Recensione "E' qui che dobbiamo stare" di Sergio Donato

Nihil.
00venerdì 18 maggio 2012 14:23
“E' qui che dobbiamo stare” è una raccolta di racconti brevi pubblicata in solo formato digitale da Wepub, casa editrice online da poco fondata, che si affida a Sergio Donato per il proprio battesimo di fuoco... e c'è da dire che la scelta è stata felice. I 5 racconti brevi della raccolta sono legati da un filo conduttore: la crisi. Economica, ma anche -e soprattutto- morale. L'autore gioca di sottrazione nel descrivere squarci di umanità costretta a giocarsi il proprio progetto esistenziale in una lotta continua contro la mancanza di denaro, che è anche e soprattutto, una lotta per mantenere la propria dignità. La tragedia con cui si apre il primo racconto “Mia moglie ha una merceria”, in cui l'azione si muove attorno ad un cadavere ritrovato in un campo, non deve trarre in inganno: all'autore non interessa il dramma ad effetto, ma lo scavo nelle incomprensioni quotidiane, nei dialoghi che celano molto più di quello che rivelano, fino al limite estremo della chiacchera e dell'inesprimibilità. Se la parola nasconde, i corpi non sono certo il luogo della verità: occultati alla vista (il cadavere del primo racconto), oppure mercificati dalla sovraesposizione (come in “Ripresa”, ambientato nel mondo del porno), vengono descritti a frammenti, pezzi che non compongono alcun intero dotato di senso.
Se la crisi economica è il collante comune, ad una lettura più attenta, il tempo e il destino sembrano i veri protagonisti della raccolta: mai evocati direttamente, ma suggeriti attraverso brevi tracce disseminate nei punti chiave, sono queste le categorie entro cui l'uomo si muove, si gioca le sue scelte, così limitate (o così illimitate, quindi senza alcun peso specifico, come in “Una brillante destinazione”) da sembrare illusorie.
E' qui che vale la pena di fare un'annotazione sullo stile, che dimostra ascendenze alla Carver: essenziale, paratattico, asciutto nell'espressione fino alla cesellatura, si adatta perfettamente al contenuto, non annoia né cerca effetti speciali per catturare l'attenzione del lettore, ma si assesta da subito su un funzionalismo espressivo che rende queste 37 pagine leggibili e rileggibili.
L'unico appunto che mi sento di muovere alla raccolta è questo: la sua brevità. Un'ora di lettura è poco, contando che le capacità narrative dell'autore sono notevoli. Detto questo, ne consiglio sicuramente l'acquisto, in attesa che Donato ci dia qualcosa di più sostanzioso su cui mettere le mani.


Nihil.
00venerdì 18 maggio 2012 14:25
INTERVISTA CON L'AUTORE


Intervista a Sergio Donato

D: prima domanda: al livello più superifciale i racconti sono legati dalla crisi economica mi sembra però c'è anche un altro filo conduttore la luce, o sbaglio?

R: allora. la raccolta è nata l'estate scorsa.
più che alla crisi, ho raccolto qualcosa di personale in cui, certo, figura anche la crisi.
La luce la vedo solo nel racconto "una brillante destinazione", però è bello vedere i racconti attraverso gli occhi di un lettore. in questo caso, tu.

D: allora, nel primo racconto "mia moglie ha una merceria" il cadavere non compare però muove l'intera azione del racconto lo poni su una dimensione altra, invisibile. perchè?

R: esatto, il cadavere dovrebbe avere un ruolo principale in un testo così breve. invece l'ho usato per parlare di un dramma personale, che è pi importante perché è vivo e ci riguarda (in questo caso, riguarda la coppia). è un dramma che conosciamo, il cadavere è un corpo invisibile e non così importante.

D: sempre nello stesso racconto, c'è il filo conduttore del corpo: corpi che cozzano, nascondono la vista, non compaiono (il cadavere). è casuale?

R: le persone intorno sono un impedimento. non volevo renderle protagoniste più di quanto non siano in qualità di obblighi (i clienti della merceria). E in più, volevo stringere il PDV sulle reazioni della coppia per descrivere quelle dei molti che le somigliano.
Individui concentrati unicamente sulle proprie cellule di vita o costretti da cellule più forti.

D:ok. Nel secondo racconto, "Una brillante destinazione" Gwen, non ha volto né provenienza, viene introdotta così "il viso di chi è in pace col mondo o l'ha visto tutto". quello che risalta sono le sue efelidi che per Luca emettono la luce che il padre gli ha detto di seguire. cosa rappresenta Gwen?

R: Gwen rappresenta un obbligo in movimento.
Una luce da seguire, ma non la luce che è stata scelta.
Proprio come faceva Luca quando il padre era ancora vivo. Non gli diceva di creare una luce ma di seguirne una.
avere un obbligo che ti fa stare in tanti posti ma ti obbliga in un posto della mente è un girone infernale.

D: quindi Luca è incastrato in un destino non suo, come gli altri personaggi della raccolta. quindi dov'è la libertà?

R: non c'è.
l'unica libertà e la mia che osservo queste persone, tra l'altro, rubando segmenti per provare a raccontarne l'intera vita o un momento importante di essa.
Da precisare che non mi considero uno scrittore. Sono un empatico, con tutte i vantaggi e i drammi che questo comporta.

D: L'avevo notato, nel mondo che descrivi sembra guidato dalla necessità, le scelte sembrano più un illusione che delle opzioni fra strade diverse. in questo contesto, che ruolo ha la parola? nei dialoghi che scrivi, la parola nasconde più che rivelare, si riduce a chiacchera, oppure non viene ascoltata, o ancora in "dove c'erano le mucche", il padre sembra avere qualcosa di profondo da comunicare, ma non riesce ad esprimerlo, ed è condannato alla morte (per quanto casuale).

R: Quando scrivo voglio dialoghi reali.
Le persone spesso parlano e ascoltano, celando i loro reali intenti. Spesso si ascolta distrattamente per avere il diritto di poter parlare, senza neanche dire tutta la verità. È un gioco al massacro, o meglio, al rinvio.
Le persone che si parlano davvero sono pochissime. Rarità.
È tutto uno scherzo, diceva il comico dei Watchmen.

D: in "ripresa" il racconto ruota intorno al porno... in questo racconto però non viene descritta alcuna scena del lavoro di Enrico. in compenso abbiano un flash del corpo rovinato dal tempo di sua moglie Elena. Perchè? cosa ne pensi della pornografia?

R: il porno in "ripresa" è come il cadavere di "è qui che dobbiamo stare". serve per scatenare un rapporto, per liberare a fatica i non detti, per mostrare le paura di una donna, di una coppia, schiacciata dalla crisi e dai sentimenti, dal corpo che subisce le angherie del tempo e della relazione stabile. E poi, per mettere le persone di fronte a scelte necessarie ma imbarazzanti, come può esserlo lavorare improvvisamente nel porno per una famiglia medioborghese con problemi medioborghesi.
Scrivendolo, ho voluto sondare le reazioni di queste persone.
La pornografia è la medicina per i solitudinari.

D: Ok. parliamo dello stile. Prediligi le frasi secche, la paratassi, un uso attento della punteggiatura. Questa scelta stilistica è funzionale al comprimere la parola, a darle un significato quanto più possibile aderente alla cosa? oppure centellini l'espressione in contrapposizione frontale al discorso rindondante dei mass media? come definiresti il tuo stile?

R: È una specie di difficile cimento.
Usare la paratassi potrebbe far pensare a qualcosa da dire senza troppi giri di parole. Invece io nascondo. Nascondo il senso dentro la schiettezza.
Ecco perché per me scrivere è una pena. Perché devo trovare il giusto bilanciamento. Tutto dev'essere sempre perfetto nel momento in cui termino una frase o un periodo.
Voglio dire senza dire. Voglio che il lettore capisca, non che sia io a dirgli cosa capire.
Il mio stile? Come lo definirei?
Goccia a goccia.

In realtà, essendo empatico, sono camaleontico. Mi adeguo. Vengo influenzato molto dalle letture sul comodino, mentre scrivo.

D: se dovessi dare degli scrittori di riferimento, per invogliare il lettore a leggerti, chi citeresti?

R: Oddio.
Mangio davvero di tutto.
Mi piacerebbe che fossero scoperti scrittori misconosciuti perché aderenti a un genere elitario come la fantascienza, per esempio.
In questo caso, Dan Simmons, Walter S. Tevis, Stanislaw Lem, Theodore Sturgeon. Questi signori hanno scritto pagine di poesia dentro la narrativa, ma nessuno lo sa.
Ultimamente però sono rimasto impressionato da Ian McEwan e Raymond Carver.
Davvero notevole.









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