L'Iran tra guerra e rivoluzione.

Versione Completa   Stampa   Cerca   Utenti   Iscriviti     Condividi : FacebookTwitter
cane...sciolto
00giovedì 6 luglio 2006 20:33
L'Iran tra guerra e rivoluzione.


Nel 1914 allo scoppio del primo conflitto mondiale, il governo di Teheran dichiarò la propria neutralità. Tuttavia l'importanza geostrategica del teatropersiano determinò ugualmente il suo coinvolgimento nel conflitto, sebbene come teatrro secondario.
Una situazione che si sarebbe ripetuta anche nel 1941. L'intervento ottomano, nell'ottobre del 1914, a fianco degli Imperi centrali allargò il conflitto europeo allo scacchiere mediorientale, alle regioni del Caucaso, con l'occupazione turca dell' Azerbaijan iraniano. Mentre Turchia e Russia si fronteggiavano nel Nord, Londra e New Delhi decisero l'invio di un corpo di spedizione anglo-indiano dapprima a Bassora , nel vicino Irak, e poi in Persia. Sulla decisione di Londra, ma ancor più su quella del Raj britannico, pesava l'esigenza di tutelare le concessioni petrolifere della Anglo-Persian Oil Company (APOC) . Concessioni come ebbe a ricordare il quotidiano indiano "The Hindu" nel 2003, sviluppate con sostanziale contributo "finanziario e di forza lavoro" di New Delhi.

La nuova spartizione anglo-russa.
Nel 1915 tra Londra e Pietroburgo venne siglato un nuovo trattato, questa volta segreto, per la spartizione della Persia. Rispetto a quello del 1907 veniva meno il riconoscimento formale di una indipendenza iraniana. La sfera d'influenza britannica veniva estesa dal Sud sino alla "zona neutrale" al centro del paese. Alla Russia veniva concessa mano libera nella propria sfera d' influenza, nel Nord. Come compensazione Pietroburgo avrebbe ottenuto il controllo di Istambul e degli Stretti, il Bosforo e i Dardanelli, tradizionale obbietivo russo nel corso de XIX secolo. Con il nuovo trattato Londra puntava a garantirsi la trasformazione della Persia centro-meridionale in un protettorato alla fine del conflitto. Un destino simile a quello riservato alla Mesopotamia.

Il "mantello verde" del Kaiser.
Sin dalla fine del XIX secolo la penetrazione economica e commerciale tedesca nei territori ottomani era stata letta con preoccupazioni dall'establishment britannico, in particolare dagli ambienti del cosidetto Arab Bureau del Foreign Office.
In ambito britannico era paventato il ricorso, da parte tedesca, alla cosidetta "carta islamica" per sobillare insurezioni tra popolazioni musulmane nei territori coloniali di Francia e Gran Bretagna. Per lo storico americano David Fromkin, autore del libro "Una pace senza pace", il timore per un ricorso tedesco ad una "jihad panislamica" dichiarata dal Sultano ottomano fu tra i fautori che indussero Londra a rovesciare due secoli di politica estera in merito alla "questione orientale" ripudiando il sostegno all'integrità dell' Impero ottomano ed inserendo la sua spartizione tra gli obiettivi di guerra. Una sintesi ed una popolarizzazione dei timori britannici ed una giustificazione della politica di spartizioni venne data alle stampe nel 1916 con il romanzo "Greenmmantle" ("Mantello verde") ad opera del giornalista e consigliere di Lloyd George, John Bucham.
L'ingresso in guerra della Turchia consentì ai vertici politici e militari della Germania guglielmina di sponsorizzare una strategia di questo tipo. Tuttavia per lo storico militare americano Robert Asprey, autore di uno studio sulla condotta di guerra tedesca nel 1914-18 ("L'alto comando tedesco"), l'ottica era quella di una "strategia della diversione": minacciata con mezzi limitati -il Deutsche Asien-Korps inviato a combattere al fianco degli ottomani in Palestina, Turchia e Mesopotamia e l'uso della propaganda- i possedimenti coloniali delle potenze dell'intesa, per distogliere forze dal fronte occidentale. Una strategia tedesca che si combinò con quella "periferica" propugnata dall' Arab Bureau e da Winston Churchill, allora Primo lord dell' Ammiragliato e che ebbe come sbocco la disastrosa campagna di Gallipoli e l'allargamento del conflitto al Medio Oriente e alla Persia. Per Niall Ferguson, storico ed economista britannico, la diversione tedesca ebbe "pieno successo", determinando una sovraestensione dello sforzo militare britannico. Ma l'appello alla jihad ebbe esiti assai più modesti. Se le attività in Persia dell'agente tedesco Wassmuss. "il Lawrence d' Arabia del Kaiser", determinaro qualche insorgenza tribale contro la Gran Bretagna nel Sud, "i secoli di esperienza in Oriente" di Londra, sottolinea Ferguson, furono più decisivi nel sollevare il nazionalismo arabo contro gli ottomani. La Germania sostenne anche il governo nazionalista, composto da esponenti della fallita rivoluzione costituzionale del 1906, che si era costituito a Tabriz. Nel 1915-16 una parte di questo governo dovette lasciare l' Iran per effetto della nuova avanzata russa e trovare rifugio a Istambul e Berlino. Nel 1917 le forze anglo-russe ebbero definitivamente la meglio su quelle nazionaliste persiane, spartendo la Persia sulla falsariga degli accordi segreti del 1915.

La rivoluzione bolscevica ed il trattato anglo-persiano.
Fu la rivoluzione russa a scompaginare i calcoli delle Cancellerie. Il governo bolscevico, con la pace di Brest-Litovsk, decise il ritiro del contingente russo dalla Persia e la denuncia dei "trattati ineguali" imposti alla Persia. Se ciò consentì ai britannici di estendere il loro controllo sull'intero paese, un quadriennio di conflitto aveva seriamente minato l'autorità centrale di Teheran. Sia lungo le rive del Caspio che in Azerbaijan si imposero due forti movimenti nazionalisti di ispirazione socialista. Nel Sud le confederazioni tribali riaffermarono la propria indipendenza, grazie anche ai sussidi britannici. Le forze nazionaliste, appoggiate da Mosca, minacciavano di marciare su Teheran come era già accaduto nel 1906-11. Una spinta che Londra riuscì a contenere, riconoscendo nel 1918 l'autorità nazionale nell' Azerbaijan e nella regione caspica di Gilan. In ogni caso la Gran Bretagna non aveva rinunciato all'istaurazione di un suo protettorato in Persia, utile anche come "cordone sanitario" antibolscevico. L'obbiettivo venne raggiunto con il trattato anglo-persiano del 1919 che, negli auspici del nuovo ministro degli Esteri inglese lord Curzon, avrebbe assicurato a Londra il controllo amministrativo ed economico della Persia. La risposta di Mosca era l'appoggio al nazionalismo persiano, per indebolire la posizione britannica e rompere l'accerchiamento occidentale.
La politica bolscevica verso la Persia come verso l'intera Asia si rifaceva all'analisi di Lenin sulla vittoria della rivoluzione democratica cinese del 1911. Per Lenin l' Oriente aveva "finalmente imboccato la strada dell' Occidente" e "altre centinaia e centinaia di milioni di esseri umani d'ora in poi prendevano parte alla lotta per gli ideali cui l' Occidente è giunto con le sue fatiche". A differenza della "putrefazione imperialista" occidentale, per Lenin in Asia esisteva una borghesia ancora "degna compagna dei grandi maestri e rivoluzionari della fine del XVIII secolo in Francia". Ciò si tradusse in un sostegno alle rivoluzioni democratico-borghesi, in particolare in Cina, India, Turchia e Persia nel periodo postbellico. Sia a giudizio di Edward H. Carr nella sua disamina della rivoluzione d' Ottobre che in quella di Louis Fischer ne "I soviet nella politica mondiale", tale sostegno mirava anche a rompere il cordone di "Stati cuscinetto" che il Foreingn Office puntava a creare, in senso anti-bolscevico, dal Medio Oriente all' Asia Centrale e a minare l'influenza britannica nella regione. L'atteggiamento bolscevico, riconoscono gli storici Ansari e Keddie, fu uno dei principali fattori ad alimentare l'opposizione nazionalista, sia radicale che conservatrice, al trattato del 1919. Inoltre né la Francia né gli USA avevano visto di buon occhio l'estensione del dominio britannico all'intera Persia e ancor meno la posizione di monopolio sulle risrve petrolifere del paese.

L' ascesa di Reza Khan.
Pur divisa tra conservatori e radicali, l'opposizione nazionalista al trattato del 1919 si rilevò troppo forte determinando la caduta del governo filobritannico a cui fece seguito l'instaurazione di un governo nazionalista moderato, che ripudiò il trattato. Teheran, utilizando la brigata di cavalleria cosacca, l'unica forza militare di qualche consistenza a sua disposizione, posta sotto comando britannico, riuscì a reprimere il nazionalismo azero, ma non quello di Gilan, il quale però risultava indebolito dalle sue divisioni interne.Teheran, tuttavia, cercò di sottrarsi all'abbraccio britannico rivolgendosi, per riequilibrare il peso di Londra, a Washington. Sin dall'agosto del 1920, sottolinea la storica Nikki Keddie, il Dipartimento di Stato USA aveva istruito il suo rappresentante a Teheran affinchè facesse pressioni per l'instaurazione di una politica "porta aperta" in Iran. Per Washington "il monopolio della produzione di materie prime essenziali, come il petrolio, tramite concessioni esclusive a altri accordi" era "contrario al principio dell'equo trattamento dei cittadini di tutti i paesi stranieri". Teheran, oltre a richiedere un prestito americano, desiderava ottenere dei consiglieri per i suoi ministeri ed un "manager statunitense" per la Banca centrale, in cambio di concessioni in ambito petrolifero e nei trasporti. Nel contempo il governo iraniano cercò anche di normalizzare le relazioni con Mosca tramite un trattato di amicizia. Per la Keddie la aperture di Theran verso Washington e Mosca ebbero come risultato di indurre Londra a rinunciare alla linea del protettorato. A fronte del permanere di condizioni caotiche e di spinte centripete in Persia, esse orientarono Londra su quella che lo storico Alì Ansari definisce "l'opzione di riserva", la quale doveva risolvere "la questione persiana ad un costo minimo" per la Gran Bretagna e proteggerne gli "interessi strategici, principalmente in India". Londra vide con favore la decisione di Reza Khan, comandante della brigata cosacca, di marciare su Teheran nel febbraio 1921 e rovesciare l'esecutivo, imponendo allo scià di accettare quello guidato dal filobritannico Sayyid Zia. Nel successivo quinquennio Kan, il rozzo ufficiale di cavalleria originario della regione del Caspio, si sarebbe affermato come il vecchio uomo forte dell' Iran, arrivando a fondare una nuova dinastia per il trono del Pavone e assumendo il ruolo di salvatore della patria iraniana. Ma, come sottolinea Ansari, pur vantando delle credenziali nazionaliste, il gioco di sponda agli interessi britannici avrebbe posto, sin dall'inizio, un "dubbio di legittimità" sulla dinastia Pahlavi agli occhi dell'opinione iraniana.

G. D. "Lotta Comunista" maggio 2006
Questa è la versione 'lo-fi' del Forum Per visualizzare la versione completa clicca qui
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 11:58.
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com