Notte brava per Lord Robert
Non c’era voluto poi molto per trovare un posto come quello. Ogni città ne aveva uno e quando poi in quella città si organizzava un evento importante come un torneo, posti come quello spuntavano come funghi dopo un acquazzone autunnale.
Robert uscì dalla tenda quando le ombre della sera iniziavano ad allungarsi, indossava un lungo e pesante mantello bruno che gli arrivava sino ai piedi.
“Lord Robert..” Lo saluto il piantone con una vena forse un po’ troppo dubbiosa nella voce.
Robert fecce un cenno di saluto con la mano e poi si portò il dito indice alle labbra e strinse l’occhio sorridendo in segno di intesa.
Il ragazzo sorrise di rimando e scosse leggermente il capo.
Si tirò il cappuccio ben sul viso e si diresse tra i budelli delle strade cittadine, mancavano ancora un paio di giorni all’ inizio del grande torneo, ma le strade brulicavano già di vita. Si potevano udire le parlate dure del Nord, o quelle suadenti del Dorne. Ballate che non aveva mai sentito cercavano di sovrastare non senza fatica il brusio che usciva dalle taverne. Agli angoli delle città donne di ogni risma, forma e colore cercavano di attirare l’attenzione dei passanti mettendo in mostra, a volte in maniera eccessiva, le loro virtù tra gli odori dei vari banchetti che offrivano una zuppa o delle frittelle.
Robert camminava con passo deciso, ma non troppo svelto per non dare dell’occhio, cercando di tenere lo sguardo basso e di non incrociare mai quello degli altri. Era sicuro che difficilmente chi avesse buttato per caso uno sguardo su di lui lo avrebbe riconosciuto come il Signore di Casata Baratheon, più probabilmente lo avrebbe preso per un contadino, ma la prudenza non era mai troppo, infondo non c’erano molti uomini con un fisico come il suo e la chioma corvina.
Indossava dei pantaloni di pelle di capra, e una camicia di lana grezza color panna rancida, non portava anelli, ne altri ninnoli, calzava un vecchio paio di stivali consunti coperti in più punti di fango, aveva legato i capelli con un laccetto di cuoi come aveva visto fare a volte agli uomini del volgo delle sue terre.
Riconobbe la forma squadrata della sua meta infondo alla via. Un edificio in legno di tre piani. Il primo piano era completamente sotterrato, una piccola cantina dove Rodgar il proprietario stivava le scorte e organizzava delle “feste private” per arrotondare. Al pian terreno c’era la taverna del “Paiolo Fumante” e un grande salone con una quindicina di tavoli e una cucina. Al piano superiore oltre alle stanze di Rodgar e della sua famiglia c’erano anche un paio di stanze in affitto.
Robert si infilò la mano in tasca ed estrasse un pezzo di tessuto scuro. Lo aprì tra le mani e lo sollevo davanti al viso. Una maschera di pelle raffigurante il viso di un cinghiale. La maschera era stata ornata con inchiostro nero attorno agli occhi, due piccole zanne erano tate fissate ai lati bella bocca e una criniera attraversava come una cresta l’intera sommità del capo concludendo alla base del collo con la coda dell’animale.
“Stasera ci sarà da divertirsi vecchio amico, speriamo di esserne all’altezza” così dicendo fissò i due occhi vuoti della maschera e poi la indossò.
Bussò tre volte alla buca dove solitamente venivano scaricati i barili di birra, poi due e poi ancora tre. Questo era il segnale concordato e infatti le ante di spalancarono per farlo entrare. Lui discese la scaletta alla luce di una lanterna che una giovane ragazza sorridente teneva sollevata verso l’alto per agevolare la sua discesa.
“Immagino che voi siate il “Cinghiale dell’Est” sorrise lei un po’ intimorita, se vuole seguirmi nell’altra stanza dovremmo inziare tra poco, lei è il prossimo.”
Robert assentì con un cenno di capo e segui la ragazza.
Il gabinetto della sua stanza a Capo Tempesta era più grande di quello stanzino, per terra c’erano dei sacchi che potevano contenere o riso o farro, su di un barile una lanterna accesa, il resto dell’arredamento era una panca su cui era seduti un ragazzo dalla pelle scura e un altro barile pieno di grasso. Il ragazzo fissò l’uomo-cinghiale con uno sguardo beffardo, non era neppure la metà di Robert, ma si vedeva che aveva un corpo pieno di muscoli guizzanti. Un pescatore o un boscaiolo pensò Lord Baratheon.
Entrò la ragazza a chiamarlo e lui lasciò la stanza. Robert si sfilò la camicia, rimanendo a petto nudo, assicurò i bracciali di pelle e infilò una mano nel barile di grasso iniziando a cospargerselo sul corpo.
“Grasso di maiale o forse di bue. Questa era una pratica comune nelle arene di combattimento del popolo, il grasso serviva per rendere la pelle scivolosa così che le prese e i colpi scivolassero sul corpo dell’avversario facendo durare più a lungo lo scontro così da dare più tempo agli allibratori di raccogliere le scommesse.
La ragazza venne a chiamarlo dopo un quarto d’ora circa, il ragazzo moro doveva essersi battuto bene.
Il boato della folla lo accolse.
Il salone dove avrebbe combattuto era più ampio di quello che pensasse, avevano spostato tutti i barili e le vettovaglie adiacenti alle pareti e creato una fila di panche poco più avanti. C’erano spettatori di ogni risma chi era seduto sulle botti chi in piedi e chi sulle panche.
Un rapido sguardo alla folla suggerì a Robert che non solo il popolo era presente a quell’ incontro. Barbe curate, signore con gioielli e acconciature arzigogolate, movenze eleganti sottolineava come ci fossero tra il pubblico anche nobili e cavalieri. Non era una cosa strana, un combattimento come quello era diverso dal Grande Torneo, qui si combatteva a mani nude, le ossa si rompevano e il sangue scorreva. Non c’erano pomposi rituali e etichette da rispettare, questa era la vera lotta, un combattimento istintivo e ferale che provocava uno malsano senso di eccitazione nella nobiltà. Il fatto che oltretutto spesso questi incontri fossero illegali dava quel brivido in più.
“Ecco a voi Il Cinghiale dell’Est” gridò Rodgar agli astanti “ un uomo davvero colossale. Questa sera sarà il suo primo incontro e sfiderà il nostro campione Jaff “Cane pazzo”....” Un ragazzo sulla ventina con i capelli rossi si fece largo tra la folla, aveva un fisico ben scolpito e sembrava sapere il fatto suo. Il pubblico accolse con un boato il nome del proprio paladino. “...per un borsa di 200 monete di rame. Ma ora basta parlare lasciamo lo spazio ai lottatori.”
Una corda appoggiata al suolo delimitava il cerchio che doveva essere l’arena del combattimento. Per terra le assi erano state coperte di sabbia e segatura.
Il ragazzo si fece sotto all’improvviso appena Rodgar superò la corda, e sferrò un pugno al volto con il braccio sinistro.
“Lento” pensò Robert sollevando al guardia, il ragazzo si abbassò all’istante e sferrò un uno-due al fianco di Robert lasciato scoperto. Non mancava certo di forza, ma il corpo di Robert poteva sopportare ben altro. L’uomo cinghiale provò un destro, ma il ragazzo gli danzò attorno colpendolo alla schiena all’altezza del rene. Robert fece un paio di passi avanti per riguadagnare l’equilibrio.
“Non male davvero, è un buon combattente, è rapido e sa dove colpire.”
“AUUUUUUUUUUHHHHHHH” ululò Jaff. Tra gli applausi della folla.
Un sorriso si spalancò sotto la maschera da cinghiale. “Qui ora stiamo esagerando” pensò divertito.
Robert si voltò e repentino afferrò il ragazzo per un braccio cercando di tirarlo a se per prenderlo nella morsa dell’orso, ma il ragazzo sfruttando tutto il grasso che aveva sul corpo scivolò via dalla presa e colpì l’avversario prima al volto e poi nuovamente al cosata.
“Perché porti una maschera? Ti sei forse bruciato con l’acido? Sei forse sfigurato?”
Robert non rispose, ma provò un paio di colpi al corpo che il giovane schivò tranquillamente e poi provò una ginocchiata che con altrettanta facilità Robert parò.
La differenza tra un buon guerriero e un grande guerriero non è in quanti colpi riesci ad incassare e neppure in quanti colpi riesci a portare a segno, ma è nella capacità di leggere il nemico .
In quell’ istante Robert seppe che la sfida era finita. Quando il suo avversario schivava lo faceva prima con il busto e poi con le gambe che rimanevano immobili per qualche istante.
Robert partì con un destro il Cane Pazzo fletté il busto.
“Fottuto” disse Robert.
Il piede destro del uomo cinghiale schiacciò con forza il piede sinistro del ragazzo ancorandolo al suolo, gli stivali non erano coperti di grasso e non scivolavano via tanto facilmente, poi il mastodontico guerriero inarcò la schiena allargando le braccia e contemporaneamente con entrambi i pugni colpì l’antagonista in pieno petto. Il ragazzo fu come colpito da un colpo di catapulta, si sollevò da terra e volò indietro di qualche passo. Riuscì miracolosamente a stare in piedi, ma era piegato come un vecchio ramo ritorto e tossiva con forza. Robert non perse tempo e caricò a testa bassa, quando Jeff alzò il viso lo vide franare su di lui e sbatterlo a terra. Robert salì a cavalcioni sul ragazzo e gli sferrò quattro pugni sul volto. Lo zigomo del uomo iniziò a sanguinare copiosamente da un brutto taglio profondo. Ma ancora una volta Jeff trovò la forza di divincolarsi, afferrò le ginocchia piegati dell’ uomo cinghiale e strisciò sotto di lui.
Roebrt non si fece trovare impreparato, torse il busto e proprio mentre il ragazzo passava sotto di lui si lasciò cadere con tutto il suo peso andando ad impattare con il gomito lo sterno già martoriato del ragazzo.
Robert si alzò in piedi osannato dalla folla. Rodgar gli afferrò subito la mano sollevandola al cielo.
“Ecco il campione!” una ragazza arrivò a portargli un sacchetto pieno di monete tintinnanti.
“Ed ecco il suo premio.” Così dicendo passò il sacchetto nelle mani di Robert che infilò una mano prendendo a manciate le monete e lanciandole al pubblico ancora più in visibilio.
Alla fine, prima tornare nella stanza adiacente andò a complimentarsi con il suo avversario.
“Hai combattuto bene ragazzo.” E stringendogli la mano gli passò una dragone d’oro.