Un personaggio poliedrico
Di nobile famiglia lombarda, visse la sua adolescenza al seguito del padre diplomatico in Francia, in Austria-Ungheria, in Tunisia ed in Egitto; tornato in Italia nel 1913 si iscrisse al Regio Politecnico di Milano frequentando il primo anno la facoltà di ingegneria. Trasferitosi a Palermo, allo scoppio della Prima guerra mondiale si arruolò volontario nell'esercito italiano.
Dopo un primo periodo in Sicilia come soldato semplice, frequentò il corso ufficiali a Torino fra il novembre 1915 e il marzo 1916. Venne quindi assegnato al Genio Pontieri, dove, divenuto tenente, nel maggio del 1917 si guadagnò una medaglia di bronzo, per il forzamento dell'Isonzo nei pressi di Canale (ora Slovenia) durante il quale fu ferito in maniera non grave.
Dietro sua richiesta venne trasferito ad una sezione lanciafiamme operante in prima linea sul Carso nell'agosto 1917, dove riportò una seconda ferita alla mano.
Dopo la ritirata di Caporetto dell'ottobre-novembre 1917, Paolo Caccia Dominioni, fu trasferito in seconda linea in Valbrenta,dove fu raggiunto dalla notizia della morte in guerra del fratello Cino il 29 gennaio 1918.
Trasferito in Libia nell'aprile 1918, venne adibito a servizi di guarnigione nei dintorni di Tripoli, dove lo sorprese l'annuncio della Vittoria (4 novembre 1918). Ammalatosi di influenza spagnola, venne rimpatriato nel maggio 1919 e congedato l'anno seguente.
Terminati gli studi, dopo un iniziale avvicinamento al Fascismo, se ne distaccò trasferendosi in Egitto nel 1924, dove avviò la propria attività professionale, progettando importanti edifici in tutto il Medio Oriente.
Richiamato una prima volta nel 1931, prese parte ad una spedizione (di carattere esplorativo) operante nell'estremo sud del deserto Libico, il che gli valse il grado di capitano.
Richiamato ancora in servizio per la Guerra d'Etiopia nel 1935, venne dapprima impiegato in una missione di intelligence in Sudan, poi in una pattuglia esplorante aggregata alla Colonna Starace, partecipazione che gli fruttò la Croce di Guerra al Valor militare.
Nel 1941 venne richiamato in servizio per la quarta volta e assegnato al Servizio Informazioni Militare. Insoddisfatto di questa collocazione, ottenne di essere assegnato alla neocostituita specialità del Genio Guastatori alpino ; destinato in un primo momento in Russia, nel luglio 1942 gli fu affidato il comando del 31º Battaglione Guastatori d'Africa del Genio, impiegato durante tutta la campagna del Nord Africa.
Durante l'offensiva della prima battaglia di El Alamein, alla quale partecipò con una compagnia esplorante dei suoi guastatori, il Maggiore Sillavengo venne decorato da Rommel con la Croce di Ferro di 2ª classe tedesca ,seguita da un encomio solenne.
Partecipò poi anche alla seconda battaglia di El Alamein nel novembre 1942, riuscendo a sfuggire all'accerchiamento con tutto il suo reparto, unico reparto superstite del X Corpo d'armata italiano; per tale risultato il maggiore Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo venne decorato di Medaglia d'argento al valor militare.
Dopo un periodo di convalescenza, nel maggio 1943 si fece promotore della ricostituzione del Battaglione Genio Guastatori Alpini, e ne assunse il comando fino all'8 settembre 1943. Sfuggito alla cattura tedesca, si diede alla macchia entrando nel gennaio 1944 a far parte della 106a brigata partigiana Garibaldi.
Nella Resistenza dopo varie vicende, arrivò ad assumere la carica di Capo di Stato Maggiore del Corpo lombardo Volontari della Libertà nell'aprile 1945. Per la partecipazione alla lotta partigiana gli verrà concessa la Medaglia di Bronzo al Valore Militare.
Dopo la fine della guerra riprese la sua attività nello studio di ingegneria del Cairo, e nel 1948 venne incaricato dal governo italiano di redigere una relazione sullo stato del cimitero di guerra italiano di Quota 33 ad El Alamein, a cui seguì presto l'incarico di risistemarlo. Ebbe inizio così una missione di recupero che durò circa quattordici anni, spesi in gran parte nel deserto, alla ricerca delle salme dei caduti di ogni nazione, culminando con la costruzione del sacrario italiano da lui progettato.
Conosciuta nel 1958 la moglie Elena Sciolette, Paolo Caccia Dominioni tornò in Italia, pur frequentando assiduamente il sacrario di Quota 33.
Dal 1962 in poi, anche in seguito alla pubblicazione del libro Alamein 1933-1962 che vinse il Premio Bancarella, Paolo Caccia Dominioni svolse un'intensa attività progettistica di sacrari e cappelle commemorative dei caduti italiani della Seconda guerra mondiale, unita ad una fertile attività letteraria e illustrativa sul tema delle proprie vaste esperienze belliche, che gli fruttò diversi premi e riconoscimenti (tra i quali il San Valentino d'oro della Città di Terni).
È da segnalare che Paolo Caccia Dominioni, che parlava correntemente tedesco, francese, inglese, arabo, continuò la sua attività di architetto e scrittore anche in tarda età fino alla morte, sopraggiunta all'ospedale militare del Celio all'età di 96 anni nel 1992.
Nel 2002, in occasione del 60º anniversario della battaglia di El Alamein, il Presidente della Repubblica ha concesso al tenente colonnello Paolo Caccia Dominioni di Sillavengo la Medaglia d'Oro al Merito dell'Esercito "alla memoria".
Da Wikipedia
Questo poliedrico personaggio, ha pubblicato il suo diario 1915-1919 che è una pietra miliare per tutti quelli che si interessano della GG, ma non tutti sanno che fu anche un notevole pittore, con un’impronta molto tecnica che deriva sicuramente dai suoi studi ingegneristici.
I suoi quadri sono oggi esposti in un noto ristorante del goriziano.