Corriere della Sera
00martedì 1 febbraio 2005 06:46
IL VOTO / Per il 2006 il premier vuole intese anche con Dc e radicali
Sondaggio allarma il Cavaliere: ragioniamo sulle alleanze
ROMA - Sabato sera, hotel Sheraton, cena per il decennale di An. Silvio Berlusconi è al tavolo di Gianfranco Fini, e con quest’ultimo commenta la giornata politica. «Hai saputo dell’intervento di Storace al Palazzo dei Congressi?» indaga il leader di An. «Non so niente» replica il Cavaliere con un fastidio che lo smentisce. Nel più trascinante intervento del sabato aennino, Storace, aveva fatto sapere, nell’ordine. Primo: «Berlusconi è il nostro principale alleato, non il nostro principale». Secondo: per An candidare Alessandra Mussolini sarebbe come per Berlusconi candidare Ilda Boccassini. Il ministro degli Esteri cerca di spiegare al Cavaliere perché Storace ha detto quel che ha detto, ma il Cavaliere non sembra interessato: «Francesco ha messo insieme le pere con le mele. Che cosa c’entra la Boccassini con la candidatura della Mussolini? Su queste trattative elettorali bisognerà fare ragionamenti approfonditi». Approfondire, ecco. Fino all’ultimo. Allontanare dal Lazio l’ombra di Alessandra Mussolini. Berlusconi vuole provarci non per speciale affetto verso Francesco Storace, ma per un precedente che increspa le onde del suo proverbiale ottimismo: la sconfitta alla Provincia di Roma dell’aennino Moffa. Come riconosce lo stesso Paolo Bonaiuti, tradizionale ambasciatore del Cavaliere e grande amico di Matteoli («ma pure di Storace» assicura), fu dopo questo trauma che An si avvitò in un biennio di fibrillazioni, devastanti per la coalizione. Berlusconi vuole evitare una riedizione dello psicodramma. «E allora, per cominciare, potrebbe organizzare qualche manifestazione di Forza Italia a sostegno di Francesco» reagiscono gli storaciani. Il governatore del Lazio, per ora, rassicura i suoi: «Vinceremo perfino se la Mussolini arrivasse al 3 per cento», ma il Cavaliere scruta con inquietudine certi sondaggi che invece assegnano un 4 per cento ad Alternativa sociale, il movimento che mette insieme la Nipote e gli ultradestri Tilgher, Romagnoli e Fiore, quest’ultimo autentico tesoriere del gruppo, «un vero uomo d’affari - sussurrano gli aennini -. Ai tempi di Italia ’90 si occupava dei charter dei tifosi inglesi e di soldi ne ha fatti».
Stando così le cose, e benché Alessandra sostenga di non aver mai e poi mai parlato con Berlusconi, è normale che da palazzo Chigi si continui a sperare in un accordo in extremis con la Nipote. Per questo il coordinatore campano Antonio Martusciello è ancora al lavoro, con una missione impossibile: eliminare la competizione nel Lazio, spostare il ciclone Alessandra contro Bassolino. «Ma siamo partiti tardi e per le Regionali non ce la faremo» si scoraggiano i più realisti in Forza Italia. Da An, invece, continuano l’operazione "presa di distanza" ufficialmente varata da Storace. «Con quel che va dicendo di Fini, è escluso un nostro riavvicinamento alla Mussolini» garantiscono in via della Scrofa. C’è chi propone di chiamarla d’ora in poi «signora Floriani»: «D’altra parte, ha scoperto d’essere Mussolini soltanto quando ha capito che non c’era spazio per una seconda Loren» spiegano perfidi. Non manca neppure chi spara alto: «A Berlusconi ha chiesto trenta deputati, incluso un collegio per il marito». Possibile? Nell’entourage berlusconiano negano risolutamente.
Se «per le Regionali è tardi», come dicono i realisti, per le Politiche Berlusconi non ascolterà proprio nessuno. Né lascerà che alcuno, a cominciare dalla Nipote, vada per la sua strada. Si narra, in proposito, di incontri di forzisti di rango con esponenti della lista dei Pensionati e si torna a parlare di accordi con i radicali. Per il 2006, la condizione posta da questi ultimi è concreta ma complicata da realizzare: varare una legge che consenta ai partiti di fare le liste e di raccogliere le firme in un secondo tempo.
Di tecnicismi elettorali son già piene le sere del Cavaliere: qualcuno gli ha spiegato, per esempio, che scegliere la via della scheda unica impedirebbe accordi di desistenza. Nuovi problemi, insomma, da esaminare. E poi, parlando di allargamento della Cdl, come dimenticare il fronte centrista? Si tiene d’occhio Gianfranco Rotondi, che ha depositato presso un notaio di Avellino, presenti la moglie e il suo commercialista, lo statuto di un nuovo partito, naturalmente intitolato Democrazia Cristiana e inevitabilmente ispirato a De Gasperi.
Interessa l’oggetto? A Berlusconi interessa tutto. Per i centristi, poi, il Cavaliere ha deciso di adottare un criterio unico: «S’è mai candidato contro di noi?». Rotondi mai, altri sì e difficilmente saranno riaccolti nella Cdl. L’unico per il quale il «niet» non varrebbe è Clemente Mastella. Lassù, a palazzo Chigi, qualcuno ha ricominciato ad amarlo.
Maria Latella
Davide
00giovedì 17 marzo 2005 22:16
Riforme, caos. Calderoli se ne va
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Al Senato il Carroccio non vota l'arresto europeo. Poi l'annuncio del ministro leghista: "Basta con i giochini. Rimetto il mandato nelle mani di Bossi e del premier". E aggiunge: "Dimissioni irrevocabili". Maroni: "Pronti ad andarcene tutti". Il Cavaliere: "Nessun ritardo". Governo battuto alla Camera sul Decreto Omnibus
Una maggioranza gi nel caos affronta il pi difficile appuntamento elettorale nel peggiore dei modi, dalla gaffe istituzionale gravissima di Berlusconi sul ritiro delle truppe alle riforme istutuzionali, impantanate dal fuoco "amico" dell'UDC. Una casa delle libert allo sbando, incapace di sostenere l'immagine dell'Italia a livello internazionale e persa nelle polemiche di Palazzo, incapace di risollevare le sorti economico-sociali di una Italia in ginocchio.