MUDDY WATERS (La Vita, I Luoghi, Il Tempo ) By Robert Gordon (III Parte)

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(King David)
00giovedì 15 aprile 2010 15:21
Ragazzi, So Cantare! (1926-1940)

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“Quando Ho Ascoltato Per la prima volta Muddy,
ogni cosa per me ha avuto un senso”


Keith Richards


In quelle comunità senza corrente elettrica, gli strumenti acustici, improvvisati o prodotti in serie, erano la principale fonte di intrattenimento: una chitarra, un’armonica, un pettine avvolto in un foglio di carta.
Gli strumenti più piccoli potevano essere portati in tasca e tirati fuori durante una pausa del lavoro per contribuire a sollevare gli animi e a trasportarli in una dimensione più serena.
Inizialmente Muddy batteva su un bidone di Kerosene, poi si mise a strimpellare una vecchia fisarmonica vicino alla casa di sua nonna (“era vecchia e sgangherata, l’avevo rattoppata pezzo per pezzo), poi si sbizzarrì coi suoni limitati di uno scacciapensieri. “Tutti i ragazzi si costruivano la loro chitarra”, ricordava Muddy.
“Io mi ero fatto la mia con una scatola e un bastone che fungeva da manico, non ci potevo tirare fuori granchè, ma è cosi’ che si impara”.

Ci sarebbero voluti 6 anni prima che Muddy riuscisse a padroneggiare un’armonica – “Mi ci sono dato da fare fin da quando ero abbastanza grande per dire ‘Santa Claus, portami un armonica’”, disse Muddy. “Ma non sono riuscito a tirarci fuori nulla di decente prima di compiere 13 anni”.
Quando faceva troppo chiasso in casa, la nonna gli diceva di andare a suonare fuori, dove continuava a soffiarci dentro, cogliendo al volo i consigli dei suonatori più esperti e raccogliendo persino uno o due penny da qualche passante ben disposto.
A Stovall, Della aveva acquistato un fonografo azionato a manovella. “Mia nonna comprava praticamente solo canzoni di chiesa”, diceva Muddy., “Ma io non riuscivo a comprarmi qualche disco coi pochi Nichel che mettevo da parte, altri me li facevo prestare e li ascoltavo con grande attenzione.
Texas Alexander, Barbecue Bob, Blind Lemon Jefferson, e Blind Blake: ecco…quello che ascoltavo.
Se poi volevi andarci giù pesante, c’erano Son House e Charlie Patton – mentre Roosvelt Sykes che suonava (Forty Four Blues) al piano, pensavo fosse la cosa migliore che avessi mai ascoltato.
Poi saltò fuori Little Brother Montgomery con (Vicksburg Blues), e allora mi dissi: ‘Buon Dio, questi tizi ci danno dentro come matti’”.
Muddy diceva di aver capito che voleva diventare famoso quando era ancora un bambino, “Ero deciso a diventare un musicista, un buon predicatore, o un buon giocatore di Baseball imbattibile.
Con la palla da Baseball non me la cavavo granchè (smisi di giocare dopo essermi fatto male a un dito).
Non sapevo fare prediche e quindi non mi rimaneva che tentare la strada della musica”.
Fu grazie a Blind Lemon Jefferson, nel 1926, che le case discografiche si resero conto dell’esistenza di un mercato legato al Country Blues, lo stile predominante nel Delta del Mississippi.
Agli inizi del decennio di solito le canzoni Blues erano interpretate da voci femminili, come quelle di Ma Rainey e Bessie Smith, accompagnate da complessi di tipo orchestrale, influenzati dal Jazz.
Subito dopo Blind Lemon Jefferson, toccò a Charlie Patton, poi a Son House, Skip James, Tommy McLennan, e molti altri.
Inoltre, si trovavano anche dischi di altri generi musicali, ma a Muddy non interessavano, non si emozionava per Bing Crosby, Rudy Vallee o Arturo ToscaniniPaul Whiteman non faceva parte del suo universo e nemmeno Fanny Brice o Maurice Chevalier.
L’orchestra di Harry James non veniva a suonare in nessuna città dei dintorni – c’era un po’ di Country o Gospel di tanto in tanto su qualche rara stazione radio, ma quello che giungeva alle orecchie di Muddy era sostanzialmente tutto Blues, Blues del Delta del Mississippi. “Strillavano tutti, ma non ci si faceva tanto caso”, raccontava Muddy allo scrittore Paul Olivier.
“Si naturalmente strillavo anch’io – se vuoi chiamalo Blues, ma non erano altro che cose improvvisate, come quando c’è un tipo, o più spesso una ragazza, che lavora vicino a te e tu vuoi dirgli qualcosa – allora glielo gridi, lo canti, o magari al tuo mulo o roba simile, oppure perché si sta facendo tardi e tu hai voglia di tornare a casa.
Cantando, esprimevo il mio stato d’animo, forse non me ne rendevo conto, ma non mi piaceva come andavano le cose laggiù, in Mississippi”.

Myles Long, che invece di trasferirsi a Nord trovò lavoro come cuoco e autista della signora Stovall, diceva al suo amico: “nei campi Muddy canticchiava sempre qualcosa”.
In seguito lo stesso Muddy ricorderà: “All’inizio naturalmente non pensavo alla musica come a un lavoro che mi desse da vivere, cantavo il Blues perché dovevo farlo: semplicemente non potevo farne a meno”.
“Muddy non era tipo da frequentare tanta gente, ma aveva una piccola cerchia di amici con cui suonava”, diceva Elve Morganfield.
Muddy andava in giro con un tipo chiamato Ed Moore, che strimpellava la chitarra e amava stare coi musicisti.
A Buddy Bo Bolton, piaceva andare alle feste in cui si friggeva il pesce e frequentare le bettole.
C’era un tipo alto, un po’ più anziano, chiamato Scott Bohaner (a volte erroneamente identificato come “Bowhandle”), che possedeva una chitarra, era un tizio piuttosto robusto; tra tutti era quello che Muddy preferiva. “Abbiamo imparato insieme”, diceva Muddy. “A quei tempi io suonavo l’armonica , guardavo come prendeva gli accordi e cercavo di copiarli.
Dopo che imparai a suonare la chitarra, lui faceva l’accompagnamento, ma quando io suonavo l’armonica era lui il solista”.

In breve la passione per la musica di Muddy assunse una dimensione un po’ più pubblica. “Nelle piantagioni di cotone non abbondano di certo i ‘Night Club’”, diceva Muddy. “Il grande evento è il sabato sera”.
Dappertutto si friggeva il pesce e si faceva baldoria, ma capitava di suonare fino all’alba per 50 centesimi e un sandwich, e non chiedevo di meglio – e alla gente piaceva davvero quel Blues un po’ primitivo”.
Per la loro prima esibizione Muddy e Bohaner ricevettero 1$ e mezza pinta di liquore da dividersi tra di loro, più un sandwich di pesce fritto a testa.
Stovall, aveva una squadra di Baseball e Muddy giocava in seconda base, ma c’erano altri diamanti che risplendevano più intensamente.
I negozianti di Clarksdale, il centro mercantile più importante del Delta, ogni sabato mandavano in giro per le campagne dei camion per raccogliere i contadini che volevano andare in città a fare spese, così per le strade di Clarksdale si accalcava una folla di neri così fitta che le automobili non riuscivano a passare.
A volte i bianchi parcheggiavano ai margini di quella confusione e stavano a guardare, un barbiere piazzava la sua poltrona e le estetiste disponevano i loro attrezzi – potevi farti stirare i vestiti e lucidare le scarpe, c’erano abiti e cappelli raffinati, c’erano per giorno e dandy.
I musicisti che si trovavano nei dintorni si mettevano a suonare davanti al negozio di mobili, che vendeva anche fonografi ad armadietto e i dischi da farci suonare.
A Clarksdale c’erano sale da biliardo e birrerie per afroamericani, molti club ingaggiavano musicisti, anche se i moderni Jukebox si stavano diffondendo rapidamente.
A Clarksdale vigeva però qualcosa che era sconosciuto nei locali di campagna – una sorta di coprifuoco. “A mezzanotte era meglio non farsi trovare in circolazione”, raccontava Muddy. “Le strade dovevano essere deserte, venivano giù da Sunflower Street un sacco di poliziotti coi loro grossi cappelli, facendo dondolare gli sfollagente. ‘Ragazzi’ era meglio tornare in campagna”.
I contrabbandieri e gli altri gestori di locali andavano in città nel pomeriggio per vedere chi riusciva a radunare un pubblico più numeroso.
Ingaggiavano gli intrattenitori di maggior successo che sarebbero stati seguiti dal loro pubblico, in modo da affollare i propi locali.
Nelle campagne, musica e gioco d’azzardo prosperavano, era una terra in cui “sala da ballo” faceva rima con “sballo”, dove per divertirsi si consumava in grande quantità il cosiddetto sterno, un liquore ad alta gradazione alcolica; in gergo veniva chiamato Canned Heat (calore in scatola), ma si pronunciava Can-dy. “Organizzavano party nelle stesse case in cui vivevano”, diceva Muddy. “Spostavano i letti cosicché avevano tutta la stanza a disposizione per ballare, trasformavano le Cotton House (rimorchi coperti che si usavano durante la raccolta del cotone, N.d.t.) nelle loro piccole sale da gioco.
Facevano lampade al Kerosene - Prendevano una cavezza di quelle che si usano per tirare i muli durante l’aratura, la mettevano in una bottiglia, bagnavano la punta col Kerosene e l’accendevano; C’erano lampade come queste tutt’intorno alla casa”. “Trovavi la casa vedendo le luci tra gli alberi”, diceva Honey Boy Edwards, un Bluesman contemporaneo di Muddy. “Quando arrivavi a mezzo Km dalla casa cominciavi a sentire il suono del piano e della chitarra, allora ti mettevi a correre”.
“Quando suonavi in posti come quelli stavi seduto sul pavimento, su una sedia con la base di giunco, appena rialzata dietro e piuttosto traballante.
Non c’erano microfoni né impianto di amplificazione, dovevi fare baccano più che potevi”, diceva Johnny Shines, un Bluesman che aveva suonato con Robert Johnson. “Bisognava far venire le donne, per attirare gli uomini che poi si sarebbero messi a giocare.
E [il tizio che organizzava la festa], gestiva il gioco e ci ricavava bei soldi, vendeva anche Whisky…la birra veniva servita in scodelle, il Whisky dovevi berlo dalla bottiglia – non si potevano usare boccali perché c’era sempre il pericolo di risse, e qualcuno poteva rompere un boccale per tagliare la gola a qualcun altro, erano posti poco raccomandabili”
“A quei tempi”, ricordava Muddy, “sembrava che tutti sapessero suonare qualche strumento e in giro per i locali nei dintorni di Clarksdale c’erano tanti di quei musicisti che non riesco a ricordarmeli tutti.
Comunque, secondo me, il migliore era Son House – era solito suonare con un collo di bottiglia infilato nel dito mignolo, toccava le corde con quello e le faceva cantare. “Ecco da dove mi è venuta l’idea”.
Quando assistette per la prima volta a una performance di Son House, Muddy aveva 14 anni.

Son era un poderoso chitarrista dotato di una presenza formidabile, riusciva a essere tranquillo come i filari che arava alla guida di un trattore o focoso come l’acre Whisky clandestino che non disdegnava. Era alto, spigoloso e ossuto; aveva una voce profonda, rauca, ruvida come il grido di un guardiano degli argini, una voce che sovrastava agevolmente il baccano di un locale affollato.
Quest’uomo allampanato, che usava lo slide come un martello tempestando la tastiera di vigorosi colpi, usava una chitarra d’acciaio, uno strumento simile al Dobro, con un suono più metallico delle normali chitarre in legno.
Lo stile di Son House era prevalentemente percussivo; percuoteva le corde con incredibile veemenza, il movimento con cui colpiva le corde dal basso in alto era potente come la “pennata”dall’alto in basso e, combinando con l’azione dello Slide che manovrava con il mignolo della mano sinistra, produceva un suono simile a quello di un guardafili che traccia profilati in acciaio. “Ascoltare Son House era tonificante come un cazzotto in faccia”.
“Sono letteralmente impazzito quando ho visto per la prima volta qualcuno che faceva scivolare un collo di bottiglia sulle corde”, diceva Muddy. “Mi brillavano gli occhi come un albero di natale e mi sono detto che dovevo imparare – continuavo a chiedere a Son House: ‘come fai, così, così o così?, perché volevo a tutti i costi imparare quel tocco che aveva lui”.
Muddy rimase affascinato da quell’ossuto stregone, in precedenza aveva ricevuto qualche indicazione da un ragazzo di Stovall un po’ più grande di lui, un certo James Smith.
“Quando ho sentito Son House mi è venuta voglia di mandare in frantumi tutti i miei colli di bottiglia perché quell’altro tizio non mi aveva insegnato niente.
Una volta Son House suonò ogni sabato sera nello stesso posto per un mese di fila, tutte le sere io ero lì, vicino a lui – per niente al mondo avrei lasciato quell’angolo da cui lo ascoltavo, guardavo le mani di quell’uomo e mi sembrava che la sua bravura non avesse limiti”.

Tre anni dopo l’incontro con Son House, Muddy comprò la sua prima chitarra. “Ho venduto l’ultimo dei nostri cavalli, ne ho ricavato 15$, ne ho dati 7½ a mia nonna, mi sono tenuto gli altri 7½ e ne ho pagati 2½ per quella chitarra. Era una stella di seconda mano”.
Acquistò lo strumento da un suonatore della zona, Ed Moore. “La prima volta che l’ho suonata ho guadagnato 50 centesimi in uno di quei posti dove si suonava tutta la notte, poi il padrone mi aumentò la paga a 2$½ per sera; a quel punto capii che le cose cominciavano ad andar bene”.
Appena ebbe guadagnato 14$ con le serate, ordinò una chitarra dal catalogo Sears Roebuck. “Era compresa nel prezzo anche una bella custodia”.
A mano a mano che Muddy faceva progressi, per lui la musica diventò qualcosa di più che un semplice hobby. “Lavoravo dall’alba al tramonto per 50 centesimi, il che significava 15 o 16 ore al giorno, ma nello stesso tempo ero innamorato della mia chitarra – non vedevo l’ora di uscire e suonarla.
I neri organizzavano le loro feste, si procuravano un po’ di liquore, mettevano insieme qualcosa da mangiare: io suonavo abitualmente per questa gente.
Quando venivano a prendermi erano molto puntuali, ma poi non arrivava mai l’ora di riportarmi a casa.
Certe mattine, tornavo a casa, mi toglievo i Jeans stirati che avevo indossato per la serata, mi mettevo gli abiti da lavoro e andavo direttamente nei campi a lavorare.
Mi è capitato di raccogliere cotone tutto il giorno, suonare tutta la notte e poi di nuovo lavorare nei campi tutto il giorno seguente prima di riuscire a dormire”.
Muddy guadagnava un po’ di denaro extra anche catturando animali da pelliccia, questo significava piazzare e controllare le trappole di notte dopo aver lavorato tutto il giorno nei campi, ma ne valeva la pena: le prede erano Opossum, Procioni, Conigli e Visoni.
Le pelli di Visone erano quelle di maggior valore; anche quelle di Procione si vendevano bene, ma Opossum e Conigli avevano la pelle molto sottile e il pelo si staccava troppo facilmente.
La carne veniva mangiata o venduta – stendeva le pelliccie per asciugarle e poi le vendeva a mazzi.
Altri extra se li procurava - per tutto il tempo che rimase nella piantagione – aiutando i contrabbandieri di alcolici.
Fin da ragazzo Muddy andava in cerca di bottiglie vuote che rivendeva a chi distillava clandestinamente.
Il Whisky fatto in casa veniva conservato in contenitori da mezza pinta, chiamati Short – o in bottiglie da 6 Once.
Muddy imparò anche a fare Whisky nei boschi, in luoghi nascosti, lontano dalle strade più battute si usavano bidoni per la benzina da 200 litri, bisognava prima trattarli col fuoco per evitare che rimanessero residui di benzina, inoltre ci voleva un tubo di rame a forma di serpentina e un grosso barile di legno per il raffreddamento.
Si sigillava la serpentina con una pasta di farina per non far disperdere il vapore, poi si accendeva il fuoco sotto il bidone. (non si può avere fretta col fuoco – è come un bambino, bisogna nutrirlo).
Quando raggiunge la temperatura necessaria, cominci a sentire la serpentina che fa un piccolo rumore buffo – pop pop pop… ecco fatto!.

A quei tempi tutto il Sud era a secco, la gente era assetata…lo facevi e lo vendevi – senza invecchiamento né niente, si vendeva subito”.
Whisky, gioco d’azzardo, musica – dovunque tutto ciò significava “Party”, e Muddy cominciò a indire degli intrattenimenti in propio. “Il sabato organizzavo le mie serate danzanti – mi ero fatto furbo e cominciai a distillare e vendere il mio Whisky, suonando alle serate che organizzavo a casa mia.
Sul retro sistemammo il tavolo da gioco, riempivo qualche bottiglia di Kerosene per farne delle lampade che appendevo davanti al portico: la gente vedeva che si era dato inizio alle danze, cercavo di illuminare bene soprattutto la zona dove si giocava – è piuttosto difficile vedere i dadi alla luce di quelle lampade e, dal momento che c’erano dei ragazzi molto veloci coi dadi, bisognava avere un’ottima vista.
Di notte in campagna la musica arrivava a una distanza sorprendente, il suono viaggia nel vuoto, e si sentiva la mia chitarra molto prima di arrivare in vista della casa, e la gente che parlava ad alta voce e gridava”.
Sui musicisti e i venditori di Whisky si riversava una gran quantità di denaro e Muddy, dandosi alla tecnologia, diede un acconto per una Ford V8 usata del 1934. “Al volante della mia macchina diventavo un pazzo scatenato, non capivo più niente”, diceva Muddy. “Mia nonna diceva che avrei finito per ammazzarmi, la macchina non andava a più di 50 all’ora, come avrei potuto ammazzarmi a quella velocità? un buon cavallo da corsa andava più forte”.
Le strade di ghiaia erano un inferno per le gomme, all’epoca, e uno dei trucchi per evitare le forature consisteva nel riempire i pneumatici con semi di cotone e poi bagnarli fino a farli gonfiare – si faceva così.
L’automobile non serviva solo allo svago, “Andava avanti e indietro dalla città per comprare generi alimentari e per trasportare gente”, diceva Magnolia Hunter, una vicina di casa. “Un carico di persone gli rendeva un paio di dollari”. – si dava sempre da fare - .
Nel periodo in cui non erano impegnati col cotone, gli agricoltori mantenevano attivi i loro campi, Muddy imparò presto che era possibile guadagnare altro denaro seguendo le varie raccolte, passando da quella del grano a quella delle barbabietole da zucchero, dalla raccolta dei piselli a quella dei fagioli.
Saltando gli steccati era abbastanza facile spostarsi, anche se la polizia forniva manodopera gratuita ai penitenziari della contea arrestando i vagabondi. “Ero sempre in giro”, ricordava Muddy, “ecco perché ho fatto quella canzone intitolata “Rollin’ Stone”.
Era proprio così, come una pietra che rotola – ma non mi allontanavo mai tanto – amavo mia nonna, lei stava invecchiando e non volevo andarmene e lasciarla da sola”.
Come un ape che trasporta il polline, Muddy fece viaggi che lo misero in contatto con altri musicisti e stili non comuni dalle parti di Stovall. “Ho conosciuto Robert Nighthawk quando ancora non ero in grado di suonare una sola nota sulla chitarra” ricordava Muddy. “E stato a Clarksdale, c’era una specie di zona circolare, formata dai posti dove noi c’è ne andavamo in giro…a suonare.
Bè, lui aveva sicuramente conosciuto Robert Johnson, perché tutti loro erano cresciuti nei dintorni della strada di Friar’s Point, quella che va da Friar’s Point a Helena, mentre io da Clarksdale arrivavo giù fino A Rosedale, Duncan, Hillhouse, Rena Lara e posti del genere – un vero e proprio circuito in cui ci muovevamo”.
Questa cerchia di musicisti comprendeva, tra gli altri, Tommy Johnson, Houston Stackhouse, Robert Lockwood Jr, Joe Willie Wilkins, Rice Miller (Sonny Boy Williamson) e Big Joe Williams.

Big Joe era un chitarrista peripatetico che durante le sue peregrinazioni aveva incontrato quasi tutti i musicisti Blues del Delta (e che aveva inventato un particolare modello di chitarra a 9 corde).
“Ho suonato con Big Joe Williams quando ero ancora un ragazzo”, diceva Muddy. “Con lui suonavo l’armonica”.
Big Joe ha dichiarato di essere stato il primo a portare Muddy sulla strada anche se tutto dipende dal significato che si da al termine “strada”.
“Si, andavamo in giro insieme, ma lui adesso esagera un pò”, diceva Muddy. “In realtà non ho viaggiato con lui così tanto come va raccontando a tutti.
Siamo andati a suonare in qualche posto in giro per il Mississippi, ma non siamo mai stati a Memphis”.
L’influenza di Big Joe si estendeva ben oltre il semplice fatto di suonare insieme, era la prova evidente che era possibile guadagnarsi da vivere con la musica e che questa offriva anche altri vantaggi. “Fu Big Joe a dire a Muddy di smettere di andare in giro con lui”, diceva Blewett Thomas, che era amico di Big Joe. “Joe mi disse: ‘una mattina mi sono alzato e ho piantato Muddy’, perché mi portava via tutte le donne. “Tutte stè ragazze che venivano a dirmi: ‘Oh, quanto è carino il tuo figlioccio, bello e attraente”.

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Muddy era alto e forte: “Un uomo robusto, un tipo ben messo”, come diceva Magnolia Hunter che lavorava la terra accanto a lui a Stovall, ma il suo modo di fare era più timido che autoritario.
La sua pelle era di un colore bruno molto scuro, con tracce di rosso e marrone, il viso era particolare: rotondo e piatto, con zigomi alti e occhi dalle palpebre pesanti e tratti asiatici.
Oh, quegli occhi a mandorla…due profondi pozzi neri nettamente demarcati dallo straordinario biancore intorno alle pupille – occhi seducenti e ammiccanti, in cui era facile perdersi.
Muddy aveva un’espressione afflitta, simile a una smorfia, ed era un po’ balbuziente; affascinava col suo aspetto vulnerabile ed eccitava con la sua virilità.
Muddy, raramente diceva di no…,gli piaceva intingere il pennello o farsi dare una spolveratina ogni tanto. “Bisognava andarci piano, con le donne e col whisky”, diceva il reverendo Myles Long.
“Per Muddy il problema non era tanto il whisky, ma le donne; Le donne erano la sua perdizione”.
“Tutte le ragazze che incontravo mi strapazzavano”, diceva Muddy. “Davvero, tutte… Fin da quando ero un ragazzo, ogni ragazza che incontravo mi strapazzava, mi dicevo: ‘Devo avere qualche maledizione – perché sono tutti più fortunati di me?”.
Ma se le ragazze lo infiammavano quando era giovane, Muddy ha passato l’intera vita a soffiare sul fuoco.
Ha avuto diverse mogli e ci sono sempre state donne al suo fianco, magari anche dall’altro lato.
“Le donne delle piantagioni” erano quello che gli uomini chiamavano “Un terreno facile”; non avevi nemmeno bisogno di preparare un giaciglio sul pavimento.

La prima moglie di Muddy era una ragazza di Stovall chiamata Mabel Berry, suo fratello suonava la chitarra in una band di strumenti a corda piuttosto popolare nella zona, The Sons Sims Four.
“Mabel era alta e magra, di pelle scura, piuttosto attraente”, diceva Elve Morganfield. “Lavorava alla fattoria, parlava a voce bassa, era un tipo accomodante, non piantava grane per nessun motivo - andava d’accordo con tutti ma incuteva rispetto”.
Il 17 novembre 1932, Muddy andò al municipio della contea di Cahoma e comprò una licenza per sposare la Berry, 3 giorni dopo, il 20, il matrimonio ebbe luogo.
Il 24 Muddy tornò a Clarksdale per registrare il certificato di matrimonio, vivevano con la nonna di lui, Muddy all’epoca aveva solo 19 anni. “Robert Nighthawk ha suonato al mio primo matrimonio”, diceva Muddy. “Lui e suo fratello Percy – si diceva, che fosse suo fratello, anche se io non credo fossero veramente fratelli. Robert era conosciuto in tutto il Mississippi”.
La festa di nozze fu talmente sfrenata che il pavimento di Muddy crollò, ma fu un matrimonio senza gioia. “Ha avuto un sacco di problemi con la prima moglie, Mabel”, ricordava Myles. “Lui non le è mai stato fedele, guadagnava un mucchio di soldi nei locali, ma li spendeva subito. Tanti ne guadagnava, tanti ne spendeva”. “Muddy era un bravo ragazzo”, diceva Elve, “Ma era anche un uomo – lo dice in una canzone.
A Muddy piacevano le donne, è normale che, come tutti gli altri uomini, uno voglia amare una donna, ma tentare di averle tutte è un po’ esagerato”.

In un gruppo di strumenti a corda un chitarrista aveva l’opportunità di mettersi in luce, le parti soliste di solito erano riservate al violino, dal momento che aveva un volume di suono più forte, ma di tanto in tanto il chitarrista poteva ritagliarsi lo spazio per un assolo.
La band più popolare di questo genere era un gruppo locale, The Mississippi Sheiks – hanno continuato a suonare per decenni, fin quasi alla morte di Muddy, ma diventarono celebri nel 1930 con “Sitting On The Top Of The World”. “Andavano forte, in quel periodo, facevano i loro bravi dischi”, diceva Muddy. “Ogni volta che erano nelle vicinanze, andavo a sentirli.
A piedi, chiedevo un passaggio, saltando su un treno merci, rubando un mulo, insomma…quando suonavano io c’ero”. “The Son Sims Four”, erano sulla stessa falsariga degli Sheiks.

Henry “Son” Sims suonava il violino, aveva cominciato a suonare con Charlie Patton nel 1910, e nel 1930 aveva effettuato delle registrazioni con lui in Wisconsin.
Sims era nato il 22 agosto del 1890 vicino a Rolling Fork, ad Anguilla, in Mississippi, ed era il nipote di uno schiavo, anch’egli violinista.
Sims non era certamente un virtuoso, ma era un musicista piuttosto versatile, suonava anche piano, basso, viola, mandolino e chitarra. “Immaginate uno che sta segando qualcosa”, ecco come la sorella di Sims descriveva il suo modo di suonare il violino. “Non passava la resina sull’archetto, ma non mi veniva in mente di fare obiezioni sul suo stile rudimentale, pensavo solo a godermi la musica”.
Sims formò il gruppo nel 1922, il chitarrista Percy Thomas, che suonava una stella dalla finitura nera e il Kazoo, lo accompagnava e cantava.
Reclutarono un suonatore di mandolino più anziano di loro (che si esibiva occasionalmente anche come cantante) chiamato Lewis Ford, proveniente da Farrel, e completarono la formazione con un paffuto bassista passato alla storia semplicemente col soprannome Pittypat (per il suono che otteneva battendo il piede nudo sul pavimento), il quale tra l’altro intratteneva il pubblico ballando.
Ogni primo venerdì del mese suonavano la quadriglia in un club di bianchi al Riverside Hotel di Clarksdale.

Nel 1933, come ricordava Percy Thomas, Muddy fu ingaggiato come cantante dal gruppo di Sims – ben presto i Son Sims Four cominciarono a sfruttare anche l’abilità di Muddy con altri strumenti.
La sua armonica si integrava bene con la sonorità del gruppo, e anche la chitarra: insomma, possedeva la sua chitarra e stava imparando rapidamente. “Suonavamo nei Juke Joint, alle feste, alle cene con pesce fritto del sabato sera, 3 o 4 volte l’anno andavamo a suonare persino in qualche party organizzato da bianchi”, diceva Muddy. “Al mio padrone piacevano quel tipo di cose, quando dava una festa mi chiamava a suonare per lui.
A volte chi organizzava feste a base di pesce fritto non aveva abbastanza denaro per pagare tutti i 4 o 5 componenti del gruppo: Bisognava andarci in due, allora andavamo a suonare solo io e Sims, oppure, se c’era posto per 3, Sims si faceva accompagnare da me e Lewis Ford.
Poi qualche suonatore di armonica si univa a noi per una Jam Session – ci si divertiva un sacco”.

Il 1 Maggio del 1935, all’età di 22 anni, Muddy ebbe la sua prima figlia, Azalene – la madre era Leola Spain. “Era una piccola ragazza di campagna dalla pelle bruna”, diceva Magnolia Hunter, “piuttosto minuta, piccolina”. “Era ancora una ragazzina”, ricordava il cugino Elve – “Ben fatta, alta circa 1Mt e 55Cm, bei capelli – non doveva avere più di 16 anni.
Muddy se le cercava giovani e belle – gli sono sempre piaciute così le donne, per tutta la vita.
Leola era sposata con un uomo chiamato Steve, ma usciva con un certo Tuker, il marito li sorprese insieme – la faccenda incominciava a imbrogliarsi”. In questa storia, Muddy era nel mezzo, Mabel stanca di essere messa da parte, lasciò Muddy senza nemmeno preoccuparsi di chiedere il divorzio, e se ne andò a Chicago.
Pur essendosi stabilito definitivamente a Chicago, dove acquistò una casa in cui visse per vent’anni con un’altra moglie (e con svariate altre donne di contorno), Muddy non interruppe mai i contatti con Leola.
Lei lo seguì a Chicago, e nel suo trasferimento da un quartiere all’altro della città. “C’è sempre stato un legame particolare tra di loro”, diceva Amelia “Cookie” Cooper, nipote dei due, “Per tutta la vita, fino alla sua morte – è sempre rimasto molto legato a mia nonna per la figlia che avevano avuto insieme, e quando è nata una nipote il vincolo è diventato ancora più stretto”.
Tra tutte le donne che Muddy ha scelto e poi scartato, Leola è stata l’unica con cui abbia mantenuto un’amicizia durata tutta la vita.
Mentre Muddy diventava più bravo e acquisiva fiducia in se stesso, molti suoi amici e conoscenti registravano dischi.
Tommy Johnson cominciò a incidere nel 1928, mentre Robert Nighthawk apparve per la prima volta su disco accompagnando Big Joe WilliamsThe Chatmon Brothers, Skip James – i suoi compagni di avventura, gli amici coi quali distillava il Whisky – erano ormai dei musicisti da studio.

Muddy aspirava alla popolarità di Leroy Carr, senza rinunciare alla forza d’urto di Son House, ma insisteva che voleva avere una sua identità precisa.
Sentiva che era possibile assimilare le influenze di altri artisti per creare qualcosa di unico.
Aveva l’esempio di uno che era vissuto non molto lontano da lui: Robert Johnson.

Le 2 sessioni di registrazione di Robert Johnson, avvenute prima che fosse assassinato nel 1938, lo avevano reso il più popolare tra gli artisti Blues della prima generazione.
Nato, cresciuto e morto nel Delta del Mississippi, la sua leggenda, anche mentre era ancora in vita, era nata dalla sua immediata capacità di suonare: si diceva che avesse stretto un patto col diavolo.
La fama di Johnson è dovuta all’assoluto dominio della forma, alla maestria con cui confezionava canzoni da 3 minuti!.
Ognuno dei 29 brani che costituiscono il suo lascito è accuratamente cesellato – un ritornello che cattura, un testo suggestivo, l’insieme del pezzo – una consapevole ricognizione del processo di registrazione, dei suoi limiti, delle sue possibilità.
Riciclava melodie e parole, a volte quasi un’intera canzone, ma trasformandole in creazioni che erano solo sue, manifestazioni straordinariamente appassionate che gli sono sopravvissute attraverso le generazioni.
Johnson, suonava e venne assassinato prima che Muddy si sedesse di fronte a un microfono, ma appartenevano alla stessa generazione, entrambi discendevano direttamente da Charlie Patton – attraverso Son House. “Amavo la (sua) musica” diceva Muddy.
L’ho ascoltato per la prima volta quando è uscito Terraplane, credo che sul retro ci fosse Walkin’ Blues – ho sempre seguito i suoi dischi, a mano a mano che uscivano”.
Muddy l’aveva incontrato una sola volta, in una strada di Friar’s Point, ed era stata un’esperienza sconvolgente. “La gente si affollava intorno a lui e anch’io mi fermai per dare un’occhiata, ma poi sono tornato subito in macchina e sono ripartito, perché era un uomo pericoloso…e sapeva far cantare la sua chitarra. Sono sgaiattolato via e mi sono levato di torno, era troppo per me”.
Erano poche le registrazioni con destinazione discografica realizzate nel Delta; In genere i musicisti venivano portati a Chicago, o sulla costa orientale, oppure a Grafton, nel Wisconsin.
Alcune etichette discografiche facevano le sedute di registrazione in alberghi, a Memphis, a Jackson, a Dallas.
Muddy come la maggior parte degli abitanti del Delta, faceva occasionali escursioni a Memphis, la città più grande della regione – lì nella zona della città che si affaccia sul Delta, c’era Beale Street – la Harlem del sud – dove avvocati e dentisti neri offrivano i loro servigi accanto ad allibratori e prostitute.
Al centro di Beale Street c’era un parco, c’erano musica e gioco d’azzardo dappertutto, nei weekend vi si teneva un mercato all’aperto dove si poteva trovare di tutto, roba fresca di giornata: Frutta, liquori, donne, droga. “Durante la settimana era più difficile trovare la frutta”.
“Memphis”, diceva Muddy, facendo seguire una pausa che sottolineava le enormi dimensioni della città – M-E-M-P-H-I-S, l’unica parola che sono in grado di scrivere, mentre non so fare neppure lo spelling di Clarksdale.
Memphis era a nord – Beale Street era la strada dei neri – andare a Memphis era quasi come arrivare in California.
Per andare in auto a Memphis bisognava darsi il cambio a guidare: ‘Guida un po’ tu, io sono stanco’.
La strada non era molto ben messa e i pneumatici non erano mai in buone condizioni, a volte io e Son Sims, andavamo a Memphis solo per tornare indietro e raccontare: ‘Ieri sera siamo stati a Memphis’.
Ma…per quanto grande potesse essere Memphis, Chicago era tutta un’altra cosa. “Una volta venne a trovarmi Robert Nighthawk e mi disse che stava per andare a Chicago per fare un disco”, diceva Muddy. “Mi fa: ‘perché non vieni con me, magari possiamo suonare qualcosa insieme’. Io pensai: ‘Ragazzi, questo tipo mi sta prendendo in giro, non è possibile che vada veramente a Chicago’. Pensavo che andare a Chicago era come andare fuori dal mondo – alla fine è partito, e quando ci siamo incontrati di nuovo (1937), aveva pubblicato un disco”.
Verso il 1938, quando aveva 25 anni, la reputazione di Muddy si era diffusa in una zona più vasta; era conosciuto sopratutto per la sua interpretazione di “Bluebird Blues”, che aveva imparato dal più recente disco di Sonny Boy Williamson, quello dove Big Joe Williams suonava la chitarra.
Muddy suonò a Friar’s Point per un tizio che gli insegnò a truccare le automobili, poi suonò al Trump Club di Clarksdale – dove si vendevano al pubblico (Tamale) e fette di anguria. “Ormai ero maturo per cominciare a suonare per i bianchi”, diceva Muddy. “Suonavo all’emporio di Howard Stovall per quegli addetti (all’agricoltura della contea). Facevo roba ballabile per bianchi, potevi passare tutta la serata a suonare Walzer – poi gli facevi qualche pezzo un po’ più vivace e chiudevi con “Sittin’ On Top Of The World” per farli contenti”.

A quel punto un po’ come quando il suo ragazzo giocava ancora nel fango, la nonna di Muddy fu costretta a rassegnarsi alla lontananza del nipote. “Mia nonna diceva che dovevo smettere di suonare, che dovevo andare in chiesa – alla fine le ho detto chiaramente che quella era la mia strada, che era quello che volevo fare.
Allora si è resa conto che era inutile continuare a menarmela su quell’argomento – eppure, nonostante qualche occasionale escursione in città, il mondo di Muddy rimaneva limitato alle zone boschive del Delta. “Muddy è rimasto a lungo in campagna”, diceva Honeboy Edwards, che aveva girovagato in lungo e in largo. “Al massimo arrivava a Clarksdale, il posto più movimentato in cui era stato”.
Alla fine degli anni ’30, quando il tendone in cui si teneva lo spettacolo di Silas Green arrivò a Farrell, quasi 5Km a sud di Stovall, Muddy partecipò.
Era uno spettacolo itinerante, un’attrazione di primo piano, una cultura estranea che portava nuove idee.
A differenza delle esibizioni degli imbonitori, in cui la musica era semplicemente un mezzo per attirare la folla a cui vendere Elisir dall’alto contenuto alcolico, lo spettacolo di Silas Green era condotto da professionisti, uno show costruito intorno alla musica – i suoi artisti non contavano esclusivamente sulle mance, ma avevano una paga regolare (o quanto meno una promessa di riceverla).
Si trattava di uno spettacolo itinerante: lontano dalla città, fuori dalla piantagione – ma il contratto di Muddy con Silas Green rimase limitato a Farrell. “Non ho seguito lo spettacolo, ho suonato con loro solo per una serata o due, eravamo 5 o 6, abbiamo fatto un sacco di casino”.
Anche se avesse voluto muoversi, Muddy era incerto sulla destinazione da scegliere. “Ho cominciato a chiedere a qualche mio amico che era stato a Chicago: ‘potrei combinare qualcosa con la mia chitarra? ‘Nooo, lì non ascoltano quel genere di vecchio Blues che stai suonando tu, nessuno ascolta roba del genere, almeno - non a Chicago.
Infatti, Chicago era ancora una città influenzata dal Jazz, abituata ad arrangiamenti sofisticati – La Bluebird, un etichetta sussidiaria della RCA con sede a Chicago che mirava a un pubblico di neri, verso il 1933 aveva cominciato a scritturare alcuni alfieri del Blues più grezzo, ma il punto focale dei suoi interessi (e dei suoi successi) era un genere più morbido, con venature di Ragtime, un Blues piuttosto “Ripulito”.
Artisti come Tampa Red, il primo Sonny Boy Williamson e Big Maceo Merryweather suonavano un Blues più veloce e ballabile: I dischi di Robert Johnson avevano trovato un pubblico, ma i compratori erano gli appassionati di Blues più che i Fan della musica leggera.
La diffusione del jazz, rifletteva la penetrazione della cultura Afroamericana in settori sempre più ampi della società americana.
Poi c’era St. Louis, dove secondo un detto popolare. Il Blues cambiava andatura [stride, in inglese, N.d.t].
Il proverbio era particolarmente calzante, non solo per lo stile – stride piano - molto popolare da quelle parti, ma anche per la posizione della città.
Durante la grande migrazione, quando le popolazioni del sud tendevano a trasferirsi a Nord in cerca di migliori condizioni di vita, passare a St. Louis significava aver compiuto un bel passo in avanti.

St. Louis, situata tra Memphis e Chicago, era una grande città – più industriale di Memphis, ma non opprimente come Chicago, e aveva una sua città nera all’interno della città: East St. Louis.
St. Louis era allo stesso tempo familiare e scoraggiante, rinvigoriva il viaggiatore con un brivido è un’eccitazione nuovi; Aggiungeva un po’ di vivacità al suo passo, un po’ più di vigore alla sua andatura.
Muddy sapeva che molti grandi artisti Blues erano di casa a St. Louis; Tra gli altri - Lonnie Johnson, Big joe Williams, Roosvelt Sykes, Peetie Wheat Straw (il genero del diavolo), e Charley Jordan.

A St. Louis viveva il pianista Walter Davis, del quale Muddy aveva quasi tutti i dischi. Se “Andare a Chicago era come andare fuori dal mondo”, St. Louis era l’ultima fermata all’interno della stratosfera di Muddy.
Era concepibile, raggiungibile, possibile – così Muddy si avventurò in un viaggio di esplorazione che lo portasse lontano da casa, ma non del tutto fuori dal suo mondo.
“Nel 1940 sono andato a stare a St. Louis per un periodo”, diceva Muddy, “è non mi è piaciuta”.
Durante il suo primo approccio al modo di vivere fuori dal Delta del Mississippi sentì la gente parlare con uno strano accento del Midwest e conobbe una città dove regnava una mentalità più aperta sulle relazioni interrazziali, anche se molti atteggiamenti pseudo-schiavisti del Mississippi vi erano comunque ancora radicati, ma… probabilmente, l’aspetto più frustante dell’esperienza vissuta da Muddy era rappresentato dal fatto che non era stato preceduto dalla sua fama e che, dal punto di vista musicale, era costretto ogni volta a dar prova della sua abilità. “Diceva di avere incontrato Henry Townsend, laggiù, e qualche altro musicista”, ricordava Jimmy Rogers, uno dei primi amici che Muddy si fece una volta trasferito a Chicago. “Ci era andato semplicemente per dare un’occhiata intorno, spassarsela un po’ e prendere contatti con qualcuno”.
“A St. Louis ho cercato di procurarmi da vivere facendo il musicista”, diceva Muddy. “Ci sono rimasto circa un paio di mesi, ma non trovavo abbastanza lavoro con la mia chitarra e allora me ne sono tornato a Clarksdale”.

Clarksdale era un luogo familiare, ma dopo l’esperienza a St. Louis non poteva non sembrargli ancor più piccola e isolata.
Gli spettacoli itineranti gli avevano fatto un cenno d’invito e lui aveva lasciato correre.
La città di St. Louis gli aveva aperto le braccia, e lui se n’era infischiato – ma, Muddy a quanto pare…non era mai soddisfatto.


Fine III Parte
Davide De Blasio
15-04-2010







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