Mariangela Gualtieri

dueanime
00venerdì 30 settembre 2005 19:57



Caro ba', qui il sudario non ce l'hanno cavato
e tu vedessi come certe cose leggere sventano
e altre ancora galleggiano e le stagioni
nella loro regola tengono caldo il seme
o lo scalmanano dentro le feste della gemma
e del fiore. Mio caro bà, io patisco per
poche cose che ci piangono e sono
assai modeste, assai assai, e non mi viene
dolore per la scannatura
di molti. Solo per me patisco, di
limitato dolore - di limitato amore tengo
nell'abbraccio solo qualche nome
di persona e di cosa e qualche luogo.

Mio caro ba', io sfinisco
nel troppo battente frullo di pensieri
che sono piccoli assai e gocciolanti sempre
sul frazionato tempo. E una bassura
tiene nella colla il mio fuoco centrale.
E così sto con raro sfaviglio e
questa miseria bassa medio bassa è una
vile catena che strattona ogni volo.

La schiena ba'
molte volte è curva e le spalle impiccate
per un tormento di mente che si
sta affissati dentro un terrore medio
che non si arrugghia ma è patire e patire.
E lo stomaco nel suo dolore giallo
dà le morsicature,
e un cibo brutto sta largo nel piatto
sotto il barbetto e sopra la tovaglia
senza il guasto di cavar via la fame.

Oh! nutrimento delle cose
buttate dentro che hanno fatto un lavoro
di cartilagine e crescita e poi si spandono
nel verbi del corpo senza un grazie piccolo
vanno in giù alla madre marrone.

Misera me, ba'
di contagocce di briciole sentimentali
muro lo slargo di mondi cosmi,
mi butto giù nei dolori piccoli
e non do ascolto a quella forza
che liberamente mette gli apostrofi.

Misero tempo con slabbro, ba', misero battimento
di ali pesanti, non si assolleva la sacra persona
non si assolleva.

Oh! esseri di sospiramento
figlioli piccoli, lungole vaghe del latte,
e le lucenti colorature delle persone
dentro quel punto sbrenco de li occhi
dentro le multiple capigliature.

Ba', sono guerriera tutta composta d'urlo
e di sostanza acida e sbatto con
bravura potente. Sono cocciniglia di
essenza diavola e chi mi guarda smencia.

(Mariangela Gualtieri, Fuoco centrale e altre poesie per il teatro)



barbara[SM=g27838]





Sal 70
00sabato 1 ottobre 2005 00:48
Uhm...ha un qualcosa di...come dire...familiare, questa poesia. [SM=g27822]



...un abbraccio, Sal.
dueanime
00martedì 11 ottobre 2005 20:41



Stavo su costoni di mondi slegata da
tutte le radici solo fatta di un ridere largo
tutta larga io stessa e un niente popolava
di sopra e di sotto un niente di dentro
vagante acqueo con movimento di sbando
ma poi l'occhio è nato facendo colori
coi nomi e tutta luce tutta luce quando
ho toccato la sua natura calda e bagnata
e ho rotto le acque di sotto nel grande
schianto schizzavo su un tavolo di pietra
sotto pareti con file di piastrelle e
odore di una vecchia che tirando tirando aiutava.
Mamma, ti ho fatta di colpo e grande
fra le sponde di legno e lo specchio
somigliante e piena di latte
fatta parlante e pettinata
e ho fatto anche me con piccoli
pugni il dormire il crescere e tutte le parole.


(Mariangela Gualtieri, Fuoco centrale e altre poesie per il teatro)
luigi38
00giovedì 13 ottobre 2005 13:50
veramente grandiosa, grandiosa, poesia popolare poesia di "classe".
grazie per il servizio reso ai lettori.
dueanime
00lunedì 14 agosto 2006 19:15
Monologo del non so (Mariangela Gualtieri)





Io non so se l’amore sia una guerra o una
tregua, non so se l’abbandono d’amore
sia una legge che la vita cuce fino al
ricamo finale.

Io non so spiegarmi l’imperturbabilità
di Dio, e non mi spiego di non udire il
suo grave lamento, il suo urlo di collera o
d’amore, e non so vederlo che sono in cecità
ma vorrei sentirlo almeno piangere come piango io
guardando le facce indolorate, guardando le
facce con grave malattia terrestre,
io non so invocarlo né bestemmiarlo che
è troppo nella sottrazione e troppo
astratto per i miei chili umani.

Io non so o forse non voglio
consegnarmi negli uffici del mondo,
e stare buono nelle sale d’aspetto della
vita. Io non so niente altro
che la vita e molte nuvole intorno che
me la confondono me la confondono e non
so cosa aspetto, cosa sto aspettando in questo
sporgermi al tempo che viene, io non so
e vorrei, vorrei, non so stare
fuori misura, fuori misura umana,
fuori da questa taglia finita.

Io non so perché guardando l’acqua del mare
mi salta al petto una gioia di figlio con la
madre, non so se questa uscita mia in un secolo
a caso, se questo essere qui a casaccio,
io non so spiegarmi questa malattia
all’attacco del mondo, non so guarire
questa malattia che indolora e vorrei
sistemare ogni cosa, in un sogno puerile di
tregua, in un’arcadia anche retorica,
in un dormire abbracciato dei
guerrieri che si innamorano.

Io non ho capito e dovrei,
non ho capito il mondo della
vita, io non ho capito la legge sottostante
e non ho da fare la consegna a
questi eredi cuccioli che aspettano, che esigono
da me l’aver capito.
Io non so la canzone
che spensiera e non so soccorrervi
non so pur volendolo
con quella forza di cagna
che dà il latte, non so soccorrervi nel vostro
sbando, io non so farvi un canto della
guarigione, non so farvi da balsamo
io non so mettervi nel coraggio essenziale,
nello slancio, nel palpito.

Il mio Graal l’ho ritrovato e perso cento
volte.

Io non so se la bellezza è questa accademia di
centimetri, se la bellezza, la bellezza è questa
carnevalesca decadenza di saltimbanchi,
io non mi spiego la crocifissione
della grazia, e non mi spiego perché
mi trovo qui, in questo covo rivoltato
in questa fossa con gli orchi attuali
in questo lato barbarico della specie,
e non so perché stando ad occidente non si
ode quell’alleluia delle cose.
Io non so se in questa schiena
senza ali ci sono grandi pianure da cui fare
il decollo, se in questa spina dorsale
ci sono istruzioni
per la manovra di decollo, se sono io la freccia
di questo arco della schiena, se sono io
arco e freccia, non so in quale mano
non mano o zampa di Dio mi stanno
torchiando, e sottoponendo al duro
allenamento dei dolori terrestri.

Io non so se la solitudine, se quello
strazio chiamato solitudine, se quell’andare
via dei corpi cari, se quel restare soli
dei vivi, io non so se quel lamento della
solitudine, se quel portarci via le facce
se quel loro sparire
di facce che avevamo dentro il respiro, non so
se il dono sia questo portarci via le
carezze, questa slacciatura.

È poco il poco che so e di questo
poco io chiedo perdono. Io chiedo
perdono per quello che so, perdono io chiedo
per tutto quello che so.





barbara




tzitzeraz
00venerdì 29 giugno 2007 00:24
sento il tuo disordine
e lo comparo al mio. C’è
somiglianza. C’è lo stesso slabbro
di ferite identiche. C’è tutta la voglia
di un passo largo in una terra
sgombra che non troviamo.
Sento il tuo respiro schiacciato
lo sento somigliante
ti sento piano morire
come me che non controllo
l’accensione del sangue.

Anch’io cerco una libertà che mi
sbandieri, una falcata
perfetta, uno stacco d’uccello
dal suo ramo, quando si butta
improvviso e poi plana.



(ancora ?)
Antonellat
00venerdì 29 giugno 2007 07:40
Preghiamo.
Ancora.
Ancora e ancora.
Sì.
Chi preghiamo.
Non so.
Non importa.
Qualcuno che ascolta c'è sempre.
Qualcuno che prende su e sistema.
Fiutate questa mia preghiera e arrotolatela fino al suo taglio.
Arrotate anche me. Cari emissari d'ogni guarigione.
Cari esattori celesti. Abbiamo già pagato tanto.
E non siamo migliori. Punto.
Fateci migliori. Punto.
In questo cantoncino di terra
non abbiamo difensori.
In questo centrino smagliato che orbita
non ci sono piloti.
Le barre di comando sono scassate.
Hanno ruggine e fango.
Dove siete? Avete voce?
Intercettateci ancora.

(Senza polvere senza peso)

Modificato da Antonellat 29/06/2007 7.41
dueanime
00domenica 6 gennaio 2008 11:37
Da Fuoco centrale (Tratto dalla prima parte)




Prendimi, fai pure le arcate
destinate all’incontro, cerchiami,
poggiami nel tuo fondo migliore,
fai di me struggimento e crepe,
scioglimi di cinghiate lamine, vuotami, vuotami,
tira via me, scovami dal mio inno deposto, dalla
fuggitura angolata in cui mi incuneo, sconciami,
fai potature essenziali, entra
con questo antico seme, col saluto di lingue,
di cosparse acque di cime rotonde, nel segreto
delle manovre con in pugno sostanze
e con colpi con colpi a striscio
a fronte punta me, dalle tue lontananze
punta me, a pendaglio a picco sonoro,
nelle sconosciute difese punta me
che mi sporgo lasciando lasciando, dal tuo
guscio insondabile la mia sporgenza
culmina in questo arco del cuore.
Ti avanzo. Ti avanzo incontro.
Prendimi. Prendi me,.
Il fuoco centrale non è impalato nel nome.
Esubera dalla distanza del morto, si appoggia
al principio della semenza e lì sta in calice
sottovento.
keryan @
00martedì 17 febbraio 2009 13:50




Gli altri sono troppi, per me.
Ho un cuore eremita. Sono
impastata di silenzio e di vento.
Sono antica.
Mi pento ogni volta che vado
lontano dal mio stare lento
nelle velocità della sera, nelle auto schizzate
di pianto. Col loro buio abitacolo.
E se sfreccio a volte
sulla modesta moto, è per cantare
a gola stesa l'ultimo del paradiso
fare il mio guizza pericoloso
con tutto quel vento nel petto
seminare parole beate
nel panorama nervoso.


da "senza polvere senza peso"


keryan @
00martedì 17 febbraio 2009 13:55

Cambio le belle lenzuola di bianco
tipo per bene, nessun increspo né piega
nessun millimetro pendente fuori dalla
armonica stesura del bene. Qui dorme
lei, qui lui. Si vede non so da cosa.
Qui lei e lui si scambiano segni evoluti
della specie, accostano forma a forma
mettono tutti i respiri in un posto, insieme,
setacciano il mondo nella camera buia
e l'ultimo che s'addormenta sente l'altro
andare lontano, nel suo respiro di lottatore
che ha mollato la presa.


da "senza polvere senza peso"
Antonellat
00domenica 17 marzo 2013 16:53
da CAINO - Prologo
(a Caino)

Gettiamo per te a spaglio doni e doni, un'acqua
un pane, un prato, una luce, un fuoco, a manate
semi buoni. Trattieni l'incanto.
La terra è un buon posto. Credi. C'è conseguimento.
tzitzeraz
00lunedì 18 marzo 2013 18:05
Se


Se la parola amore è
uno straccio lurido,
se non ho altra lingua per dire cosa
amo, se l’anima adesso è un ingombro
e il ciclo un posto come un altro
se dormiamo e dormiamo

se il mio canto è schiacciato nel cantone
se il mio canto o il tuo, se il mio canto

se tutte le parole dei savi sono troppo
lente per questa corsa sui cocci, se anche
le bestie in quel loro morire bastonate
neppure si rivelano

se c’è una tosse se c’è una
tosse che incrosta il cielo
e poi lo sputa

se abbiamo nemici dentro le teste
e macchinette rotte

se la mano è scontrosa alla mano
scontrosa rompe l’onda e il ramo
rompe l’ala e il becco

se abbiamo salmi stonati
se le macerie sulle facce stanche
fanno il peso di tutta la storia

se poi nessuno viene
nessuno s’alza dal fradicio delle tombe
a consegnarci un grappolo, una tazza
un giuramento alla luce
se se se

se c’è una sete che ci ammala
se c’è un sorso per chi ha sete
se davvero davvero muove il sole
se muove il sole e l’altre stelle
se la sua gran potenza, sua gran
potenza d’antico Amor,
se il nostro cuore è immenso
se il nostro cuore
talvolta è immenso, se le
stelle nascono, se è vero che nascono
anche adesso, se siamo polverine allo
sbaraglio, catenelle smagliate,

benedico ogni centimetro d’Amore ogni
minima scheggia d’Amore
ogni venatura o mulinello d’Amore
ogni tavolo e letto d’Amore

l’Amore benedico
che d’ognuno di noi alla catena
fa carne che risplende

Amore che sei il mio destino
insegnami che tutto fallirà
se non mi inchino alla tua benedizione



dueanime
00lunedì 18 marzo 2013 23:19
Sii dolce con me. Sii gentile.





Sii dolce con me. Sii gentile.
E’ breve il tempo che resta. Poi
saremo scie luminosissime.
E quanta nostalgia avremo
dell’umano. Come ora ne
abbiamo dell’infinità.
Ma non avremo le mani. Non potremo
fare carezze con le mani.
E nemmeno guance da sfiorare
leggere.
Una nostalgia d’imperfetto
ci gonfierà i fotoni lucenti.
Sii dolce con me.
Maneggiami con cura.
Abbi la cautela dei cristalli
con me e anche con te.
Quello che siamo
è prezioso più dell’opera blindata nei sotterranei
e affettivo e fragile. La vita ha bisogno
di un corpo per essere e tu sii dolce
con ogni corpo. Tocca leggermente
leggermente poggia il tuo piede
e abbi cura
di ogni meccanismo di volo
di ogni guizzo e volteggio
e maturazione e radice
e scorrere d’acqua e scatto
e becchettio e schiudersi o
svanire di foglie
fino al fenomeno
della fioritura,
fino al pezzo di carne sulla tavola
che è corpo mangiabile
per il mio ardore d’essere qui.
Ringraziamo. Ogni tanto.
Sia placido questo nostro esserci -
questo essere corpi scelti
per l’incastro dei compagni
d’amore. nei libri.




da "Bestia di gioia"
dream7
00giovedì 28 marzo 2013 09:35
Che bella due!
e molto più bello che sia stata tu a riportarla! [SM=g7265]
e torna daiiiiiii!

Un abbraccio e un bacio! [SM=g7265]


Ivana
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