CUBA IN CIFRE

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Alberto di sinistra
00giovedì 28 aprile 2005 11:36
In nome della libertà, della democrazia e dei diritti umani, gli Stati Uniti attaccano l'Iraq e utilizzano queste bandiere macchiate di menzogne e di torture che oggi scandalizzano il mondo, per continuare a preparare l'ambiente adatto a facilitare l’attacco a Cuba e al Venezuela.

Alcuni esperti dei mezzi di comunicazione tradizionali dicono che questa pressione è una pura messa in scena e che è in relazione alla campagna elettorale che si sta vivendo negli Stati Uniti e che Bush ha bisogno di creare certe situazioni politiche che gli permettano di farcela in un modo meno sporco rispetto alla precedente contesa elettorale. Altri affermano che è un piano dei falchi, l'ala destra più reazionaria di Washington e del Pentagono, elaborato con molto anticipo e che hanno considerato che adesso è il momento adatto per metterlo in pratica.

Mai come oggi si è vista una così sfacciata pressione degli Stati Uniti verso tutti i Governi dell’America Latina affinché prendano contro Cuba un’identica decisione rispetto ai diritti umani o affinché si applichi la Carta Democratica dell'OEA contro il Venezuela.

A Cuba, in oltre 45 anni di guerra e di blocco, non c'è stato un solo caso di tortura, di scomparsa o di assassinio politico e non è mai stato riportato un fatto di tale entità da nessuno degli organismi internazionali. Mai è stato ammazzato un giornalista o sono stati fatti "sparire" leader sindacali e popolari.

Molto diverso è il curriculum dei regimi neofascisti sostenuti da Washington, come in Cile, in Argentina e in Uruguay, per fare diventare il Cono Sud un modello, dove sono avvenuti migliaia di assassini e di scomparse.

È sicuro. Molte volte le cifre sono più dirette delle parole.

A Cuba l'analfabetismo è dello 0.2 % mentre quello dell'America Latina è dell’11.7 %.
Il tasso di mortalità infantile è a Cuba del 6.2 per mille e in America Latina del 32 per mille.
La speranza di vita alla nascita è di 76.5 anni a Cuba e di 70 anni in America Latina.
Il tasso di educazione elementare a Cuba è del 100 % e in America Latina del 92 %.
Quello della scuola media è a Cuba del 99.7 % e in America Latina del 52 %.
Mentre il 100 % dei bambini a Cuba va a scuola come in un collegio (insegnamento, vitto e studio), solo il 76 % dei bambini latinoamericani ottiene questo.

In America Latina il 12 % della popolazione è analfabeta, ossia ci sono 42 milioni di analfabeti e 110 milioni di giovani che non sono riusciti a finire l'educazione di base. Nessuno di loro è cubano.

Oggi nel mondo ci sono 860 milioni di persone completamente analfabete. Nessuno di loro è cubano.

Ogni 100.000 abitanti, Cuba conta su 590 medici mentre l'America Latina ne ha 160. Cuba è il paese che ha il più elevato numero di medici per abitante nel mondo.

Cuba, secondo l'UNESCO, ha il tasso più basso di analfabetismo e il più alto grado di scolarizzazione dell'America Latina.

L'UNESCO, nel 1999, nella relazione sull'educazione in 13 paesi dell'America Latina pone Cuba al primo posto in tutte le materie. Su 11 milioni di abitanti, a Cuba più di 500 000 hanno il livello di laurea universitaria e attualmente vi sono quattro milioni di studenti.

Nel 2003 la CEPAL ha segnalato che in America Latina e nei Caraibi vi sono 102 milioni di esseri umani in completa indigenza, vale a dire il 20 % della popolazione. Nessuno di loro è cubano.

In Honduras circa il 67 % degli abitanti patiscono la più brutale miseria. In America Latina, 54 milioni di latinoamericani patiscono la malnutrizione. Nessuno di loro è cubano.

In Messico il 34 % dei bambini minori di cinque anni è colpito da una malnutrizione cronica. In Guatemala questo valore raggiunge il 50 %. Nel mondo ogni sette secondi un bambino di meno di dieci anni muore di fame. Nessuno di loro è cubano.

Secondo la FAO, 842 milioni di persone soffrono di malnutrizione cronica. Nessuna di loro è cubana.

Di quali diritti umani parlano gli Stati Uniti? Sarà per caso dei diritti denunciati da Cheri Honkala, direttrice dell'Unione Pro-Diritti di Benessere di Kesington, quando ha segnalato che negli Stati Uniti oltre 80 milioni di poveri non possono usufruire dei programmi di benessere sociale e 42 milioni di loro non hanno nessuna copertura sanitaria.

Il Venezuela è un altro degli obiettivi degli Stati Uniti forse per due aspetti essenziali, da una parte il petrolio e dall'altra il cattivo esempio di un Governo con grande sostegno popolare all’interno e all’esterno.

Il Governo di Hugo Chávez Frías, calunniato dai mezzi di diffusione del suo paese e da quelli internazionali, si era proposto di eliminare l'analfabetismo nel 2005.

Ma ha fatto prima e circa alla metà luglio di quest’anno daranno la buona notizia al mondo che il Venezuela sarà come Cuba, un territorio libero dall’analfabetismo. In giugno raggiungeranno, attraverso il ‘Progetto Robinson’, la cifra record di 1.500.000 venezuelani che hanno imparato a leggere e a scrivere.

Pensava anche di estendere l’insegnamento elementare a tutti nel 2005 e l’otterrà già nel 2004.

Mentre scrivo questo articolo, il ‘Progetto Dentro il Quartiere’ ha raggiunto oltre 36.000.000 di consulti gratuiti, 25.000.000 nei centri della salute di ogni quartiere e 11.000.000 nella stessa casa degli infermi con assistenza medica e medicine gratuite.

Con questi esempi a Cuba e in Venezuela, dove l'essere umano è l’elemento prioritario, chi vogliono punire per violazione dei diritti umani?

I Governi che recentemente hanno votato contro Cuba in relazione ai diritti umani, perché non si guardano in uno specchio retrovisore e osservano la triste realtà dei loro stessi paesi.

Nel frattempo i mezzi di comunicazione negano e distorcono la verità. Mostrano al mondo solamente le virtù del consumismo alienante.

Mentre scrivevo questi concetti, che sono lontani dall’essere un articolo, mi è venuto in mente un graffito che ho letto su un muro di Buenos Aires quando il neoliberismo ha spennato l'Argentina dopo un decennio di promesse e di menzogne. "Ci stanno pisciando addosso e ci dicono che sta piovendo".


Herman
00giovedì 28 aprile 2005 22:28
Excelente, muy bueno.-
Grande muy buenos datos.-
Genial!!!!!!!!!!!!!!![SM=g27768]
PeppinoRC
00giovedì 28 aprile 2005 23:15
Re:

Scritto da: Alberto di sinistra 28/04/2005 11.36
In nome della libertà, della democrazia e dei diritti umani, gli Stati Uniti attaccano l'Iraq e utilizzano queste bandiere macchiate di menzogne e di torture che oggi scandalizzano il mondo, per continuare a preparare l'ambiente adatto a facilitare l’attacco a Cuba e al Venezuela.







In nome della libertà, della democrazia e dei diritti umani, i Comunisti in Italia festeggiano il 25 Aprile ed utilizzano queste bandiere macchiate di menzogne e di torture che oggi scandalizzano il mondo, per continuare a preparare l'ambiente adatto a farli salire al potere.


tre giorni fa era 25 APRILE anniversario della LIBERAZIONE ITALIANA falle forze nazi-fasciste avvenuta 60 anni ed un giorno fa.
Una festa ITALIANA dopo una liberazione ITALIANA scaturita dal popolo.
Le forze di RESISTENZA non erano forze nè di SINISTRA nè COMUNISTE e fa proprio SCHIFO invece di vedere la BANDIERA TRICOLORE che è il simbolo e l'emblema di questa festa, vedere bandiere ROSSE, bandiere con falce e martello che nella storia hanno solo ucciso e distrutto, anche all'interno della Resistenza e delle Lotte Partigiane ( vedi le FOIBE).
Questa festa sta diventando una festa di SINISTRA e si dimentica che:
1) la liberazione è scaturita dalla guerra CIVILE di forze ANTIFASCISTE Italiane di destra, di centro e di sinistra
2) senza il supporto AMERICANO gli Italiani della Resistenza non ce l'avrebbero mai fatta.

Visto nell'ottica di quello che è davvero, il 25 APRILE è un grande giorno per la nostra Nazione e dobbiamo festeggiarlo come tale.
Ma l'altro giorno sembrava la "GIORNATA ROSSA" in tutte le nostre piazze, questo non può che farmi provar ribrezzo e preoccupazione.


e mi fermo qui...altro che cuba[SM=g27785] [SM=g27785]

yuri
00mercoledì 4 maggio 2005 15:03
cuba in cifre
perchè allora leggo sui giornali di gente che fugge da cuba?
perchè leggo sui giornali che giornalisti sono incarcerati?
perchè leggo sui giornali che la libertà di espressione e religiosa sono negati?

anche in unione sovietica tutti andavano in università, tutti avevano un lavoro, tutti avevano l'assistenza sanitaria, tutti avevano tutto...........non mi pare che siano andati benissimo per usare un eufemismo.

io vedo nell'est europeo un mondo un po' diverso dal nostro.
visto di persona.
ho visto la distruzione materiale e soprattutto morale.

avevano tutto ma non avevano nulla.

in nord corea che mi dici? in cina che mi dici? nei paesi africani retti da dittature comuniste che mi dici?

grande peppino almeno un altro che inorridisce per queste manipolazioni.
Alberto di sinistra
00giovedì 5 maggio 2005 11:43
perchè?
Yuri, poni domande legittime che meritano una risposta:
1)perchè leggi che vi è chi fugge da Cuba?
innanzi tutto devi sapere che Cuba e USA hanno sottoscritto un accordo migratorio che da diritto a 20mila cubani ogni anno di andare legalmente negli stati uniti, purtroppo pero' il governo yankee ignora gli accordi presi preferendo utilizzare strumentalmente l'esasperazione di chi, vista negatagli per l'ennesima volta dagli stati uniti la visa ( ossia il permesso di entrata...), si avventura nelle pericolose acque tra l'isola e la florida. A conferma di cio' basta verificare il fatto che anche nel 2004 sul totale delle richieste di visto d'ingresso presentate da cittadini cubani al governo USA, ne sono state accettate solo il 2 per cento. Un ulteriore argomento da affrontare e da conoscere, per evitare le figuracce..., è la Ley de ajuste cubano, legge varata dal governo USA. Questa legge prevede che i cittadini cubani, e solo loro, se riescono a toccare il suolo degli USA hanno diritto alla cittadinanza. si badi bene: solo se toccano il suolo! se vengono pescati in mare vengono rimandati indietro. per spiegarci sarebbe come se noi avessimo una legge per cui se i tunisini toccano le nostre coste hanno diritto alla cittadinanza. questa è una legge assassina che specula sulla pelle della gente e incita all'emigrazione clandestina, visto che quella legale è bloccata come ho spiegato sopra.
Aggiungo che potrei chiedere perchè non si legge sui giornali che alcune centinaia di giovani USA dei quartieri poveri, grazie all'interessamento di alcuni sacerdoti, tra i quali ricordo padre Lucius Walker, studiano nella Escuela latinoamericana de ciencias medicas all'Havana, insieme a migliaia di ragazzi latinoamericani a cui Cuba e la sua Revolucion consentono di studiare gratuitamente.
2) perchè leggi che a Cuba i giornalisti sono incarcerati?
Basterebbe risponderti che il governo USA stanzia ogni anno decine di milioni di dollari per finanziare le campagne mediatiche contro Cuba. Voglio pero' aggiungere che a Cuba non vengono incarcerati i giornalisti, ma quanti agiscono per conto degli USA per fomentare la violenza. Ne fu buon testimone il dottor Nestor Baguer, alias agente Octavio, che per 40 anni ha agito come infiltrato tra questi traditori fino a ricoprire per lunghi anni la carica di presidente dell'associazione giornalisti indipendeti di Cuba. Le testimonianze di Baguer, fino al giorno prima osannato dagli USA, sono state fondamentali nel processo contro i 73 presunti dissidenti.
3)perchè leggo che la liberta' religiosa è negata?
Su questo argomento la risposta piu' facile: vai a Cuba! vedrai la domenica le chiese aperte e le messe celebrate senza problemi, vedrai evangelici e cattolici e ogni altra religione professata liberamente ( fanno anche il catechismo..). Forse quello che infastidisce è il fatto che i cubani siano nella stragrande maggioranza devoti alla santeria, una religione sincretica, e quindi non assimilabili ai nostri standards; o forse, da fastidio il fatto che il governo cubano lasci libertà di culto, ma impedisca l'occupazione delle televisioni da parte di preti suore vescovi e cardinali; se così fosse credo che dovremmo prendere esempio!
Nel concludere voglio ricordare che stiamo parlando di una nazione di 11 milioni di abitanti che sopporta da 46 anni un feroce embargo economico da parte della piu' grande potenza mondiale; una nazione che ha saputo resistere con forza e dignità nonostante subisca da 46 anni una guerra fatta di attacchi terroristici che hanno causato megliaia di morti e feriti( nei quali è morto anche un cittadino italiano...) e guerra batteriologica; una nazione che nonostante tutto cio' ha raggiunto obiettivi che sono, per le altre nazioni sudamericane, ancora un sogno.
yuri
00venerdì 6 maggio 2005 12:58
mi fai sorridere.
yuri
00venerdì 6 maggio 2005 13:11
mi fai sorridere
hai mai letto solzenicyn?

prima di divulgare cifre e giudizi leggilo.

1) allora a cuba stanno tutti benissimo ma ogni hanno 20000 cubani vorrebbero lasciare l'isola.
gli usa non ci stanno e allora si verifica una emigrazione clandestina.
giusto?

una domanda mi sorge: ma se stanno così bene perchè vogliono andarsene negli usa?
io italiano non mi sogno di andare in germania o francia.
sto bene qui perchè dovrei emigrare?
se poi legalmente non posso andarmene e sto bene a casa mia perchè dovrei rischiare la vita?

curioso: lo sapevi che anche in albania il livello di istruzione ecc erano i primi del mondo?
lo sapevi che pensavano che fossero il paese più ricco e progredito del mondo?

2) quindi a cuba c'è libertà di espressione però se si critica il governo sei fondamentalmente un terrorista.
da noi si può sputare addosso al governo e non succede nulla.
da loro sono dissidenti.
quindi se la germania paga un giornalista, che altrimenti non avrebbe la possibilità di svolgere la sua funzione, è una cosa che non va bene?
mi sembrano argomentazioni strane.
chi critica il potere e non si vuole uniformare è un "terrorista". interessante.

3)libertà religiosa.
lo sai che anche in cina la libertà religiosa è garantita?
c'è solo unpiccolo problema: è libera solo se non si critica il potere.
se si osa dire una ocsa contro ilpotere sei sbattuto in galera.
questa non mi sembra libertà.
in cina c'è la chiesa di stato. i preti sono scelti dal potere ed educati per inculcare la volontà del potere.
non per dire la verità.

leggi arcipelago gulag.
poi ne riparliamo dei processi, della libertà religiosa e di opinione.
Alberto di sinistra
00venerdì 6 maggio 2005 18:35
ostinazione
purtroppo, caro Yuri, ti ostini a paragonare Cuba con l'est europeo nel tentativo di traslare situazioni che conosci su altre che ignori.
quanto poi ad alcune tue affermazioni, ti voglio ricordare che ci sono migliaia di italiani che sono costretti ad andare a cercare lavoro all'estero.
aggiungo che non sono i cubani a fornire i dati su istruzione e sanita', ma fonti imparziali come UNESCO ONU e OMS.
ti ripeto che nessuno viene incarcerato se critica il governo ma se appoggia i terroristi viene recluso.(ti ricordo cmq che in Italia vieni processato se dici "buffone" al presidente del consiglio...).
cmq io non diffondo e divulgo nulla, cito dati che tutti possono verificare, dati forniti dagli organismi internazionali. non a caso molti premi Nobel come Perez Esquivel, Rigoberta Menchu e Garcia Marquez appoggiano la causa di Cuba.
concludo informandoti che ho vissuto per 2 anni a Cuba e una parte della mia famiglia è cubana, quindi credo di parlare con cognizione di causa.
Alberto di sinistra
00venerdì 6 maggio 2005 19:08
UN ESEMPIO
La grande esportazione di
Cuba nel mondo
• Il governo dell’Isola sta formando gratuitamente 10.000
medici provenienti dai ceti più umili dei paesi poveri


Il governo cubano sta preparando come medici più di 10.000 giovani di tutto il mondo, provenienti da famiglie umili o da gruppi etnici emarginati. Per 7 anni il Programma Nazionale di Sanità li accoglie gratuitamente nell’Università Latino-americana di Medicina. Offre loro i libri e il materiale necessario, l’assistenza sanitaria, l’alloggio, il cibo e 100 pesos al mese per le spese. Dei 28.071 studenti di Medicina che ci sono a Cuba, 10.403 sono stranieri: 9.024 del continente americano e il resto dei Caraibi e dell’Africa. Ogni anno si iscrivono 1.500 allievi.

Si tratta di un’iniziativa adottata da Fidel Castro dopo il disastro umanitario provocato dagli uragani che hanno devastato l’America Centrale nel 1998. In 92 giorni la Scuola della Marina, situata in una zona dell’Avana privilegiata per essere di fronte al mare, è diventata un complesso educativo per preparare come medici i giovani latino-americani e africani, provenienti da più di 27 paesi. Quest’anno conseguirà la laurea il primo contingente.

Gli allievi vengono selezionati nei settori più umili della popolazione, cioè nelle comunità rurali e nei gruppi etnici emarginati. Ci sono anche 50 nordamericani appartenenti agli strati sociali poveri. I governi dei loro paesi non dispongono di una struttura educativa per formare chi non dispone dei soldi necessari, anche se appoggiano questo progetto cubano. Quando il Governo non lo fa, sono i gruppi di solidarietà a chiedere le borse di studio. E’ il caso del Messico, che all’inizio non si è interessato, o di paesi come El Salvador, che non ha rapporti diplomatici con Cuba. Queste ragioni non hanno mai avuto importanza per il Governo dell’Isola. Un paese poverissimo come Haiti, per esempio, conta 606 giovani in questa Università.

Al corso di 6 anni è stato necessario aggiungerne un’altro preparatorio per mettere tutti nelle stesse condizioni di partenza. Nel terzo anno i giovani vengono distribuiti nelle 21 scuole di Medicina esistenti in tutto il paese.

A Cuba ricevono una formazione come medici comunitari. Vengono formati nello spirito etico ed umanitario della Medicina. La sfida che poi dovranno affrontare sarà quella di inserirsi in un sistema sanitario neoliberale.

L’obiettivo è quello di continuare a fornire ai più poveri l’assistenza sanitaria che storicamente Cuba ha offerto negli angoli più umili e lontani del pianeta. Attualmente l’Isola ha 23.964 collaboratori della sanità, dei quali 17.013 sono medici distribuiti in 76 paesi di tutto il mondo. Gli specialisti se ne vanno volontari per un tempo che solitamente è di 2 anni, incassano lo stipendio stabilito a Cuba per un medico e un aiuto per la famiglia che lasciano nel paese. Il paese che li riceve deve solo collaborare al mantenimento del professionista. Nell’Isola una delle attività di maggiore riconoscimento sociale è aver partecipato come medico in queste campagne di solidarietà.

Gli allievi dell’Università Latino-americana di Medicina ci hanno comunicato le loro impressioni. Fredy Punciano (Perù) afferma che "è un’esperienza unica quella che ci permette di fare questo paese. Qui troviamo gente di molti paesi e impariamo. Il nostro obiettivo è diventare medici generici e umanisti". Diana, di Panama, segnala che "nel mio paese studiare medicina è molto caro. Cuba ci dà un’opportunità unica. Noi siamo una grande famiglia. Possiamo convivere con i cubani e conoscere questa gente". Una studentessa nordamericana di razza nera ci commenta la propria esperienza. "Io sono venuta qua perché le scuole nel mio paese sono molto differenti. Lì le lezioni non si fanno con solo 20 studenti per aula e ogni trimestre costa 50.000 dollari più i libri, il cibo e molte altre spese. Qui tutto è gratis". "Inoltre – ha aggiunto – l’insegnamento in questa nazione è molto differente. A Cuba si studia per prevenire e aiutare una comunità. Negli USA, per far guarire solo alcune persone".

La maggioranza di loro riconosce che l’immagine dei cubani che conoscevano nel loro paese era falsa. La panamense Diana afferma: "Mi dicevano che qua molta gente era in prigione e c’era molta repressione. Perciò all’inizio non volevo venire. Adesso ho visto che tutto era falso". Anche per il peruviano Fredy è stato lo stesso: "Avevamo un’immagine molto traumatica. Ho letto che a Cuba venivano ad allenarsi i futuri terroristi dell’America Latina. La Medicina cubana aveva una buona reputazione, ma si diceva che qua non si rispettano i diritti umani. È evidente che non è vero".

Insistono anche sul modello educativo di cooperazione e aiuto che domina a Cuba. Carolina (Cile), dai tratti inequivocabilmente indigeni, aggiunge che "qua c’è più pratica e rapporto con il paziente. Nel mio paese è più teoria. Fino al 4º anno non si vede un malato". Anche il boliviano Anel lo sottolinea: "Lì ti insegnano a lottare solo, a risolvere i tuoi problemi individualmente. Qua ti dicono che bisogna lottare collettivamente, che da solo non puoi risolvere i problemi". Anibal Lara, di Panama, è della stessa opinione: "Nel mio paese mettono da parte la solidarietà di questa professione. E’ tutta una competizione per essere tra i 40 promossi dei 200 che cominciano il corso. Rivaleggiano fra loro. Qui si cerca di formare uno studente completo, che dimostri di aiutare i suoi compagni e non cerchi di superarli. Si vuol fare in modo che lo studente sia solidale."

Taria Hart, honduregna, spiega la ragione per la quale sono voluti venire a studiare a Cuba: "Prima di tutto per le mancanza di risorse economiche. Siamo poveri o membri di etnie abbandonate dallo Stato. Qui abbiamo imparato ad essere più umanisti. A Cuba la prima cosa è l’etica e la morale. Nei nostri paesi invece la prima cosa è il denaro. Nella mia patria se non hai soldi, muori. Qui si impara a essere più sociali, più umanisti. È la miglior cosa che mi è capitata". Anche la peruviana Camila spiega i problemi del suo paese. "Sono afro-peruviana. Lì abbiamo molti ostacoli. Non abbiamo accesso ad una buona sanità, ad una buona educazione e ad una buona alimentazione. Qua ci hanno insegnato la convivenza. Facciamo discussioni che ci aiutano a crescere. Da quando siamo a Cuba ci sentiamo più preoccupati per il nostro ambiente".

Il colombiano Yobani sottolinea la convivenza tra i popoli che implica lo studiare a Cuba: "Mi rendo conto che qui la gente impara ad amare la propria terra. Ciò è fondamentale. Qua si fa un’analisi del sistema sanitario e si giunge a una conclusione reale, che deve contribuire alla trasformazione della sua società. Osservo anche che le etnie delle nostre nazioni sono dimenticate. A Cuba ci mescoliamo e siamo un’unica famiglia latino-americana, che ha perso quella cattiva abitudine di rivaleggiare senza accettare il fratello. Queste sono esperienze uniche nella vita. Sappiamo che non ci laureeremo solo in Medicina, ma anche in pluricultura e plurisocietà", ha aggiunto. "Se mi alzo al mattino – afferma –, mi tiro fuori dalle lenzuola e guardo da una parte vedo un cileno, guardo dall’altra e vedo un ecuadoriano. Ciò è molto bello e mi fa pensare a Martí e a Bolívar."

Abbiamo chiesto a questi giovani se provano nostalgia per la loro terra e quali sono i loro progetti per il dopo ritorno. Carolina, la cilena, ha detto che "molti hanno voglia di tornare a casa. Ma so che poco dopo vorranno tornare di nuovo qui".

Camila segnala che non potrà dimenticare la sua gratitudine per Cuba quando tornerà nel mondo neoliberale. "C’è un impegno d’amore per il paese che ti ha insegnato tutto questo". Taria, l’honduregna, afferma che "dobbiamo ampliare tutto quanto abbiamo imparato qui. Io studio per la mia vocazione, ma anche per sopperire alla mancanza di medici nel mio paese. Lì è differente. I figli dei poveri studiano nelle aule pubbliche di basso livello educativo. Qua tra i cubani ci sono differenti livelli economici, ma tutti sono uguali nelle aule".

Un dubbio che ci espongono riguarda il perché non esista niente del genere nei loro paesi. Yobani ci risponde: "Lì è una questione produttiva. C’è competizione per il posto all’università prima e nell’ospedale poi. Ai nostri governi non conviene un’università gratuita. Se il sistema politico non cambia, non ci sarà mai un’altro modello educativo. Al nostro sistema e al nostro medico non preoccupa se il vicino non ha potuto mangiare o se il bambino della casa contigua è molto malato. A loro non interessa che la gente si educhi, vogliono solo sfruttarla."

Anche la boliviana Antet è critica con il suo paese: "Possiamo fare solo quel che dice il Governo. Lì non si impara a essere critici. Qui i cubani condividono tutto fra loro, mentre nei nostri paesi non ci si preoccupa per lo sviluppo della persona".

Ricordo loro che probabilmente, quando torneranno nei loro paesi, laureati in Medicina, potranno trovare un buon lavoro nella medicina privata e neoliberale, lontana dalle comunità. "Io so che ci faranno queste proposte – ha detto Carolina –. Ma credo che non dobbiamo perdere la nostra umanità. Sono sicura che se qualcuno non ha un soldo per andare dal medico, io non lo abbandonerò". La afro-peruviana Camila me lo spiega chiaramente:

"Qui si viene con un impegno umano e sociale e quell’impegno non si abbandona".

Mi sorprende il caso della giovane nordamericana del New Jersey. Lei proviene dal paese più ricco e potente del pianeta ed è venuta a studiare in una piccola isola del Terzo Mondo. "Io vengo a dire che i nostri popoli devono convivere in pace. Il mio Governo pensa che non ho diritto a venire qua, so che stanno tenendo sotto controllo la mia famiglia per sapere cosa sto facendo a Cuba. Non posso essere d’accordo con la politica del mio Governo contro i cubani".

Ma c’è qualcosa di eccezionale che osservo in ognuno di loro e che non esprimono a parole: è la sicurezza nelle loro affermazioni, la disinvoltura nella conversazione. I peruviani, boliviani ed equadoriani che ho conosciuto in Spagna lavorando come immigranti, la maggioranza dei quali sfruttati e illegali, sono discreti, remissivi, silenziosi. Una delle responsabili della Scuola Latino-americana di Medicina, senza saperlo, mi sta dando la spiegazione.

"Quando vengono qua, la prima cosa che dobbiamo dire a loro è che alzino lo sguardo, guardino diritti negli occhi, che sono i nostri fratelli e amici." Nessuno dice loro questo quando arrivano in Europa.

yuri
00domenica 8 maggio 2005 23:09
dubbi
allora i preti incarcerati sono terroristi......allora chi non può rientrare in patria perchè fuggito da una dittatura è un terrorista.

ci sono molti dubbi.

se è così bello cuba, così soave perchè non mi hai risposto sul perchè 20000 persone annue vogliono andare via da lì?
e per farlo rischiano la morte?
la storia che è colpa degli USA non è credibile.
perchè persone così felici di stare lì non avrebbero così bisogno di andare via.

è vero. cuba non è l'est europeo.
è vero io non ci sono stato.

però la falsità la vedo.

non dico che i dati non sono veri.
possono essere verissimi..........perchè allora se tutti gli abitanti sono colti e laureati il amggior mercato è qeullo sessuale?
perchè si vedono baraccopoli?
non dire che è colpa degli USA che mi arrabbio.
non dirlo perchè fino alla caduta dell'urss era finanziata dai russi.
e non dire di no.
i soldi c'erano per lo sviluppo............ma ci può essere in un regime di qeulla specie?

mi sembra molto strano.

Alberto di sinistra
00lunedì 9 maggio 2005 11:13
Errori
Mi spiace per te caro Yuri, ma non risultano preti incarcerati a CUBA. Inoltre dici una balla clamorosa quando affermi che chi è uscito da Cuba non puo' ritornarvi. Possono tornare tranquillamente senza nessun problema, dovresti piuttosto chiederti perchè gli USA con l'amministrazione Bush hanno ridotto la possibilita' dei cubani residenti negli USA di ritornare in patria ad un viaggio solo ogni 3 anni, alla faccia della libertà! e perchè ad un cittadino statunitense è vietato dal suo governo di andare a Cuba???
Riguardo alle 20 mila richieste, quel numero rappresenta il numero previsto dagli accordi annualmente. Cmq ti faccio sapere che conosco personalmente persone che una volta giunte nel "paradiso" yankee hanno deciso di tornare a Cuba, se vuoi ti do anche il numero di telefono.
Quanto poi alle baraccopoli credo tu ti confonda con qualche paese sudamericano sfruttato e asservito per decenni agli interessi USA magari con l'aiuto di feroci dittature militari instaurate dalla CIA.
Riguardo ai danni provocati dall'embargo yankee contro CUBA, sono stimati in miliardi di dollari e non credo ci sia nessuno talmente stolto da affermare che l'embargo non danneggia grandemente l'economia cubana.
Alberto di sinistra
00martedì 10 maggio 2005 17:50
PRETI A CUBA
Caro Yuri sull'argomento religioso mi permetto di riportare un articolo apparso sul sito degli stimmatini che puoi trovare su www.stimmatini.it/missioni/ilmissio/04/05/testimon.htm

Cuba: i veri sogni non muoiono mai?






Nell’immaginario collettivo la parola Cuba evoca subito splendide spiagge bianche, acque cristalline, donne bellissime che danzano al ritmo di mambo e salsa e cocktails a base di rum… un paese le cui bellezze promettono ai turisti una vacanza indimenticabile. E’ la Cuba più famosa, quella raffigurata nei cataloghi dei più importanti tour operators, meta ambita da molti vacanzieri italiani.

Da molto tempo desideravo visitare Cuba. Come per migliaia di giovani, la rivoluzione cubana aveva ispirato anche a me sogni ed illusioni ed il Che non è solo un’immagine rappresentata sulle bandiere che ancor oggi sventolano alle manifestazioni pacifiste. Una piccola isola, non solo in senso geografico, ove realtà e utopia si danno idealmente la mano. Un popolo che ha fatto della lotta per la sua autonomia una delle più grandi battaglie della storia moderna, un popolo che da più di quarant’anni combatte un conflitto molto aspro contro l’embargo economico imposto dagli Stati Uniti ed è vittima di continue campagne denigratorie da parte di molti paesi occidentali. Malgrado gli sforzi della superpotenza che si trova pochi chilometri a nord, il sole, comunque, splende ancora su Cuba.

Ed ora, eccomi qua, a toccare con mano l’esperienza cubana e dentro lo zaino la presunzione di capire in pochi giorni una società ed una realtà assai complessa.

L’aeroporto Jose Martì mi accoglie al tramonto di una serata invernale: è il 27 dicembre, ma il calore dell’aria e il paesaggio tropicale che mi investono quando scendo dall’aereo cancellano ogni riferimento metereologico… l’aria è satura di umidità, tipica dei paesi tropicali… inspiro profondamente, il cuore accenna un’improvvisa accelerazione, una lacrima sembra scivolare… questo non è solo un viaggio è un sogno che si sta realizzando!

Con una certa emozione, all’uscita dell’aeroporto, intravedo la famosissima effigie del Che ed i primi graffiti che parlano di rivoluzione, di resistenza, di speranza. Nel corso del mio viaggio mi accorgerò che le scritte che inneggiano gli ideali che hanno ispirato la rivoluzione e le immagini del Che e di Camilo3 sono presenti ovunque, sempre, per non farti dimenticare…

Pochissime auto, quasi tutte americane, degli anni 50, percorrono le strade quasi buie che portano al centro dell’Avana; in compenso una moltitudine di persone sfruttano qualsiasi mezzo di trasporto, comprese le gambe, per rientrare alle loro abitazioni.

Concentrata sulle mie speranze ed illusioni, già alla ricerca di mille risposte alle mille domande che si accavallano, varco la soglia dell’appariscente Hotel Riviera: costruito in piena dittatura di Batista, è un’eredità della mafia americana che, in quegli anni, a Cuba svolgeva la propria attività illecita. La struttura interna è in totale decadenza, ma lo spettacolo che mi regala all’alba dell’indomani è impagabile: il sole che timidamente tinge di rosa il cielo dell’Avana ed illumina con dolcezza il Malecon… la voglia di calarmi nella realtà cubana e di lasciarmi travolgere dalla sua atmosfera è ormai incontenibile e mi lancio in una lunga passeggiata lungo il mitico Malecon in direzione dell’Avana centro!

Ben presto mi sono resa conto che fare i viaggiatori solitari a Cuba è praticamente impossibile…nell’arco di un paio di ore sono stata avvicinata da una miriade di persone, tutti pronti a riservarti un sorriso, un gesto di amicizia, un aiuto …é stato proprio lungo il Malencon che ho fatto la conoscenza di Romeo e Julieta, una coppia di cubani che appena identificano la mia nazionalità si dilungano in meraviglie sull’Italia e sulle griffes italiane (ma come, anche qui????) ed immediatamente si offrono di farmi da guida proponendomi un itinerario più indigeno di quello tracciato dalla mia preziosa guida. Come molti cubani, Romeo parla discretamente la nostra lingua. Ovvia conseguenza del grande flusso di turisti italiani che invade Cuba, la maggior parte di loro alla esclusiva ricerca, purtroppo, di avventure sessuali a basso costo…

E questa sarà la nota costante e più dolente di questo viaggio: le jinteras… ragazze cubane che, attratte da una vita più confortevole di quella riservata ai cubani che insegnano in una scuola o lavorano in un ospedale, si offrono ai numerosi turisti, prevalentemente italiani, che invadono l’isola a questo esclusivo scopo…. intere comitive approdano a Cuba per il solo turismo sessuale… e d’altro canto non esagero nel raccontare che la maggior parte degli uomini single che viaggiavano nel mio aereo sono stati accompagnati all’aereoporto Jose Marti, al termine della vacanza, da una ragazza cubana…. belli e brutti, giovani e vecchi, ricchissimi e meno ricchi tutti avevano al fianco una donna cubana, a volte con tanto di famiglia al seguito… non so se prevaleva in me il senso di disgusto per il genere maschile che sfrutta queste donne senza alcuna remora, forse addirittura raccontandosi che sono dei benefattori (in fin dei conti permettono a queste donne di fare una vita senza grosse privazioni) o di rabbia verso un governo che per lungo tempo è riuscito a praticare in modo vincente una politica di controllo del turismo sessuale ma che ultimamente sembra disinteressarsene… certo, se fossi un uomo, mi sarei vergognato di appartenere al genere maschile…

Romeo è uno studente di biologia che guadagna qualche dollaro facendo da guida turistica. Non smette di parlare. Appartiene alla categoria di quei cubani che sognano di andarsene, magari trasferirsi in Italia e mi chiede molte informazioni. Mi domando se conosce le reali difficoltà che incontrano tutti coloro che vogliono arrivare legalmente in Italia e trovarvi un lavoro! Io, continuo a seguirlo mentre ci inoltriamo nelle strade strette del Vedado, uno dei quartieri dell’Avana, lasciandomi alle spalle il Malecon e sulla destra l’Hotel Nacional, l’albergo più famoso di Cuba soprattutto perché nel 1959 Fidel Castro, appena entrato trionfante all’Havana, vi stabilì il suo quartier generale. Oggi, una facciata dell’albergo è tutta una luminaria di luci bianche rosse e blu che lasciano chiaramente intravedere la sagoma della bandiera cubana. Sul prato altre piccole luci ci ricordano che il primo gennaio è il 45° anniversario della Rivoluzione Cubana.

In una giornata che si fa sempre più calda continuiamo a percorrere le vie dell’Avana, brulicanti di gente che, come in tutti i paesi caldi, vive più in strada che in casa. Molte persone sono affacciate alle finestre. I bambini mi si avvicinano e mi chiedono caramelle. I mercati composti da poche bancarelle di frutta, verdura e carne macellata al momento sono affollatissimi. Sono giorni di vacanza ed i cubani si preparano a festeggiare l’ultimo dell’anno. Sorprendentemente, a Cuba, mi raccontano, il 31 dicembre si trascorre a cena con la famiglia.

E avrò modi di accorgermene qualche giorno dopo…

Mi guardo intorno e, furtivamente, vergognandomene, sbircio dentro le case: la realtà che mi si staglia davanti non è certo quella cui sono abituati i miei occhi da cittadina del “primo mondo”, eppure non vedo miseria. Penso a certi quartieri di alcune metropoli occidentali, si chiamino Napoli o New York, Milano o Los Angeles, e la sensazione è che qui la gente stia meglio. Sembra un paradosso, ma non lo è. La miseria, quella che ti conduce per strada a vivere ai margini della società, qui non esiste. I cubani hanno poco, i negozi sono pochi e desolatamente vuoti. Ma la miseria non c’è, non esiste. Questa sensazione mi viene confermata anche alcuni giorni più tardi nel viaggio che da l’Avana mi porta a Vinales e poi a Santa Clara percorrendo strade semideserte che attraversano piccoli villaggi di campesinos… villaggi, dove i mezzi di trasporto più diffusi sono carretti trainati dai cavalli, dove molte abitazioni sono rappresentate da piccoli prefabbricati, dove non esiste un bar dove mangiare un panino o bere dell’acqua…eppure è un dato di fatto: la miseria a Cuba non esiste…è una povertà assai dignitosa che nulla ha a che vedere con lo squallore ed il degrado della maggior parte delle periferie delle città occidentali e delle favelas sudamericane!

Lo spettacolo cui sto assistendo è emozionante, uno spettacolo che mi lascia senza parole come se avessi bisogno di far decantare le mille sensazioni, violente ed impetuose, che provo. Ma i miei occhi non si stancano di guardare, di osservare, di cogliere anche ogni insignificante dettaglio di queste strade. E non cesso di stupirmi: ogni strada, ogni piazza, ogni edificio, nella sua totale decadenza è un capolavoro di architettura spagnola, coloniale, barocca! E tutti questi stili accostati l’uno all’altro sono accomunati da un filo di panni appesi che sembra correre ininterrottamente dall’inizio alla fine di ogni strada, senza conoscere distinzione di palazzi e di stili! Una bella rappresentazione del socialismo…

Una delle cose che mi colpisce di più è l’incredibile numero di scuole che vi sono all’Avana. Ogni due, tre strade c’è una piccola casa, composta da un paio di stanze, e l’insegna è inequivocabile… del resto a Cuba l’istruzione, come la sanità, è gratuita e garantita a tutti. L’analfabetismo è praticamente sconosciuto così come la mortalità infantile. Una conquista non da poco per un paese sudamericano.

Cerco il contatto con la gente, ho bisogno di parlare, di andare al di là delle immagini da cartolina che ogni luogo mi offre… ogni occasione di contatto con i cubani è buona per cercare di capire cosa pensino di Fidel, cosa è rimasto della Revoluciòn.

Il percorso è quasi sempre lo stesso: inizio a parlare genericamente di politica per scendere via via nei dettagli mano a mano che intravedo un piccolo spiraglio di dialogo e formulo domande sempre più dirette sulla realtà cubana. Temo le loro risposte, temo che ogni loro riflessione rappresenti un duro colpo ai miei sogni, temo di dover dare un addio definitivo alle mie ideologie già messe, negli ultimi anni, a dura prova….ma la curiosità ha la meglio!

Ho ascoltato molte storie... vi è chi non parla e già il silenzio la dice lunga… vi è chi non vede l’ora che Fidel muoia per riappropriarsi di quello che è stato loro tolto, in termini materiali, dalla rivoluzione… ma i più, critici con molta obiettività nei confronti degli aspetti negativi della società cubana, con altrettanto orgoglio, decantano le conquiste sociali, uniche per un paese dell’America Latina, dichiarandosi disposti a difenderle a qualsiasi prezzo. L’obiettività e la serenità pur in presenza di un futuro così incerto sono gli aspetti che più mi colpiscono. C’è una sorta di fatalismo, forse tipico dei popoli caraibici, fuso con una orgogliosa convinzione di vivere con le loro scarse risorse in una realtà che è priva di molte cose ma che, nel contempo, riesce a trasmettere loro valori da noi troppo spesso dimenticati. Ma soprattutto non ho mai percepito alcuna commiserazione, attenti a non suscitare in me alcun sentimento di pena per ciò che loro non hanno!

Accanto a questi intensi dialoghi, vi sono stati momenti in cui ho sentito la storia della rivoluzione scorrere nelle vene…le lotte sulla Sierra Maestra, l’assalto alla Moncada, la Baia dei Porci…come quando mi sono fermata ad ammirare la imponente e maestosa Plaza della Rivolucion a l’Avana… o ancor più durante la visita al mausoleo del Che e al “tren blindado” fatto deragliare dai guerriglieri del Che sulla collina El Capiro e simbolo della fine di Batista a Santa Clara!

Dopo una decina di giorni lascio Cuba con la convinzione di dover assolutamente tornare…, troppo poco il tempo trascorso per capire fino in fondo l’essenza di quest’isola, l’anima di questo popolo mentre nelle orecchie mi riecheggia il famoso motto guevarista: “… bisogna esser duri senza mai perdere la tenerezza…”.

yuri
00martedì 10 maggio 2005 23:05
cattivoni allora gli USA.
bisogna dare delle pacche sulle mani a questi cattivoni........trafiletto sul giornale di oggi: 400 universitari da gennaio ad aprile sono stati incarcerati preventivamente.
queste cose preventive mi ricordano molto l'est europeo...ops nonposso fare paragoni.
scusa.

sui preti: allora la letteratura non ufficile a quella cubana racconta solo bugie.
che cattivoni.

le baraccopoli...........qeulle cose fatte di lamiera?
non ci sono neanche in romania per questo ma personalmente le chiamo baraccopoli stanze senza riscaldamento, senza bagno, in cui vivono 6 'ersone.
magari tu no.

le cifre che ci mandi sono bellissime.
favolose.

è prorpio un paradiso cuba.
tutti felici.
tutti contenti.
perchè la prostituzione è così accentuata?
perchè se si è così liberi non si può rovesciare la dittatura?
a no non è dittatore fidel ma un bravo padre.

ma ci prendi per il culo?
la storia insegna che un dittatore per rimanere al potere deve togliere dai piedi ogni accenno di incrinazione del potere.

lasciamo perdere che è meglio
Alberto di sinistra
00mercoledì 11 maggio 2005 10:12
Povero Yuri
Vedo, povero Yuri, che di fronte ai fatti, cominci a sbarellare clamorosamente. Fai piu' ridere di una barzelletta sopratutto quando dici che a Cuba le case non hanno il riscaldamento... ahahah forse dovrei cominciare a spiegarti che Cuba si trova ai caraibi...
E' curiosa poi la tua affermazione: perchè non si riesce a rovesciare la dittatura?
Forse perchè la vuoi rovesciare tu e non il popolo cubano, il quale, dal canto suo, ha dimostrato che quando vuole i tiranni li caccia!
Alberto di sinistra
00mercoledì 11 maggio 2005 11:13
Yuri leggi e vergognati...
Riguardo agli americani "cattivoni" leggi qui e vergognati un po':

Prima si sono seduti davanti a Montecitorio, adesso attorno all’ambasciata di Panama: il sit-in di chi oggi protesta potrebbe sventolare l’impegno firmato dal ministro Gasparri. “Sarebbe un atto di superficialità dire che siamo estranei al terrorismo quando colpisce la comunità internazionale. La politica deve avere posizioni chiarissime…”. Gasparri annuncia le cose e poi le fa; la riforma Rai è la sua divina commedia.
Dal libraio un po’ massone di Perugia ha imparato a non mollare mai. C’è da fidarsi, andrà fino in fondo: Panama non lo mette in soggezione. E vale la pena che Ines Venturi, presidente dell’associazione internazionale di amicizia e solidarietà coi popoli, si rivolga a quest’uomo tutto d’un pezzo, assieme a migliaia di iscritti e ai politici che accompagnano il movimento in ogni partito della sinistra: dall’onorevole Luigi Vinci a Luciano Pettinati, e poi Don Franzoni, Giulio Gilardi, tanti. La richiesta al governo di Berlusconi e al governo di Panama è poter giudicare in Italia Luis Posada Carilles, cubano vicino alla cupola dei dissidenti di Miami, amico del vecchio Mas Canosa e di Pepe Francisco Hernandez che ne ha preso il posto alla Fondazione Cubano Americana. Si chiede che Posada Carilles venga messo sotto processo come è successo per i militari argentini colpevoli d’aver massacrato figli e nipoti di emigranti italiani, negli anni della dittatura. Con le condanne del tribunale di Roma, non possono, ormai, fare un passo fuori Buenos Aires. E qualcos’altro sta succedendo anche là. Si pretende, ora, l’estradizione di Posada Carilles in modo che il padre di Fabio Di Celmo possa guardarlo negli occhi mentre ripete ciò che ha confessato in una intervista al New York Times: è stato lui a reclutare i mercenari e a spedirli all’Avana, soldi e dinamite per “sgonfiare” il turismo che stava rallegrando Fidel. Attentati alla “Bodeguita del Medio” (dove cenava Hemingway ), al “Nacional” (dove dormivano Meyer Lanski, Lucky Luciano e Frank Sinatra) e all’hotel “Copacabana” nella cui hall in quel momento passava Fabio Di Celmo, uomo d’affari genovese. Aveva riaccompagnato in albergo due amici in viaggio di nozze. Lo scoppio ha sbriciolato vetrate e portaceneri. Una scheggia lo ha ucciso. Aveva 32 anni, 4 settembre 1997.

Giustino, il padre, è rimasto all’Avana a continuare l’import-export del figlio, affari di un’azienda che va avanti dal 1947 con interessi in Canada, Brasile, Argentina. L’ho incontrato nella sua casa di Miaramar. Ha più di 80 anni, ma la rabbia del non mettere le mani su chi ha programmato l’uccisione del suo ragazzo, è una compagna di viaggio che lo aiuta a resistere. Vuole solo giustizia e per il momento un po’ tutti lo hanno dimenticato. Solo Castro lo esibisce come una specie di bandiera per testimoniare “la crudeltà yankee”. Raul Ernesto Cruz, il salvadoregno che ha messo le bombe, ha subito cantato, nome e cognone di chi pagava. E Posada Carriles non lo ha smentito parlando in Florida con un giornalista del “New York Times”: unico impegno non rivelare il luogo dell’intervista. È vero, gli ordini sono suoi. Bombe in un certo senso annunciate da “El Nuevo Herald” (versione spagnola del “Miami Herald”) il 14 agosto. “La Fondazione Cubano Americana sostiene senza riserve, scontri, attentati e atti di ribellione di chi all’interno di Cuba soffre la dittatura… “. Venti giorni dopo Fabio Di Celmo perde la vita, ma la mano è salvadoregna. Posada Carriles ammette al New Yok Times: “ È stato un incidente fortuito eppure dormo sonni tranquilli. È triste che qualcuno sia morto, ma non possiamo fermarci perché un italiano era nel luogo sbagliato al momento sbagliato “. Mas Canosa, aggiunge, sapeva benissimo che c’ero dietro io. Lui controllava tutto. Quando avevo bisogno di denaro per azioni contro Castro, tipo bombe all’Avana, gli dicevo: dammi cinquemila dollari, dammene quindicimila. Sborsava senza mai dire: sono soldi della Fondazione, ma sorrideva con l’ironia del politico accorto: “Ecco l’offerta per la chiesa… “.

Fbi e Cia, non le danno fastidio ? vuol sapere il giornalista: “Sono neutrale con loro. Tutte le volte che posso aiutarli, lo faccio. Ho lavorato perfino con Oliver North”. Una volta è finito in galera in Venezuela: nell’ottobre del 1976 un aereo della Cubana de Aviacion scoppia in aria davanti alle Barbados. 73 vittime compresa l’intera squadra di scherma che si allenava per le olimpiadi. Ma dietro le sbarre è rimasto poco: qualcuno gli ha permesso di scappare. Anche per le prigioni di Panama è stato ospite provvisorio. Oggi, proprio lungo il Canale, comincia un altro processo: è accusato di aver preparato un attentato nell’aula dell’università dove Castro, assieme ad altri presidenti latino americani, doveva incontrare gli studenti, novembre del 2000. Agenti cubani scoprono cosa sta bollendo, indicano alla polizia panamense dove sono nascosti “45 chilogrammi di C-4”, esplosivo militare che avrebbe sbriciolato l’intero quartiere. Subito in manette ma passa qualche mese e Posada Carilles torna in libertà. In una Tv di Miami (della quale ho appena visionato la registrazione), intervistato da un giornalista di Portorico, due anni or sono, il dottor Orlando Bosch Avila, amico di Posada Carilles e con un passato avventuroso fotocopia, ha difeso sia l’attentato all’aereo che le bombe all’Avana: “Gli schermidori cubani erano criminali che davano gloria a Fidel. Abbiamo considerato quel volo, un volo di guerra”. E le bombe negli alberghi? “Siamo in guerra: la risposta non cambia”. Ne è coinvolto ? “Sarei stupido a confessare “sono coinvolto”. Non riuscirei farla franca dopo l’autoaccusa. Diciamo che non voglio rispondere”.

Nel ‘98 Giustino Di Celmo, padre di Fabio, chiede l’estradizione di Posada Carilles al ministero della giustizia di Roma. La pratica viene trasmessa alla procura della Florida guidata da una bella signora, amica del governatore Bush-fratello, e responsabile della decisione che proibisce il riconteggio a mano di migliaia di schede non perforate per errore, e favorevoli a Gore. Scelta che regala la presidenza all’attuale presidente. Appena 534 voti di vantaggio. La risposta dall’ufficio della signora al ministro italiano, somiglia alla risposta dei militari Usa che indagavano sulla sciagura del Cernis, quei supersonici che tagliano le corde della funicolare: “Non abbiamo elementi sufficienti per accogliere la vostra richiesta”. Poi l’arresto di Posada Carilles, poi la conferma televisiva di Orlando Bosch.

Ragazzi e politici del sit-in vogliono capire se davvero nessuno si indigna contro un terrorismo non targato Islam o piccole patrie impazzite. . Anche la Cia deve avere le sue “schegge impazzite”, come é di moda ripetere in questi giorni di dolore cercando di incolpare i terroristi baschi. La mancata richiesta di estradizione di Posada Carilles dipende dalla neghittosità della procura della Florida o dalla strana assenza del nostro ministro Castelli? Adesso Gasparri è deciso a non guardare in faccia nessuno: la politica deve avere posizioni chiarissime quando si tratta di terrorismo internazionale. E il vecchio padre di Fabio può stare tranquillo. Parole di un ministro patriota che non si rimangia il giuramento. Aspettiamo.

libero pensatore
00venerdì 13 maggio 2005 05:49
x alberto:prima di sparare cazzate leggi questo,e' una critica DA SINISTRA a Cuba:

Mi arriva l’ultimo numero di Latinoamerica diretto da Gianni Minà, una bella rivista che parla di tutti i sud del mondo, una delle poche realtà editoriali dove puoi leggere qualcosa del Nicaragua, dell’Honduras e degli zapatisti. Una bella rivista, non c’è che dire. Una di quelle riviste che leggi per intero, che ti appassionano e ti fanno riflettere. Il mio problema è quando leggo gli articoli su Cuba, sarà perché Cuba la conosco molto bene, sarà perché là ho lasciato persone di famiglia, amici, conoscenti. Sarà un po’ di tutto questo, però quando leggo a firma di Gianni Minà che oggi come oggi la posizione su Cuba del Papa è più a sinistra dei Diesse mi scappa da ridere. Sì, perché prima di tutto bisogna chiedersi cosa vuol dire oggi fare un discorso di sinistra su Cuba. L’embargo americano è ingiusto e criminale, certo. Nessuno lo nega. Però diciamo anche che l’embargo fa comodo a Fidel Castro, che con quella scusa giustifica anni di fallimenti e una politica reazionaria ai danni del popolo. Secondo me essere di sinistra oggi e parlare di Cuba vuol dire essere dalla parte del popolo cubano che soffre una feroce dittatura e non dalla parte del dittatore. Un altro articolo a firma WuMing4 scritto sotto forma di appunti di ritorno da Cuba non so come definirlo, dice pure cose giuste ma glissa su altre, pare che l’estensore del pezzo sia stato a Cuba ospite del governo e che abbia visto solo le cose che il regime voleva mostrare. Parla di polizia che sorveglia amorevolmente i turisti e vigila sulla loro sicurezza. Vero. Fa pure quello. Ma il compito principale della polizia è quello di rendere la vita impossibile al cubano che cerca di inventare per sopravvivere. Sequestra merce da rivendere al mercato nero, arresta chi si ingegna per mettere insieme pranzo e cena per i figli, impedisce di fare qualsiasi cosa. WuMing4 racconta la marcia sul Malecón contro le sanzioni europee come un’adunata di cubani consapevoli e indignati che si riversano spontaneamente a dimostrare. Tutto falso. Come al solito è il regime che organizza torpedoni di raccolta e canalizza volontari obbligati sotto il sole per recitare slogan confezionati dal regime. Un po’ come quando si celebra il ridicolo plebiscito pro Fidel che ti vengono a prendere a casa per votare sì e di solito il dittatore vince con il 98 per cento dei consensi. C’ero pure io all’Avana il giorno della marcia del popolo in lotta e ho visto la sfilata e la manifestazione assieme ad Alejandro Torreguitart, lo scrittore cubano che traduco in Italia. Lui ha scritto un racconto dove dice la verità su quello che è successo, ma è stato quasi impossibile trovare spazi liberi per pubblicarlo. WuMing4 poi paragona lo stato dell’informazione in Italia con quello di Cuba. E qui è davvero patetico. Ora, io sono un antiberlusconiano convinto, un uomo di sinistra da sempre, non irreggimentato in nessun schieramento ma di sinistra. In Italia il mio spazio per parlare è limitato all’underground, a poche riviste che mi ospitano, però posso scrivere quello che voglio senza timori. A Cuba l’unica informazione possibile sono squallidi fogli di regime che WuMing4 deve aver letto, se c’è stato. Il problema è che io vedo Cuba dalla parte dei cubani (il titolo di uno dei miei libri inediti su Cuba che prima o poi spero di pubblicare) e mi metto nei panni di chi deve vivere con cinque dollari al mese in una società costruita su misura per le tasche dei turisti. Mia suocera vive all’Avana con due dollari di pensione e se io non le mandassi cento dollari al mese se ne andrebbe in Piazza della Cattedrale a chiedere l’elemosina ai turisti, come già fanno in molti. Si chiama stato sociale questo? Ha qualcosa a che vedere con il comunismo? Il cugino di mia moglie, Alejandro Torreguitart, deve pubblicare di nascosto in Italia perché a Cuba finirebbe in prigione per gravi reati di opinione e propaganda controrivoluzionaria. Regis Iglesias Ramirez, Ricardo González Alfonso, Omar Moisés Ruiz Hernández sono alcuni degli autori cubani che provano a criticare il regime e chiedono da anni libere elezioni e democrazia. Sono estensori del progetto Varela che ha solide basi cristiane e non ha niente a che vedere con Bush, con la Cia e con Miami. Il problema di certa sinistra italiana è che vede ogni forma di dissenso a Fidel Castro come un disegno sovversivo orchestrato dagli Stati Uniti. Nel caso del progetto Varela non è così. Si tratta di gente che chiede solo democrazia e libere elezioni. È una richiesta così assurda? I sostenitori del progetto Varela hanno ottenuto come risposta solo anni di galera ed emarginazione sociale, però le loro opere sono state pubblicate in Spagna e lo saranno presto anche in Italia grazie alle Edizioni Il Foglio. Non voglio rischiare di dire le solite cose che si dicono su Cuba e che si è costretti a dire se siamo gente di sinistra. Perché purtroppo è vero che Cuba ha tradito i nostri sogni, che Cuba non è più una società socialista (se mai lo è stata), che Cuba è l’immagine vivente di quel che poteva essere e non è stato. Basta andare a Cuba e vivere qualche giorno da cubano per rendersene conto. Basta parlare con la gente e sentire quel che chiede sotto voce, perché anche i muri hanno orecchie e ci sono sempre chivattones (spie del regime) dietro l’angolo. Il cubano si contenterebbe di poco, in fondo: un lavoro che serva a mantenere la famiglia e un po’ di libertà. Chiede troppo? Credo di no. E allora permettetemi di dire che Fidel mi fa ridere quando sbandiera i dati sulla occupazione e dice che a Cuba tutti lavorano. Peccato non aggiunga che un cubano guadagna dallo stato (quando va bene) cento pesos al mese (l’equivalente di cinque dollari) e che tutti quelli che lavorano lo fanno soltanto per un secondo fine. Chi lavora nelle manifatture di tabacchi ruba i sigari per rivenderli al mercato nero e lo stesso fa chi è impiegato all’imbottigliamento del rum. Medici, professori, impiegati svolgono tutti un secondo lavoro (lecito o meno), molti si rifugiano nel turismo che è l’unica attività che consente di sbarcare il lunario. Abbondano gli affittacamere, i tassisti privati (spesso abusivi), gli accompagnatori turistici (di tutti i tipi). A Cuba c’è la corsa a fare il cameriere e il portiere d’albergo, pure se si possiede una laurea in ingegneria. È morale tutto questo? Ed è colpa dei cubani se adesso per vivere all’Avana servono almeno cento dollari al mese? È colpa dei cubani se il dollaro ha affiancato il peso nell’economia nazionale e adesso è diventata la vera moneta di Cuba? Come si concilia lo sbandierato e giustificato odio contro gli yankees con un’economia che dipende dal dollaro? Adesso abbiamo il peso convertibile, il popolare chavito, ma il discorso non cambia, il suo valore è parificato al dollaro e gli stipendi dei cubani sono pagati in pesos. A Cuba manca di tutto: medicine, materie prime, carne. La Coca Cola no. Quella si vende a ogni angolo di strada e costa un dollaro per lattina, un quinto dello stipendio di un mese. Tutto questo mi pare orribile, immorale, incomprensibile. Ho finito gli aggettivi. Cuba è in mano alle multinazionali, che costruiscono orrendi alberghi sul mare e lottizzano stupendi cayos per realizzare posti stile Cayo Coco che pare una Rimini tropicale, un club Mediterranè per turisti milanesi a caccia di emozioni. Ma non è tutto. E non crediate che mi faccia piacere dire le cose che dico, mi fa un male terribile ma le devo dire perché è la verità ed è inutile fare come gli struzzi e nascondere la testa sotto la sabbia. Cuba è tutto questo, purtroppo. Pure se siamo di sinistra. Se sei cubano e cerchi un libro che critica il governo non lo trovi. Pedro Juan Gutierrez ha scritto cose stupende come Trilogia sporca dell’Avana, Animal Tropical, Il re dell’Avana e adesso pure Carne di cane, che si possono leggere ovunque ma non a Cuba. Se hai voglia di visitare un altro paese del mondo devi chiedere l’autorizzazione al Ministero degli Interni (la famosa tarjeta blanca) che ti arriverà dopo lunghe investigazioni sulla tua fede politica e sul tuo passato. A parte il fatto che devi avere una carta di invito da qualcuno che risiede all’estero e pure i soldi per il biglietto aereo. Se tutto va bene ci vuole un anno per completare la pratica e non è detto che ti autorizzino a partire. Se ti vuoi muovere da Cienfuegos all’Avana è quasi lo stesso: c’è una legge che vieta le migrazioni verso la capitale e allora se ci vuoi andare al massimo devi starci trenta giorni e prima va informato il Comitato di Difesa della Rivoluzione che deve dare il permesso. A Cuba non esiste libero accesso a internet né ad alcun tipo di informazione che non siano il Granma e Juventud Rebelde, giornali spudoratamente di regime che un mio amico cubano definisce con termine molto colorito papel para limpiarse el siete. Non credo serva la traduzione. Si può telefonare all’estero solo tramite operatore e se dici qualcosa che non va la comunicazione, chissà perché, cade. Provare per credere. Sono vietate le antenne satellitari. L’unico datore di lavoro è lo Stato e lavorare per lo Stato è obbligatorio, pure se la paga è ridicola. Se non lavori sei definito soggetto socialmente pericoloso e la polizia ti controlla giorno e notte. A Cuba c’è il partito unico, quello comunista (che di comunista non ha niente, solo il nome) e le votazioni sono ridicoli plebisciti, farse organizzate dal regime durante le quali si depone nell’urna un voto di approvazione solo per non avere problemi. A Cuba esiste la pena di morte, lo abbiamo visto di recente con il processo rapido e sbrigativo a quei tre disgraziati che cercavano la fuga sulla lancita de Regla. Le carceri sono dure e tutte situate a oriente e nei luoghi più disagiati, quando la polizia cattura le jineteras (ragazzine che fanno la vita per campare) queste vengono rapate a zero e trattate come bestie. WuMing4 nel suo articolo dice che il carcere per le jineteras si chiama Villa Delicia e non è particolarmente duro, che le ragazze vengono impiegate per servizi socialmente utili. Si vede che non ha mai parlato con una jinetera che ha fatto la galera, se no saprebbe come stanno le cose. Gli omosessuali sono discriminati ancora oggi, pure se le cose vanno meglio che negli anni Sessanta, quando si considerava l’omosessualità una deviazione ideologica e “il diverso” veniva spedito nei campi di lavoro e rieducazione. Per la situazione degli omosessuali a Cuba consiglio la lettura di un libro che ho tradotto (ovviamente proibito a Cuba): Machi di carta di Alejandro Torreguitart (Stampa Alternativa, 2003). Ma si legga soprattutto lo stupendo Prima che sia notte di Reinaldo Arenas, uno scrittore omosessuale che ha fatto anni di prigione solo per le sue idee politiche e per il suo orientamento sessuale. Una volta detto tutto questo diciamo pure che lo stato ha garantito la soddisfazione minima di alcune necessità essenziali: salute, alfabetizzazione, alimentazione… Per queste cose Cuba non ha niente a che vedere con il resto dell’America Latina. Comunque da quando è caduto il muro di Berlino ed è scomparsa la madre Russia, questi servizi essenziali sono ridotti all’osso. Chiaro che su questo panorama negativo grava anche il criminale embargo americano, ma sulla mancanza di libertà e sul fatto che Cuba è stata consegnata ai turisti europei non hanno certo colpa gli Americani. Cuba è uno stato di polizia, c’è poco da fare. È una dittatura, un regime autoritario, magari non come quello sanguinario e criminale di Pinochet ma pur sempre una dittatura. A Cuba c’è una dittatura che si autodefinisce socialista così come facevano i dittatori di Mosca e come fanno ancora quelli di Pechino. Un po’ come fa Berlusconi quando si definisce democratico e poi va in giro per il mondo a dire che il duce in fondo era un brav’uomo. Il potere a Cuba rappresenta un modo di esercitare l’oppressione e lo sfruttamento della maggioranza della società da parte di una minoranza che ne trae profitto. È comunismo questo? Scusatemi se mi rifiuto di scegliere tra la versione cubana e statunitense del potere, tra la democrazia totalitaria occidentale che esporta guerre preventive nel mondo e il totalitarismo di Fidel. Scusatemi se scelgo l’umanesimo, la dignità dell’uomo, il vero motivo per cui Cuba aveva fatto una stupenda rivoluzione. Un motivo che adesso è andato tristemente perduto.
Alberto di sinistra
00venerdì 13 maggio 2005 12:49
un po' di balle
nel lungo articolo precedente ci sono alcune balle clamorose: 1) osvaldo paya sardinas, estensore del proyecto varela è libero e non carcerato.
2) a cuba c'è totale libertà di movimento ognuno va dove vuole quando vuole senza render conto a nessuno ( esperienza diretta, mia moglie cubana... prima che lo diventasse stava con me 2 mesi in un altra città che non era la sua...)
3) a cuba l'accesso a internet è libero ci sono gli internet cafè dove tutti accedono liberamente.
4) ci sono milioni di cubani che non hanno parenti all'estero eppure vivono e nadie muere de hambre. chissa' come faranno???
5) riguardo alla vicenda degli omosessuali mi sembra che nessuna società sia stata indenne da discrminazioni nei loro confronti e se non mi sbaglio in Italia ci sono milioni di persone che affermano che i gay sono malati ( vedi chiesa cattolica...) o che un gay non dovrebbe fare il maestro ( vedi Fini vicepresidente del consiglio...); invece di tante filosofie andate a cuba, discoteca caribena a cienfuegos, dentro ci sono stabilmente un paio di travestiti e sulla porta c'è la polizia, come mai non li arresta se sono perseguitati? Santa Clara c'è un locale che si chiama menuje, se non ricordo male, è un locale di gay tutti lo sanno ed è aperto da anni.dov'è la persecuzione?
Quanto a reinaldo arenas vorrei ricordare che mori' in miseria malato di aids nel paradiso USA, emblematica una sua frase:" la differenza tra comunismo e capitalismo e che nel comunismo quando ti prendono a calci in culo devi stare zitto, nel capitalismo puoi gridare".... ma sempre calci in culo sono.
Alberto di sinistra
00venerdì 13 maggio 2005 16:07
Altre balle
Aggiungo che non risponde al vero l'affermazione che a Cuba l'unico datore di lavoro è lo stato. E' possibile aprire ristoranti detti "paladar" oppure bed & breakfast (entrambe attivita' tassate in maniera forfettaria)i contadini possono vendere liberamente i loro prodotti nei mercati. Gli artigiani, riuniti in cooperative, vendono i loro prodotti negli hotels e guadagnano anche bene.
Riguardo poi al poter uscire dal Paese, l'unico requisito richiesto è una lettera di invito da parte del cittadino straniero che ti ospiterà. Tutte le altre richieste, tipo fidejussione bancaria biglietto aereo etc etc, sono richiesti dai paesi dove si va e nello specifico dall'ambasciata d'Italia la quale, e cosi' vengo all'argomento tempistica, dal momento in cui si presenta la richiesta di visto turistico ti fissa l'appuntamento dopo 6 mesi ( provare per credere ).
Ritorno sull'argomento gay per dare un suggerimento: guardatevi il film "fragola e cioccolato" dove si descrivono i problemi di un gay nella cuba degli anni 70-80. dopo averlo visto sappiate che è stato girato e prodotto a Cuba e premiato da Fidel in persona al festival del cinema dell'Habana.
yuri
00domenica 22 maggio 2005 20:08
sarò alla frutta
sarò alla frutta ma l'evidenza che emerge in qeusti giorni è un po' diversa dal paradiso.

chi mi spiega perchè gentilmente parlamentari, giornalisti, persone varie non possono andare o vengono cacciate dal paradiso cuba?

forse sono già arrivato al limoncello.

ps.

non ho detto che a cuba manca il riscaldamento.
ma che conosco le baracche comuniste.
esempio in romania: i famosi bloc.

almeno leggimi.



Alberto di sinistra
00lunedì 23 maggio 2005 11:09
la disinformazione continua
Avanti RAI, con le grancasse sul cosiddetto dissenso cubano.
Innanzitutto la data scelta da codesti signori nel libro paga della SINA, l'Ufficio di Interessi degli Stati Uniti, illegalmente posizionato sul Malecon a L'Avana.
Codesti signori hanno scelto il giorno 20 di maggio. Data infausta per l'orgoglioso popolo cubano in quanto il 20 maggio 1902 ha iniziato la cosiddetta "republica mediatizada" , con il tragico emendamento Platt, firmato dal primo presidente Estrada Palma che, di fatto, concedeva la baia di Guantanamo, una zona vicino a Cienfuegos, l'Isola dei Pini (odierna Isla
de la Juventud) agli USA come basi navali. In più l'emendamento Platt recitava che "qualunque governo e presidente insediati a Cuba dovevano avere l'avallo degli Stati Uniti, che si arrogavano il diritto d'intervenire militarmente".
Ecco, cari signori della RAI, a chi si ispirano i cosiddetti dissidenti e soprattutto da chi ricevono i finanziamenti, a coloro , di fatto, avevano venduto l'isola al vicino del nord. Il destino manifesto, come deciso dalla dottrina Monroe, già nel 1802.
Quello che RAI, giornalisti e pennivendoli vari non raccontano è l'assedio continuo e costante nei riguardi di Cuba. Il blocco economico, acuito dalla legge Torricelli prima, dalla Helms Burton poi, che impedisce all'isola di commerciare liberamente (alla faccia del decantato libero mercato! Ma solo se fa comodo agli imperialisti).
La RAI con annessi e connessi non ha menzionato la manifestazione del 17 maggio a L'Avana dove ben 1.500.000 persone sono scese in piazza per protestare contro il terrorismo ed il terrorista Posada Carriles (attualmente certo incarcerato negli USA, ma di cui si nega l'estradizione in Venezuela, e mi chiedo per quanto in galera?). Quel terrorismo che a Cuba ha fatto oltre 3000 morti e 15.000 feriti (anche menomati permanentemente) per attentati, made in USA, dentro e fuori l'isola dal 1959 in poi. Tra i quali il nostro connazionale Fabio di Celmo, del quale nel nostro paese. Ma a voi non importa di questa giovane vita stroncata, il cui padre 85enne ha scelto di concludere la sua vita a Cuba, dove suo figlio è costantemente ricordato (un ospedale, una scuola ed un balletto gli sono stati dedicati) mentre nel suo paese d'origine si tace, anzi la sua sorte viene nascosta perché non conviene inimicarsi l'imperatore d'oltreoceano. Giustino di Celmo vive a L'Avana, testimone del grande umanesimo dell'isola, dove nel dicembre 2003 si è laureato in sociologia, coronando un suo vecchio sogno. E neanche una parola sui 5 cubani prigionieri negli Stati Uniti per aver indagato sui gruppi terroristici (i mandanti anche dell'assassinio di Fabio).
I 5 (come normalmente vengono chiamati Antonio Guerrero Rodríguez, Fernando González Llort, Gerardo Hernández Nordelo, Ramón Labañino Salazar e René Gonzáles Sechwerert) hanno avuto una sola colpa: quella di aver voluto denunciare il terrorismo proprio a chi lo ha generato, lo produce ogni giorno e lo esporta al mondo intero: gli USA.
Un caso che molti nel mondo paragonano a quello di Sacco e Vanzetti e ai coniugi Rosenberg.
Come non avete parlato del fatto che il 1° maggio a Cuba sono raddoppiati gli stipendi e le pensioni base. Fosse mai che si ispirassero i lavoratori mal pagati e senza ammortizzatori sociali del Belpaese!
La signora Martha Beatriz Roque, animatrice dei "dissidenti", assidua frequentatrice della SINA (Ufficio d¹interessi degli Stati Uniti) dalla quale è profumatamente pagata, si è fatta fotografare mentre votava, in quella sede, per il presidente Bush. E ciò in quanto ancora cittadina cubana dovrebbe far riflettere.
Ecco, questo sarebbe la paladina della libertà di Cuba. Pronta a vendere la propria terra ed il proprio popolo ai mandanti dei golpe e degli assassini nell'America Latina.
Avete detto, cari signori disinformati, che esistono 360 gruppi di dissidenti, ma che alla riunione hanno partecipato poco più di 150 persone.
Ciò perché alcuni gruppi sono unipersonali, fondati solo per finanziamenti USA.
Avete mai letto la storia di Cuba, signori giornalisti? Da quando il 10 ottobre 1868 Carlos Manuel de Cespedes liberò gli schiavi dando luogo alla prima guerra d'indipendenza contro la Spagna, a Cuba si è messo in moto un popolo che non ha mai smesso di essere ribelle, rivendicando la propria "cubania" ed il proprio indipendentismo. Riprendendo poi le armi sotto la guida di José Martì, Maximo Gomez e Antonio Maceo nel 1895. Stava vincendo contro la Spagna, quando il 15 febbraio 1898, prendendo a pretesto l'esplosione del proprio incrociatore Maine, ancorato nel porto de L'Avana (di cui furono autori gli stessi USA) gli Stati Uniti dichiarano a loro volta guerra alla Spagna.
Da ciò la pace firmata tra USA e Spagna, estromettendo Cuba e il summenzionato emendamento Platt e la "republica mediatizada".
Il popolo cubano non è mai stato suddito né succubo. Si è sempre ribellato ed immolato, sotto la feroce dittatura di Machado prima, appoggiato dal nostrano Mussolini che sperava poter esportare il fascismo in America Latina, partendo da Cuba, quindi contro i partiti corrotti e mafiosi ed infine contro Batista, sanguinario e torturatore.
Ciò non vi da da pensare, cari signori dell'etere? Non vi fa ragionare che se a questo popolo così ribelle, così determinato, quello che voi chiamate "regime" (ma a noi avanza di dar lezioni di cosiddetta democrazia?) non fosse andato a genio si sarebbe ribellato a costo di un bagno di sangue?
Tra l'altro tenete presente che i cubani sono un popolo armato.
Non vi viene in mente, signori, che forse esistono altre forme di democrazia diverse dal nostro scegliere tra i mali minori? O tra il cancro o l'Aids, come succede negli USA tra democratici e repubblicani?
A Cuba si votano le persone, scelte a livello rionale, di posti di lavoro, di circoscrizioni, vero esempio di democrazia dal basso, con in più il diritto di revoca se il delegato o il deputato si comportasse male.
Quindi di che libertà vogliamo parlare? Noi che ci ritroviamo le stesse facce da 60 anni e moltissimi politici riciclati, dal passato torbido.
Ma quale libertà si vuole per Cuba? Quella di finire come il Salvador, come il Guatemala, come il Nicaragua? Dove la mortalità infantile è elevatissima, dove la speranza di vita supera di poco i 50 anni, dove analfabetismo, malattie endemiche, miseria la fanno da padroni, dove la vita non ha valore.
Sono rientrata dal mio quindicesimo viaggio a Cuba lunedì. Vi ho ritrovato ancora più determinazione, ma anche ospitalità ed allegria, cultura e tenerezza. Un popolo bello e solidale. Ho visto giovani con le magliette con la scritta Mision Robinson, la campagna di alfabetizzazione nel Venezuela, ben diversa dalle missioni finte di pace od arcobaleno con cui siamo stati bombardati noi italiani. Ho visto studenti d'altri paesi poveri d'America Latina e Africa che studiano gratis nell'isola. Ho visto scuolette per pochi allievi in siti sperduti della Sierra Maestra, completamente elettrificate da energia solare, dotate di video e computer.
Ho visto bimbi sani che ci facevano domande sensate e intelligenti da far impallidire tanti signori dell'etere e della carta stampata. Ho visto anziani sorridenti e sereni. Contadini e lavoratori colti, che ci hanno regalato tenerezza e poesia e ci hanno parlato della loro voglia di continuare a lottare e di fiducia nel loro futuro (quella fiducia che noi abbiamo perso).
Se li lasciano in pace. Se non vogliono fare di Cuba un altro Irak. Ma i signori della guerra nell'isola ribelle l'avranno ancora più dura. E non serviranno a salvarli neanche i venduti "dissidenti". Che tanto piacciono ai giornalisti Rai e non.
In quanto al signore del Corriere della Sera, perché non prova ad andare negli Stati Uniti con un visto turistico e poi ad intrufolarsi da qualche parte? In virtù della legge sulla sicurezza nazionale dopo l'11 settembre, probabile che finisca a trovare i sistemi democratici dei liberatori e dei portatori di libertà con le bombe nella base di Guantanamo (ferita sanguinante nel libero territorio cubano).


Alberto di sinistra
00martedì 24 maggio 2005 16:09
ulteriori chiarimenti
Nota Stampa dell'Ambasciata della REPUBBLICA DI CUBA in ITALIA.

In base alle norme internazionali ed agli accordi bilaterali, nessun cittadino può entrare nel territorio di un altro Stato senza aver previamente ottenuto un visto, qualunque sia il motivo del viaggio: per turismo, per lavoro, per studio o anche per ragioni di salute.

Naturalmente, la Repubblica di Cuba ha un proprio regolamento migratorio assistito dagli strumenti giuridici che il paese si é dato.

Recentemente, gli organi di stampa italiani Corriere della Sera e La Repubblica, entrambi al corrente dei regolamenti esistenti nel nostro paese concernenti lo svolgimento dell'attività giornalistica da parte di professionisti stranieri, hanno mandato a Cuba dei loro inviati provvisti soltanto di tessera turistica con la deliberata intenzione di violare i suddetti regolamenti, come é stato ampiamente dimostrato dal modo di agire di tali inviati nel territorio nazionale cubano dove, fin dal primo momento, essi hanno svolto attività giornalistica. Nessuno dei due inviati rimpatriati aveva chiesto il corrispondente visto per l'ingresso nella Repubblica di Cuba.

Di conseguenza, le autorità cubane competenti hanno proceduto ad agire in base alle leggi vigenti che regolano l'esercizio dell'attività della stampa estera a Cuba.

Entrambi gli organi di stampa, nel violare le leggi di un altro Stato e in aperta provocazione verso le nostre autorità, hanno con ciò dato dimostrazione di un atteggiamento irresponsabile. Per quanto riguarda il Corriere della Sera, il caso é ancora più grave dato che tale quotidiano aveva ricevuto un chiaro segnale secondo cui le autorità cubane non avrebbero permesso l'ingresso nel paese di un inviato che non avesse presentato neanche la richiesta di accredito, come occorso in una precedente occasione, quando un altro giornalista dello stesso organo di stampa era stato reimbarcato.

Il trattamento informativo dato a tali fatti ha scatenato una nuova campagna contro Cuba, facendo intendere all'opinione pubblica che era stato impedito a due giornalisti l'esercizio della loro professione, mentre si é taciuto sui veri motivi che hanno provocato il loro rimpatrio, e cioè la violazione delle leggi del nostro paese. E' inoltre passato sotto silenzio il comportamento disonesto,manipolatore e poco obiettivo che, come in tante altre occasioni, viene applicato contro Cuba dai mezzi di informazione.

A differenza di quanto sopra segnalato, organi di stampa italiani (tra cui un importante canale televisivo) che, nel rispetto dei regolamenti vigenti, hanno fatto richiesta di inviare un loro gruppo per svolgere attività giornalistica in questo periodo, hanno ottenuto l'autorizzazione ed il relativo visto. Ciò pone in evidenza chiaramente la nostra disponibilità ad accogliere e a lasciar lavorare ogni professionista che agisca seriamente rispettando le istituzioni e le leggi cubane.

Roma, 23 maggio 2005




yuri
00giovedì 26 maggio 2005 00:24
ultimo intervento
su questo argomento smetto.
smetto perchè leggendo quello che scrivi mi deprimo.
tu sbandieri con orgoglio mille parole.
tutto il mondo è un cesso e solo cuba la grande rifulge.
non solo noi poveri dementi, tutti quelli che rifuggono il comunismo come una peste, ma anche i tuoi stessi compagni di percorso sono nell'errore.
pure la giornalista di repubblica.
tutto il mondo libero è idiota.
1.500.000 persone in piazza? stalin hitler ne portavano molte di più.
quindi le cifre non dicono nulla.
se poi sono contate come i cortei sindacali alora sarano stati un terzo se non meno.
ti faccio i miei applausi.
senza saperlo usi le stesse parole e gli stessi metodi dell'unione sovietica.
complimenti.
prima di fare l'elogio al grande popolo cubano, per alcuni idioti oppresso, studia come si mantiene il potere nelle dittature.
possono eleggere tutte le persone che vogliono? possono anche cacciarle se lavorano male?
ma dai!
lo sapevi che in unione sovietica facevano lo stesso?
pure in cina!
pure nel nord corea.
la risposta dell'ambasciata è la stessa usata da quella dell'urss.
studia o leggi prima.

addio

con i sordi è inutile parlare
Alberto di sinistra
00giovedì 26 maggio 2005 10:13
perdente
Caro Yuri vedo che di fronte alla mancanza di argomenti decidi di abbandonare il campo, non mi meraviglio. quanto alla nota dell'ambasciata cubana, mette in risalto una cosa molto importante, ossia che numerosi giornalisti occidentali che avevano chiesto l'accredito per tempo, hanno potuto svolgere il loro lavoro durante i giorni della riunione della dissidenza senza problemi e "coprire" l'evento. adios muchacho
Alberto di sinistra
00sabato 28 maggio 2005 10:40
STORIE DI EMBARGO
L’"EMBARGO" DEGLI STATI UNITI CONTRO CUBA
Finalmente libero l’impresario
canadese Sabzali
• La sua ostinata resistenza e l’appoggio mondiale per ben otto anni
• La penosa esperienza da 8 milioni di dollari

STEVE ECKARDT

FILADELFIA - Otto anni di battaglia sul tema chiave dell’embargo sono terminati all’inizio del 2005, quando il governo nordamericano ha ritirato discretamente il suo ultimo attacco contro l’impresario canadese James Sabzali, dopo uno sforzo per deportarlo dal suo paese adottivo: gli Stati Uniti.

Washington aveva insistito nella sua deportazione nonostante un accordo precedente di dichiarazione di colpevolezza di Sabzali.

"Il governo USA aveva revocato la sua offerta", ha spiegato l’impresario in un’intervista.

Però adesso la deportazione si è sommata a 76 accuse imputate a Sabzali tra le scorie di un processo che è stato il più grande a Washington per le violazioni all’embargo contro Cuba.

Sabzali ha rischiato l’ergastolo e una multa di circa 19 milioni di dollari per aver venduto degli apparecchi per purificare l’acqua ad alcuni ospedali cubani.

Mentre le accuse contro di lui richiamavano l’attenzione, quello che era in gioco divenne ancora più interessante. Gli Stati Uniti possono applicare il blocco in una forma di obbligo giuridico al mondo intero?

Il fatto che Sabzali fosse un cittadino canadese che faceva affari dal Canada nella maggioranza delle occasioni è stato cruciale, ma lui è stato accusato di aver violato la "Trading with the Enemy Act". la legge del commercio con il nemico.

Contrastando con questo, la Canadian Extraterritorial Measures Act gli proibiva simultaneamente la cooperazione con l’embargo degli Stati Uniti.

E così il problema sembrava un semplice impiccio. Quali leggi erano superiori in Canada: quelle di Ottawa o quelle di Washington? Gli USA potevano annullare le leggi di un’altra nazione sovrana ?

UN FATTO CERTO

Non importa quanto era straordinaria quella possibilità, perchè sembrava fosse in gioco solo il piccolo dubbio che Sabzali era caduto negli ingranaggi dell’instancabile blocco degli USA contro Cuba.

Il caso contro di lui fu svolto con la stessa brutale intensificazione del blocco di Washington contro l’Isola, anticipando l’imminente scomparsa di Cuba dopo la disintegrazione dell’Unione Sovietica.

Imporre sanzioni criminali draconiane a stranieri e ai propri cittadini era solo una componente logica di quella scalata, una versione del diritto penale delle Leggi Torricelli e Helms-Burton.

In ogni caso Sabzali non sembrava un buon candidato per essere il primo uomo in quel conflitto internazionale. Era semplicemente un uomo di famiglia, un cittadino canadese nato a Trinidad, un impresario con un titolo in chimica...

"I canadesi hanno sempre avuto buone relazioni con i cubani" ha detto Sabzali che adesso ha 46 anni. "Io sono canadese, lavoro privatamente e Cuba fu un’opportunità e cosi feci un affare con i cubani!"

Era poco probabile che gli accusati come la Bro Tech Corporation con base negli Stati Uniti e i suoi gerenti Stefan e Donald Brodie divenissero i difensori di una battaglia contro il blocco.

Le strategie di difesa erano avere avvocati molto influenti, includendo l’avvocato personale di Clinton, per evitare che il caso continuasse così vivace, esattamente come fanno i ricchi per evitare la prigione anche se i loro crimini includono somme di milioni di dollari e anche la morte...

Questo modo di agire si chiama "old boy’s network" (solidarietà di classe di stile capitalista) e comunemente permette di avere una disistima di tutte le accuse e nel peggiore dei casi condanne a pene brevi in prigioni speciali, con alloggio, gestite da imprese private e senza "reclusione", le prigioni comunemente chiamate Club Feld, in riferimento ai servizi di tutto compreso che gestisce la corporazione del turismo Club Med.

Di fatto, come Granma Internacional scrisse in un articolo di Gabriel Molina tempo fa, i negoziati su questo caso si svolsero con il procuratore generale degli USA, il più alto rappresentante giuridico e non con l’ufficio locale incaricato dell’accusa.

Ovviamente le considerazioni geopolitiche storiche, la profonda ostilità dei presidenti degli USA contro la Rivoluzione cubana e la certezza della sua caduta imminente, annullarono i vantaggi abituali che conferiva l’accesso diretto al procuratore generale e anche la rappresentanza dell’avvocato del presidente.

Il livello più alto del governo degli Stati Uniti aveva deciso che Sabzali e gli altri accusati con lui dovevano andare in prigione e forse anche per molto tempo.

IL BERSAGLIO

Questa intransigente posizione diede la possibilità a Washington di concentrare le pressioni sulla persona più debole tra gli accusati: James Sabzali e cominciò a sottrargli il passaporto, quello della moglie e dei figli, detenendo praticamente tutta la famiglia.

Washington si impadronì della proprietà della casa di Sabzalai in modo che comunque la famiglia avrebbe perduto una proprietà che rappresentava la maggioranza dei suoi risparmi, anche in caso di un improbabile allontanamento del caso dagli USA.

Sabzali non poteva certo fuggire, perchè aveva un bracciale elettronico a una caviglia permanentemente controllato per sapere dove si trovava. Un viaggio di sole dieci miglia da casa sua avrebbe dato l’allarme e provocato l’invio degli agenti federali nel luogo preciso indicato dal bracciale.

Sabzali doveva accettare di testimoniare contro gli altri accusati per far sparire le 76 accuse contro di lui o, per lo meno, assicurarsi un futuro più promettente di una vita in una prigione federale.

Allora, alla fine del millennio, sembrava che Washington avesse in mano tutte le pedine e, sicuramente, grazie all’impulso guadagnato dall’impero negli anni ’90, sarebbero scomparsi prima Sabzali, poi la Bro Tech, poi le leggi canadesi, la resistenza a un blocco mondiale e finalmente l’economia cubana e la stessa Rivoluzione. Forse. 45 anni di guerra sembravano al punto di dare dei frutti.

IL PROBLEMA

Il primo indizio della possibilità che le cose però non potevano avanzare senza complicazioni venne proprio dalla pedina numero 1, Sabzali, che non si curò delle minacce e delle promesse e non volle collaborare con il governo USA contro gli altri accusati.

Ma non era un atto eroico come Sabzali spiegò a Granma: la cosa era semplice, il governo si stava sbagliando e non aveva senso cooperare con lui perchè, disse Sabzali, io non ho fatto niente di male!

Il significato di quell’atteggiamento non fu considerato da Washington che andò avanti pensando che il maggior peso e potere del governo degli Stati Uniti, comunque avrebbe sancito le condanne.

In realtà la determinazione di Sabzali aveva fatto cambiare corso al caso e invece di una silenziosa capitolazione ci sarebbe stata una battaglia pubblica, una lotta per far cadere tutte le pedine dal lato contrario a quello previsto.

Le notizie delle 76 accuse contro Sabzali provocarono quello che un giornale di Filadelfia chiamò una "tormenta di proteste in Canada", dove si stava violando la sovranità del paese, da parte del vicino del sud. Gli editorialisti canadesi definirono le accuse orrende e chiesero al loro governo di opporsi a quelle. Molti cittadini canadesi mandarono lettere di sostegno a Sabzali e poco dopo Ottawa inviò la prima e poi la seconda protesta diplomatica a Washington.

Dopo le proteste del Canada iniziò una protesta internazionale contro il blocco degli USA, una condanna contro Washington che voleva imporre le sue leggi contro Cuba anche dentro gli altri paesi e così, mentre si diffondevano le notizie del caso nel mondo, cresceva anche l’appoggio mondiale per Sabzali.

Il parlamento scozzese approvò una risoluzione di protesta e decine di migliaia di cubani dimostrarono il loro appoggio mentre gli attivisti della solidarietà con Cuba negli USA stessi scatenarono una cascata di pubblicità elettronica.

L’opposizione crescente e la quantità di pubblicità internazionale rivelarono che, ancora una volta, i governanti degli USA avevano mal calcolato la propria abilità nel tentativo di asfissiare Cuba.

Il piano di usare Sabzali per stabilire la legge degli Stati Uniti al di fuori dei limiti del paese era in pericolo.

Sabzali e gli altri accusati furono condannati all’inizio del 2002 per una dozzina di accuse e la ritirata cominciò rapidamente nel giungo del 2003. La stessa Corte revocò i suoi stessi verdetti di colpevolezza e il giudice riconobbe che il governo degli Stati Uniti aveva esagerato, citando una cattiva condotta da parte della procura generale, che altrimenti poteva passare inosservata.

Quello che è successo dopo è stato un accordo tra la difesa e la procura, con una dichiarazione di colpevolezza e di un solo delitto minore e senza parlare di una condanna in carcere. Così si evitò una vergogna maggiore per Washington e un nuovo processo per Sabzali, con la possibilità di una condanna all’ergastolo.

Sabzali aveva commentato che la differenza tra le 76 accuse e la sola accusa accordata era come una condanna all’ergastolo e un’altra a un anno di libertà condizionata: un abisso che parla della durezza del governo in questo caso.

PASSANDO LA FIACCOLA

Mentre Sabzali parlava dell’accordo come di una vittoria, la storia non ere ancora terminata, con il mancato rispetto di Washington dell’accordo e i suoi sforzi per deportare Sabzali e il successivo abbandono di questo sforzo.

Dopo quasi cinque anni di una lotta corrosiva che lo ha lasciato isolato dalla società e nell’impossibilità di fare qualsiasi altra cosa, Sabzali oggi desidera riprendere una vita normale, essere finalmente libero.

Dopo cinque anni senza un passaporto, non sorprende che quello di viaggiare sia uno dei primi desideri.

"Sfortunatamente non posso continuare nelle mie buone relazioni con Cuba perchè come tutti i residenti degli USA - non importa la cittadinanza - è proibito andare a Cuba per via delle nuove misure imposte da Bush, una postilla dopo il blocco, che continua ad essere valido!"

In realtà i problemi nel caso Sabzali non sono del tutto risolti.

La dichiarazione di colpevolezza, anche se per un solo delitto, fatta da Sabzali, era solo una transazione realizzata nel 1994, quando era un uomo daffari indipendente che viveva in Canada.

Questa dichiarazione stabilisce - in accordo con il procuratore nordamericano Joseph Poluka in un intervista – che uno non può violare le leggi di questo paese solo perchè vive in un altro ...

Sabazli rifiuta la semplicità di questo ragionamento.

"Io sono stato condannato non per quello che ho fatto, ma per quello che non ho fatto! Io avrei, si presume, dovuto informare l’autorità degli USA che alcuni cittadini stavano violando le leggi degli Stati Uniti commerciando con Cuba. Io mi dichiarai colpevole di sapere che c’erano degli elementi contro la legislazione degli Stati Uniti, ma non contro quella canadese o di qualsiasi altro paese e non avevo avvisato le autorità di Washington di quel che stava succedendo."

"Fare affari con Cuba dal Canada è assolutamente legale, dice Mel Martin, consigliera per le compagnie che vogliono fare affari con Cuba. L’importanza di questo caso e gli 8 milioni di dollari che è costato agli accusati ha un affetto da brivido sulla gente che vuole fare affari con Cuba!"

La storia di Sabzali giunge a un finale un pochino equivoco che rivela solo un capitolo di un volume di decenni di storia e di lotte che continuano ogni giorno.

Questo capitolo va molto al di là delle sue pagine ed espone la debolezza dell’impero davanti al sostegno internazionale dato a un uomo che ha rifiutato di rassegnarsi davanti all’ingiustizia.

Alberto di sinistra
00martedì 7 giugno 2005 12:00
informazioni
Sottolineati i legami tra Bush padre e i trafficanti di droga di Miami

(PL) "L'ex presidente statunitense Bush padre è stato implicato nel traffico di droga per finanziare i Contras del Nicaragua", ha dichiarato il giornalista colombiano Hernando Calvo Ospina nel suo intervento durante l'Incontro Internazionale contro il Terrorismo.

Egli ha ricordato che durante l'ultima campagna elettorale negli Stati Uniti, il candidato presidenziale democratico John Kerry ha fatto allusioni ai vincoli di Bush padre con lo scandalo Iran-Contras, ma l'informazione non ha avuto eco nella stampa nordamericana.

Lo scrittore e giornalista Calvo Ospina ha ricordato che la base di Ilopango, in Salvador, era divenuta nel decennio degli ‘80 uno dei principali centri per il traffico di droga per finanziare la guerra sporca in Nicaragua, grazie al sostegno della CIA, come è stato provato dall'Assemblea Legislativa della Costa Rica.

In accordo con il giornalista colombiano , quando nel 1985 il Congresso statunitense proibì la vendita di armi ai Contras del Nicaragua, il finanziamento clandestino divenne più forte, con l’approvazione dell'allora direttore della CIA, Bush padre.

"In questo momento appare Luis Posada Carriles", ha segnalato Hernando Calvo nel descrivere i vincoli tra la destra più reazionaria cubano-americana di Miami e il governo nordamericano.

Molti documenti del FBI e della CIA pongono in rilievo i legami tra i narcotrafficanti della Bolivia e della Colombia con le organizzazioni di Miami, includendo la Fondazione Nazionale Cubano Americana, FNCA
Alberto di sinistra
00mercoledì 8 giugno 2005 11:43
600 desaparecidos all'Havana...
600 DESAPARECIDOS ALL'AVANA.
CUBA: Convegno Internazionale sul Terrorismo , ma IN EUROPA NON LO SA NESSUNO.

Come é possibile che un grande convegno internazionale sul terrorismo, che
riunisce 680 studiosi, giornalisti, ricercatori, giuristi di 67 paesi venga
completamente censurato dalla stampa italiana ed europea?

6 giugno 2005

E´ un´omertà possibile se il convegno si svolge a Cuba e migliaia di
documenti prodotti sono così scomodi da incolpare gli Stati Uniti di quello
che la saggista argentino-messicana Stella Calloni -colei che per prima mise
le mani sugli archivi del terrore del Piano Condor- definisce oramai
"terrorismo di stato mondiale".

Sono verità così scomode da fare ritenere preferibile ignorarle facendosi
scudo dietro lo sfondo cubano del congresso. Sono verità diffcile da
accetare come quella palesata in un documento del governo statunitense del
1962. In piena epoca dorata dell'alleanza per il progresso kennediana, tale
documento, firmato dal Generale L. Lemnitzer, capo di stato maggiore degli
Stati Uniti, suggerisce al ministro della difesa quella di fare saltare in
aria un aereo civile con a bordo un'intera scolaresca statunitense per
poterne incolpare Cuba e creare un incidente di tale gravità da creare
consenso intorno all'invasione dell'isola.

Quella volta il progetto non si concretizzò, anche se in altri casi dal
Maine al Golfo del Tonchino gli Stati Uniti costruirono ad arte incidenti
tesi a legittimare conflitti. Quattordici anni dopo però, un aereo fu
effettivamente abbattuto da un attentato terroristico dello stesso stampo.
Autore del crimine fu ul gruppo facente capo ai terroristi
cubano-statunitensi Orlando Bosch e Luís Posada Carriles, inoppugnabilmente
protetto e controllato -centinaia di documenti lo dimostrano- dalla CIA
diretta all'epoca da George Bush padre. Nell'attentato contro un volo della
Cubana de Aviaciòn diretto alle isole Barbados furono assassinate 73
persone, in massima parte giovanissimi atleti cubani.

Proprio Posada Carriles era già all'epoca non solo un terrorista affermato
ma anche il capo dei servizi segreti venezuelani "denazionalizzati"
dall'allora presidente filostatunitense Carlos Andrés Pérez. E in quel
paese, da capo dei servizi segreti, aveva compiuto decine di attentati fino
ad essere arrestato e condannato e poi riuscire a fuggire con complicità ai
massimi livelli dello stato. Dopo essere stato tra i gestori per conto di
Washington della guerra sporca in centramerica, che ha causato decine di
migliaia di vittime, tra le quali il Vescovo di San Salvador, Oscar Romero,
Posada Carriles fu riarrestato e ricondannato a Panama. Qui, nell'autunno
2004 fu indultato come ultimo atto pubblico della presidente uscente Mireya
Moscoso. Oggi Posada Carriles, dopo
un arresto farsa per immigrazione illegale negli SU è una patata bollente
per la famiglia Bush verso la quale vanterebbe una grande capacità di
ricatto. La magistratura venezuelana ne chiede con forza l'estradizione
incontrando silenzi ed imbarazzi da parte dell'amministrazione statunitense.

Il convegno dell'Avana in quattro giorni di intensi lavori ha ripercorso il
filo rosso che lega la quasi totalità delle violazioni dei diritti umani e
dei colpi di stato che hanno insanguinato la storia dell'America Latina
contemporanea al governo degli Stati Uniti. Studiosi di tutti i continenti
hanno presentato dati e documentazioni che in molti casi provengono dagli
stessi archivi statunitensi. Tanto il giurista paraguaiano Martín Almada
come il giornalista uruguayano Samuel Blixen hanno ricostruito i nessi tra
il Piano Condor e i governi degli Stati Uniti e tra questo e i piani di
sterminio e guerra sporca in centro-america. Oggi si hanno informazioni tali
da individuare un unico disegno, che unisce tutti i progetti di
destabilizzazione, quello di Cuba, quello del Cono Sud con il Piano Condor e
quello centroamericano e nel quale proprio i cubano-statunitensi di Miami
svolgono da una parte un ruolo di manovalanza criminale come autori
materiali degli attentati e dall'altro di istruttori e organizzatori
dell'internazionale del terrore che nell'ultimo mezzo secolo ha assassinato
almeno mezzo milione di latinoamericani 200.000 dei quali nel solo Guatemala
dopo il rovesciamento
del governo socialdemocratico di Jacobo Arbenz.

Venendo ad eventi più recenti, la giurista statunitense Eva Golinger ha
presentato circa 5000 documenti, l'80% dei quali di provenienza ufficiale
statunitense. Rivelano il finanziamento con almeno 27 milioni di dollari da
parte del governo degli Stati Uniti dei gruppi golpisti venezuelani dell'11
di aprile 2002. Non solo: gli Stati Uniti -è nelle carte di Washington
presentate da Golinger nel saggio "Il codice Chávez"- sapevano perfettamente
che i gruppi golpisti da loro appoggiati fossero gli autori materiali degli
assassini delle decine di vittime dell'11 e 12 aprile a Caracas. Eppure
continuarono a fornire false prove che attribuivano quelle morti ad elementi
fedeli al governo legittimo che intanto stava riprendendo il controllo della
situazione.

Lo storico italiano Piero Gleijeses, della John Hopkins University negli
Stati Uniti ha studiato il colpo di stato in Guatemala del 1954. Forse il
dato più interessante che presenta è che all'epoca tutta la stampa europea,
anche di destra e con la sola eccezione della Spagna franchista, mise
immediatamente in relazione il governo statunitense, la United Fruit e il
colpo di stato. Al contrario la stampa statunitense, che pure deteneva
sicuramente quelle informazioni, per almeno sei anni tenne un comportamento
omertoso censurando completamente ogni informazione sul caso che dà inizio
alla lunga tragedia guatemalteca.

Il professor Gleijeses ha concluso il suo intervento facendo iniziare la
politica di doppia morale statunitense -che oggi produce la lotta al
terrorismo e il contemporaneo appoggio di questo- nel lontano 1806. In
quell'anno l'antischiavista e allo stesso tempo grande proprietario di
schiavi Thomas Jefferson "con l'annessione della Florida, sottratta
illegalmente alla Spagna, fu abilissimo nel presentare quest'ultima,
aggredita, come aggressore.
Fino dall'epoca quindi gli Stati Uniti avrebbero, secondo Gleijeses,
istituzionalizzato una politica di manipolazione costante dei fatti tesa a
trasformare la pecora in lupo e presentare loro stessi, in genere
aggressori, come vittime".

Cuba, è la denuncia, in questi anni ha avuto 3478 vittime in centinaia di
atti terroristici documentati, organizzati, finanziati e protetti dal paese
paladino della lotta al terrorismo e che accusa Cuba di violazioni dei
diritti umani. Tra queste vittime c'è il giovane turista italiano Fabio di
Celmo per la morte del quale Posada Carriles è reo confesso e per la quale
afferma di dormire sonni tranquilli. Il governo italiano non richiede e non
richiederà l'estradizione del terrorista. L'opposizione -evidentemente la
doppia morale non è un'esclusiva degli Stati Uniti- non ha presentato
neanche uno straccio di interrogazione parlamentare in merito.

Alberto di sinistra
00venerdì 24 giugno 2005 16:25
MIRACOLO ALL'HAVANA
Nelle favelas di Caracas, in cui vive la gente finora emarginata,
> Cuba ha inviato alcuni medici che hanno costruito piccoli
> dispensari. Tra i malati, molti sono ciechi. Ma lo sono per poverta',
> perche', nella maggior parte dei casi, la loro cecita' si cura
> facilmente. E questi medici hanno deciso di inviare all'Avana i
> pazienti accompagnati da un familiare. Tutto gratis. Sono piu' di
> cinquemila le persone che, in questo modo, hanno "vissuto" un
> miracolo e recuperato la vista dopo decenni di oscurita'.
>
> Un amico, mentre andavamo in macchina per la strade dell'Avana,
> qualche giorno fa mi disse: "Vengono, in aereo, dal Venezuela ogni
> settimana. Sono cento, centocinquanta, ognuno accompagnato da un
> familiare. Vengono per curarsi e quelli arrivati la settimana prima se
> ne vanno, guariti, con lo stesso aereo".
> "Curarli da cosa?"
> "Sono ciechi, li operano, e recuperano la vista".
> Non potevo crederci.
> "Ma com'e' possibile che non ne ho mai sentito parlare?"
> "Beh, sai, - mi ha detto - da qui escono solo le cattive notizie".
>
> L'amico che mi parlava non aveva nulla di "ufficiale" e poteva
> essersi sbagliato. Decisi di indagare per conto mio. Mi sembrava
> strano che un'informazione tanto spettacolare non circolasse. Iniziai
> a interrogare la gente ben informata e anche qualche altro amico
> venezuelano. Tutti mi confermarono la notizia.
> "Finora - mi disse un operatore che stava partecipando al progetto -
> abbiamo preferito che non venisse fatta troppa pubblicita'. C'era un
> processo elettorale in Venezuela, il referendum revocatorio, e non
> volevamo che si potesse pensare che tutto questo aveva finalita'
> elettorali. Avrebbero accusato Cuba di intromettersi, in maniera
> indiretta, in quel processo. Per questo, senza che fosse un segreto,
> non venne pubblicizzato con squilli di tromba. Ma, dal 15 agosto e
> dall'indiscutibile vittoria di Chavez, l'informazione riguardo a quello
> che abbiamo chiamato Progetto Miracolo ha iniziato a circolare.
> Sono stati pubblicati reportage e si sta realizzando addirittura un
> documentario".
> Poco a poco, si fecero chiari quasi tutti i dettagli di questa
> ammirevole operazione. In virtu' degli accordi tra Caracas e
> l'Avana, Cuba ha inviato in Venezuela alcune migliaia di medici che
> si sono insediati nelle zone piu' umili, quelle favelas in cui vive la
> gente finora emarginata e senza i servizi pubblici piu' elementari.
> Li', nei quartieri dove quasi nessun medico venezuelano voleva
> andare, hanno costruito piccoli dispensari, provvisti del necessario
> per dare i primi aiuti e curare le malattie piu' ricorrenti. Questi
> "missionari" ricevono lo stesso stipendio (modesto) che avrebbero
> preso a Cuba e vivono negli stessi quartieri dei loro pazienti.
> Frequentemente diagnosticano le malattie della poverta' che, con le
> loro scarse risorse non possono curare, e fanno ricoverare il paziente
> in qualche ospedale vicino.
> Tra questi malati, molti soffrono di malattie agli occhi e diventano
> ciechi. Ma sono ciechi per poverta', perche', nella maggior parte dei
> casi, la loro cecita' si cura facilmente. Per esempio, quando soffrono
> di cataratta. E visto che a Cuba ci sono equipe mediche specializzate
> che operano in dieci minuti questo disturbo, per curarli hanno
> deciso di inviare all'Avana i pazienti accompagnati da un famigliare.
> Tutto gratis.
> E sono piu' di cinquemila le persone che, in questo modo, hanno
> "vissuto" un miracolo e hanno recuperato la vista dopo decenni di
> oscurita'. La lista dei casi piu' gravi fa venire da piangere, come la
> storia di uomo, cieco per piu' di trent'anni, che, quando gli sono
> state tolte le bende, ha visto sua moglie e, per la prima volta, i suoi
> cinque figli. O di una signora, cieca per ventott'anni, che alla fine
> ha potuto vedere i suoi figli e i suoi nipoti. O di Samuel, operato di
> cataratta congenita, che ha potuto finalmente vedere sua madre. Gli
> aneddoti sono migliaia, emozionanti e miracolosi come un racconto
> neorealista. O come il tragitto che va dalla cieca oscurita' alla luce.
>
Giorgio
00mercoledì 29 giugno 2005 22:55
E sarebbe anche ora di dare una bella "piallata" a Cuba!!!

Questo topic è pura propaganda, mi meraviglio che ci sia ancora della gente al mondo che crede a queste cose!
Aprite gli occhi!
Alberto di sinistra
00giovedì 30 giugno 2005 11:30
piallata...
Non sò cosa intendi per "dare una piallata", ma se ti riferisci ad un'azione militare potrei ricordarti la "baia dei porci" dove le truppe di invasione, armate e addestrate dalla CIA, vennero sbaragliate in 72 ore e vennero fatti 3500 prigionieri. Non mi meraviglia per'altro il vostro odio contro Cuba e la volontà di cercare una soluzione violenta, così che da 46 anni Cuba è vittima del terrorismo finanziato dagli yanquis, terrorismo che ha causato piu' di tremila vittime al popolo cubano. Siete incapaci di contrapporre delle idee e allora ricorrete alla forza bruta, ma come dice Fidel: "las ideas nuestra fuerza major".
Giorgio
00giovedì 30 giugno 2005 21:47
Fidel parla d'idee, perchè il Comunismo gli ha dato solo quelle e non il pane per vivere! Comunque più che idee è ARIA FRITTA, creata apposta per i fanatici come te!

Non rispondo sulla Baia dei Porci, perchè le tue sciocchezze non meritano risposta. Ah dimenticavo, se è così bello vai a vivere a Cuba! Ah dimenticavo ancora, vallo a dire ai Gay che a Cuba si vive bene! Quanti ne ha internati il tuo buon Fidel?
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