Anche Imre Nagy sparacchiò allo Zar

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vanni-merlin
00venerdì 23 giugno 2006 23:20
Anche Imre Nagy sparacchiò allo Zar


Per onorare la storia, quando si predispose un dossier «da secretare» riguardante «Esecuzione dei Romanov» avvenuta il 16 luglio 1918 nella cantina di casa Ipat'ev a Ekaterinburg, un solerte burokratnik sovietico compilò la lista dei dodici che, dopo l'esecuzione, si occuparono anche di spargere l'acido sui volti dello zar e dei suoi famigliari per renderli irriconoscibili. A far parte della squadra, costituita dal Soviet di Ekaterinburg che in tutta discrezione si era incaricato di chiudere la partita con la dinastia degli zar, era stata chiamata gente tosta, soprattutto «stranieri»: sei austriaci e sei ungheresi della Legione Rossa austro-ungarica che teneva il fronte Kama presso Saropul in Siberia.

Dall'elenco risultano nomi inabissati dal tempo. Uno solo attrae l'attenzione. Quello di un ventenne, Imre Nagy, ungherese, che iniziò il suo cursus honorum con quella sparacchiata in cui, assieme ai sette Romanov, furono fatti fuori il medico di corte e altre tre persone di servizio della famiglia imperiale. Personaggio contraddittorio, Nagy viveva di una furiosa convinzione: quella delle proprie idee. In alcuni momenti della «sua carriera», come si addice al perfetto rivoluzionario, dissentì con l'inflessibile sistema che il suo convinto entusiasmo gli aveva fatto abbracciare. Rientrato infatti Nagy nel suo paese, nel 1945, si trovò in aperto contrasto con Mátyás Rakosi, capo del partito comunista e quindi «padrone» dell'Ungheria, il quale perfezionò il suo sistema di potere procedendo all'eliminazione sistematica dei partiti oppositori, dando luogo a una efferata dittatura. Nagy si oppose riuscendo a far trionfare le sue ragioni. Nel 1953 divenne presidente dei magiari. Trovò un paese prostrato, l'economia in sfacelo. Cercò di raddrizzare la situazione mettendo in pratica scelte economiche vicine all'esperienza della Nep, una politica economica di apertura adottata anche da Lenin. Si trattava di un ritorno all'economia di mercato controllata tuttavia dai vertici del partito. Ma la situazione era drammatica. Budapest tumultuava. Nel 1956 Nagy formò un governo d'emergenza per fronteggiare una vera e propria rivoluzione, le cui ragioni finì progressivamente con l'accettare. Poi piombarono i carri armati sovietici. Nagy fu arrestato e fucilato. Chissà se nelmomentodella scarica fatale gli venne in mente la cantina di casa Ipat'ev a Ekaterinburg. Nella parte dello zar Nicola II adesso c'era lui.


gmarcenaro@libero.it

Elisabeth Heresch Alessandra, Tragedia e fine dell'ultima zarina Mursia, Milano 1995, Da una avventizia bancarella, € 5

(fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 24 giugno 2006)


da: www.lastampa.it/cmstp/rubriche/girata.asp?ID_blog=54&ID_articolo=267&ID_sezione=200&sezione=Carte...

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