Con due elettrodi nel cervello si risveglia dopo sei anni

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vanni-merlin
00giovedì 19 ottobre 2006 19:35

Usa, team di medici interviene su un 38enne con danni cerebrali per un'aggressione
Rispondeva a domande e comandi solo attraverso i movimenti di un pollice

Con due elettrodi nel cervello si risveglia dopo sei anni

Lentamente ha ricominciato a nutrirsi autonomamente
formulare frasi sensate e riconoscere le immagini


di GIOVANNI GAGLIARDI

ROMA - Per sei anni è vissuto in uno stato semivegetativo a causa dei danni cerebrali riportati in seguito ad un'aggressione. Ora è tornato a muoversi e a parlare grazie a due elettrodi che, impiantati profondamente nel cervello, hanno fornito una stimolazione elettrica. Il caso, presentato al meeting annuale della Society for Neuroscience a Atlanta, riguarda un uomo di 38 anni che solo occasionalmente rispondeva a domande e comandi attraverso movimenti del pollice.

L'esperimento negli Usa ha richiamato l'attenzione sui 100-200.000 americani che si trovano in uno stato di coscienza parziale, ma allo stesso tempo riapre una questione etica non di poco conto: la possibilità del paziente di acconsentire consapevolmente all'intervento.

I medici del NewYork-Presbyterian/Weill Cornell, del JFK Johnson Rehabilitation Institute di Edison e della Cleveland Clinic Foundation hanno inserito due elettrodi nel talamo dell'uomo, un'area sotto la corteccia cerebrale che svolge una funzione da 'interruttore' di diverse funzioni tra cui il risveglio, l'attenzione e le emozioni. Gli elettrodi sono stati connessi con una sorta di pacemaker impiantato sotto la clavicola. Una volta trovata la giusta intensità di stimolazione, il 38enne ha cominciato a mostrare progressivi miglioramenti: pian piano ha acquisito la capacità di nutrirsi autonomamente, di formulare frasi sensate, di riconoscere il significato di immagini che gli venivano proposte.

Il paziente, spiegano i medici, è stato scelto per alcune sue peculiarità: era particolarmente cosciente e le sue condizioni erano stabili da anni. Inoltre alcuni esami avevano evidenziato che le aree del cervello preposte al pensiero erano significativamente integre. I traumi cranici spesso comportano un'interruzione completa delle connessioni nervose, ma talvolta alcuni 'circuiti' possono tornare a funzionare se opportunamente stimolati.

I medici hanno usato a lungo questa tecnica per trattare la rigidità e i tremiti del Parkinson. Inoltre è stata sperimentata negli anni scorsi su alcune persone con traumi al cervello, compreso Terri Schiavo, la donna della Florida morta l'anno scorso dopo che il suo tubo d'alimentazione era stato rimosso. Ma i risultati non erano stati incoraggianti. Il nuovo caso fornisce la prima prova convincente che il trattamento può essere utile per alcuni pazienti. "Penso che questo intervento chirurgico probabilmente sarà uno dei trattamenti che potremo offrire a quelle persone che presentano una certa probabilità di recupero" ha commentato il dottor James L. Bernat, professore della neurologia alla scuola medica di Dartmouth.

"Anche se questo è un primo passo, è di grande importanza, perché dimostra che vale la pena studiare questo metodo terapeutico - ha detto il dottor Steven Laureys, neurologo all'università di Liegi in Belgio - posso sperare soltanto che altri casi confermino questo risultato, perché se dovesse rivelarsi sbagliato, vedremmo l'intera idea tornare nuovamente in frigo e restarci a lungo".

(19 ottobre 2006)


da: www.repubblica.it/2006/c/sezioni/scienza_e_tecnologia/cervello/elettrodi/elettr...

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