglie.
«Sono felice di averti qui» continuò «Mi piace stare con te e Narcissa, mi sembra di tornare ai vecchi tempi»
«Già…» rispose il mago bruno
I “vecchi tempi” erano in realtà solo pochi anni prima, dato che i tre avevano tutti poco più di vent’anni; tuttavia, le ansie e le preoccupazioni di una vita adulta, nonché i tempi che correvano, avevano fatto scorrere quei pochi anni a grandissima velocità, moltiplicandoli nella coscienza e facendo sembrare il passato infinitamente distante. Ma quando si ritrovavano insieme loro tre, sembrava che tutte quelle giornate non fossero mai trascorse; sembrava che ogni giornata, ogni affanno, ogni gioia, fosse rimasta sospesa solo nella possibilità, nel sogno remoto di tre ragazzini che aspettavano con ansia un futuro che tardava a venire. Ogni secondo sembrava cristallizzato, invece che volato via in un batter d’ali.
Rimasero diverso tempo a conversare in salotto, parlando del più e del meno, indulgendo in dolci ricordi e senza mai toccare argomenti veramente importanti; questo era desiderio di Lucius, tacitamente acconsentito dagli altri due, che voleva in qualche modo preservare la giovane moglie da temi gravi e preoccupazioni, e si illudeva di farlo non parlandone mai esplicitamente. Fingeva di non sapere come gli occhi chiari di Narcissa sapessero scrutare a fondo nei suoi.
Venne poi l’ora di cena, e Severus, pregato insistentemente da entrambi, si trattenne ancora dai Malfoy. Appena finito il pasto Narcissa si ritirò scusandosi di doversi occupare del figlio, e salutato l’amico, scomparve con passo leggero su per le scale.
Il mago avrebbe voluto andare via, ma Lucius lo trattenne ancora con la scusa di una chiacchierata fra uomini; lo fece accomodare nello studio e gli porse un bicchiere di liquore.
«Ebbene, eccosi qua» disse sospirando e lasciandosi cadere sulla poltrona di pelle con un sorriso stanco «Allora, come vanno le cose Severus?»
L’altro indovinava dove voleva condurre il discorso Lucius, e quali fossero le “cose” cui si riferiva. Voleva evitare il discorso, ma sapeva che non poteva essere troppo evasivo con l’amico.
«Come al solito, non ci sono grandi novità» rispose distrattamente, ma lo sguardo penetrante di Lucius lo trapassò come una lama tagliente.
«Non ci sono novità?»
«Beh, non di molta rilevanza…e in ogni caso, sai che non sono tenuto a comunicartele…anzi, ho proprio l’ordine di non farlo. Tu non dovresti nemmeno sapere della mia presenza in certi…ambienti»
Lucius sorrise beffardo, scostandosi i lunghi capelli dal viso.
«Severus, Severus…sei sempre il solito. Mi pareva che fra di noi ci fosse un accordo…no? Siamo amici dopo tutto. Nemmeno tu dovresti sapere che io frequento quei…certi ambienti» e così dicendo si toccò l’incavo dell’avambraccio sinistro, con un’occhiata significativa. «Ma tu sai» continuò, fissando l’amico con i suoi penetranti occhi grigi «Quali siano i miei reali interessi. Per cui non è il caso di fare troppe formalità fra noi» concluse sorridendo e sollevando il proprio bicchiere con fare allegro.
Severus sorrise, ma non disse ugualmente nulla. Lucius tuttavia non insistette sull’argomento, evidentemente conoscendo bene l’amico, e sapendo che non era il caso di farlo alterare cercando di farlo parlare di qualcosa di cui non voleva parlare; avrebbe ottenuto solo l’effetto contrario. Passò invece a parlare di Narcissa, e di quanto fosse per lui ancora più bella dopo la maternità; ne parlava con sguardo tenero, finché tutto d’un tratto non sentenziò: «Voglio proteggerla»
Severus lo guardò stupito per un attimo, ma comprese subito il significato e il valore di quelle parole. Lucius amava davvero Narcissa, nonostante tutto.
«Tu…» continuò «Non vorresti proteggere la donna che ami da tutto quello che di brutto c’è nel mondo» chiese all’amico, e la sua domanda era sincera.
Severus rimase per un attimo interdetto, perso dietro ai proprio pensieri Sì, lo farei…è quello che cerco di fare, senza farmi vedere…
«Certo» rispose poi, riscuotendosi. Lucius, che si era alzato manifestando così la sua ansia dietro la calma apparente, sorrise.
«Già…è per questo che faccio quello che faccio. Cerco il modo di assicurare il futuro migliore a mia moglie e a mio figlio, e il futuro migliore è con i potenti.»
Severus si stupì, per la prima volta, di quell’affermazione, che pure aveva sentito fare tante e tante volte.
L’aveva condivisa, ma ora…ora non la capiva più. Non sapeva se la riteneva sbagliata realmente, ma non la capiva. Non gli corrispondeva più. In cuor suo, si agitavano altre domande, altri pensieri e altre idee; altre aspirazioni. Di preciso forse nemmeno lui le conosceva, ma non erano rinchiuse in quell’affermazione.
L’unica cosa che condivideva con quanto Lucius aveva detto era che avrebbe protetto chi amava. Con tutte le sue forze e tutti i suoi mezzi. Perché lei, un tempo, aveva protetto lui. E questo non l’avrebbe mai dimenticato.
Avvertendo che il flusso dei proprio pensieri lo portava sempre più lontano dall’amico, e che ben presto non sarebbe più stato in grado di ascoltarlo, si alzò.
«Si sta facendo tardi Lucius, devo andare»
«Va bene, ti accompagno alla porta»
Uscirono dallo studio e si diressero all’ingresso senza parlare. Mentre si stavano salutando, con il portone mezzo aperto e Severus già con un piede fuori, imbacuccato nel suo pesante mantello nero, Lucius d’improvviso gli domandò: «Chi sei, tu, veramente, Severus Piton?» Non sapeva come gli si fosse prodotta in mente una simile domanda, ma ormai l’aveva fatta e attendeva trepidante una risposta.
Severus lo guardò sconcertato per un attimo, poi i suoi occhi neri lampeggiarono «Ognuno è chi vuole essere» rispose, poi sorrise stancamente all’amico e se ne andò.
Chiudendosi la porta alle spalle, Lucius Malfoy ebbe la sensazione di non essere mai riuscito, una sola volta in più di dieci anni, a capire Severus Piton.